ORSI ITALIANI


Le recensioni di Emilio Campanella

Novembre - Dicembre 2016


  TANCREDI - DA UN CANALE ALL'ALTRO - FRA ARCHITETTURA ED URBANISTICA - ENTREMESES - LA BOTTEGA CADORIN - ANDREA PALLADIO, IL MISTERO DEL VOLTO - DONNE, DONNE... ETERNI DEMONI?
Presentata a Venezia, nel giardino della Collezione Guggenheim, con la nota, agile, sorniona, coltissima, coinvolgente abilita', dal curatore Luca Massimo Barbero, la mostra invernale, che il pubblico potra' visitare dal 12 Novembre al 13 Marzo 2017: TANCREDI, Una Retrospettiva.

Una frase dell'artista accompagna il titolo: La mia arma contro l'atomica e' un filo d'erba.

Allestito con la consueta cura ed attenzione anche agli effetti ed alle sorprese "teatrali", illuminato con sagacia e capacita' di valorizzare le opere con abili effetti di grande intelligenza, il percorso e' rigorosamente cronologico.

La breve, densissima parabola artistica di un pittore piu' spesso incompreso e quasi sempre disconosciuto dalla critica, ma apprezzato da alcune personalita' che ne colsero l'importanza ancora in nuce: Peggy Guggenheim e Carlo Cardazzo, per fare solo due nomi, l'una che lo sostenne fin dall'inizio, l'altro che ospito' le sue opere ed organizzo' mostre importanti nella sua Galleria Il Cavallino.

Si inizia la visita con disegni dal segno nitido e sorprendente, e poi una serie di autoritratti sofferti e commoventi nella loro ricerca di durezza per una personalita' dalla grandissima fragilita', e poi le ricerche formali e cromatiche, il vedere cio' che accadeva in quegli anni, dalla meta' degli anni quaranta agli anni sessanta del novecento; lo sperimentare, filtrare con una personalissima sensibilita' le correnti che gli si avvicendavano intorno, ma molto a modo suo, causando l'imbarazzo e l'incapacita' dei critici ad incasellarlo, etichettarlo.

Tancredi non era nessun "ismo" era Tancredi e basta, e forse anche questa fu la sua tragedia.

Sensibile a cio' che accadeva in un mondo di grandi fermenti, guerre, sofferenze di popoli, cui reagiva con la sua arte, il suo modo di fare denuncia, la sua maniera di essere un "homme revolte' ".

Il ragazzo Tancredi Parmeggiani di Feltre aveva fatto molta strada in pochi anni, nonostante tutto, con tenacia... fino a che... fu solo il fiume.

Aldila' della commozione  di fronte ad una tale sofferenza interiore, occorre percorrere le sale della mostra avvicinandosi ai quadri, ai disegni, per vedere come sono realizzati, per apprezzare e cercare di comprendere una ricerca formale inesausta e coerentissima, che ha un suo nucleo di partenza cui si puo' ricondurre ogni lavoro.

C'e', fra l'altro, una felicita' di composizione, un'organizzazione dello spazio, un gusto cromatico sempre sorprendenti. Una mostra da non mancare assolutamente e da percorrere in punta di piedi, in silenzio, per cogliere i suoni, la voce di questo pittore straordinario, ed anche per ripagarlo dell'incomprensione sofferta durante la sua breve vita.

emilio campanella

Possiamo un po' intitolare cosi' questa bella sorpresa riservata dalla Professoressa Paola Marini, Direttrice delle Gallerie dell'Accademia di Venezia, sabato 12 Novembre: la presentazione del restauro di un'opera di Pier Maria Pennacchi, pittore trevigiano che opero' fra la seconda meta' del XV secolo e la prima metà del XVI, e del quale e' documentato, purtroppo, molto poco.

Questa attribuzione dopo il laborioso ed avventuroso recupero, aggiunge un numero importante al suo scarno catalogo. Di collezione privata (da Palazzo Giustinian Recanati alle Zattere) esposto alla mostra mantovana dedicata ad Andrea Mantegna del 1961, si presentava come un trittico, e sotto il trono della Vergina esibisce un cartiglio tardo, probabilmente settecentesco che lo dichiara come autografo mantegnesco.

Aggiunta spuria, presumibilmente, per ragioni di mercato. Varie attribuzioni nel corso dei decenni, fino a questo ultimo studio, peraltro pubblicato da ZeL Edizioni: Pier Maria Pennacchi, Un capolavoro restituito dal restauro, di Roberta Battaglia. L'interesse della ricerca, come della ricognizione che ha portato al recupero e rivoluzionato l'interpretazione dell'opera smontata e ricomposta con la Vergine in trono al centro, ma più in alto, in confronto alle due figure di santi: S.Lucia alla sua destra e S.Giovanni Battista alla sinistra, ovviamente, l'opposto per chi guarda, sta nel fatto che Separando le tre figure,e ripulendo accuratamente gli sfondi, forse oscurati deliberatamente per non far notare le altre due che risultano frammentarie, si giunge al numero di cinque, oltre il donatore in primo piano, ai piedi del trono.

Una ricostruzione possibile farebbe supporre una "sacra conversazione" con la presenza, forse, di quattro santi in un grande ambiente architettonico.

Che cosa sia accaduto alla supposta grande pala d'altare, non e' dato sapere, ma si puo' sperare che prima o poi, inaspettatamente, possa comparire qualche frammento, chissa' da quale sperduta collezione, che possa dare delle risposte a tutti questi affascinanti interrogativi.

Per ora possiamo godere di una piccola esposizione preziosissima, in una saletta adiacente alla sala III delle Gallerie, nella quale l'opera e' stata posta nelle sue tre parti, come accennato e con le altezze e le posizioni spaziali che possono far idealmente corrispondere le figure ritrovate.

Di fronte: Madonna con il Bambino fra i Santi Giovanni Battista e Andrea, in prestito dai Musei Civici di Treviso, in cui si possono riscontrare puntuali rispondenza stilistiche dell'opera al centro della manifestazione.

La pubblicazione accuratissima e di appassionante lettura propone ampi esempi e raffronti stilistici relativi alle influenze assorbite da Pennacchi, tanto per la maniera come per le tematiche.

emilio campanella


Due interessantissime mostre ai Musei civici di Padova.

Si potranno visitare sino al 26 Febbraio 2017 ai Musei Civici agli Eremitani (Pietro Chevalier, Vedute di Padova e del Veneto nell'Ottocento) ed attraversata la strada, al dirimpettaio Palazzo Zuckermann (Domenico Cerato Architettura a Padova nel Secolo dei Lumi).

Due accurati cataloghi molto completi di saggi ed immagini, sono stati pubblicati da Skira.

Domenico Cerato, architetto vicentino lavoro' molto alla trasformazione della Specola padovana (l'osservatorio astronomico cittadino), la valorizzazione di Prato della Valle e l'Ospedale Giustinianeo, oltre ad altri lavori che contribuirono a dare un volto moderno alla citta'.

Interessante dire che tutti i materiali esposti provengono dalla Biblioteca Civica.

La manifestazione si pone piu' o meno a trecento anni dalla nascita dell'architetto che lavorò moltissimo nella citta' patavina intervenendo su un impianto cinquecentesco.

Ebbe anche un grande successo nelle riproduzioni diffuse all'epoca. In mostra un modello ed un importante audiovisivo oltre ad un corpus di disegni di grande qualita' accuratamente esposti ed illuminati. Pietro Chevalier, formatosi all'Accademia di Venezia contribui' a costruire ed a diffondere l'immagine romantica della Padova ottocentesca, in epoca postnapoleonica. Nelle stampe, come nei disegni, sempre fa tesoro di illustri precedenti.

Ritrasse con mano felice la vita quotidiana senza cadere nel bozzettismo.

Fu poligrafo, giornalista, editore anche "femminista" ed indirizzo' il "paesaggio turistico romantico". In mostra si possono vedere rari materiali di lavoro ed un numero altissimo di disegni.

Il problema e' un po' l'illuminazione, purtroppo, spesso molto infelice e lo spazio espositivo, di suo angusto, ma almeno qui non si sacrifica il museo alle mostre temporanee, come accade altrove, e non troppo lontano, e questa e' un'ottima scelta.

Il piacere, pur un po' sofferto, e' grande, di poter vedere bei disegni, stampe, vedute di molte citta' venete, del Friuli e fino al bergamasco, riconoscerle e trovarle molto cambiate in qualche caso, meno in altri. Molti studi di figure ed anche altrettanti di decorazioni.

Sono esposte anche edizioni, e tutto fa parte del patrimonio, anche in questo caso, dei Musei Civici Padovani.

emilio campanella

Il Teatro de la Abadi'a di Madrid ha presentato il 3 e 4 Dicembre, al Teatro Goldoni di Venezia, riproponendo un suo storico spettacolo: Entremeses, per la regia di José Luis Gomez, come celebrazione del ventennale della compagnia, e, contemporaneamente, del quarto centenario della morte dell'autore : Miguel de Cervantes.

Si tratta di una scelta di tre degli otto testi di questo gruppo di "farse", raccolte in volume, insieme con la sua seconda produzione teatrale, nel 1615.

Intermezzi, dunque, alcuni dei quali desunti dalle sue Novelle Esemplari.

Si tratta di veloci schizzi di situazioni comiche di rara sottigliezza nel tratteggiare i caratteri, le situazioni, i meccanismi, mostrando fra le righe, ma anche scopertamente la fortissima oppressione sociale ed il tacco violento del Tribunale dell'Inquisizione.

Spesso si coglie la posizione di Cervantes nei confronti di tensioni sociali, razziali, discriminazioni religiose, e la divertente e divertita denuncia  dell'ipocrisia. In due ore scarse, la compagnia affiatatisima, recita, danza, canta anche grazie al bravissimo percussionista/rumorista in scena.

L'impianto fisso e' costituito da tre grandi pannelli/quinta al centro del quale si apre un varco/porta; davanti a questo, un grande albero come secco cui si sale grazie ad una scala,un po' goyesco, direi;seggiole ai lati della scena, con i costumi che gli attori indosseranno via via dando vita a "La Grotta di Salamanca","Il vecchio geloso" ed "Il teatrino delle Meraviglie".

Con una notevole capacita' acrobatica, tempi teatrali perfetti, recitazione dai ritmi rapinosi,gestualita' precisa e senza sbavature.

Tant'e', nonostante tutte questa qualita', lo spettacolo sembra non passare, ed e' stato palpabile dalla reazione del pubblico, attento e spesso reattivo a certe belle battute del testo, quindi che conosce lo spagnolo, e non aveva certo bisogno di leggere i sopratitoli, strumento, peraltro lodevole, ma che fa ss' che la risata, arrivi, ovviamente, qualche secondo dopo.

Un buon numero di chiamate, molta simpatia, ma piu' cortese che convinta di uno spettacolo, che, a mio avviso risulta un po' datato  nel suo insieme, e non scevro da strehlerismi.


emilio campanella

Il titolo dell'articolo e' bello e pronto grazie a quello della mostra presentata venerdi 25 Novembre ed aperta al pubblico -che potra' visitarla sino al 27 Marzo prossimo- il giorno successivo al Museo Fortuny in Palazzo degli Orfei a Venezia.

Conosco questo cognome da decenni, ma non avevo mai collegato l'ascendenza dal Cadore, della famiglia di artisti che ebbe bottega a Venezia, appunto, dal XVI secolo sino al 1848. In quell'anno veniva chiusa da Nicoletto Cadorin l'ultima Bottega della Serenissima, ma pochi decenni dopo, il nipote Vincenzo la faceva risorgere continuando l'attività sino al 1925.

L'esposizione, che si estende su tre dei quattro piani del palazzo presenta un'amplissima scelta di opere diversissime per genere, omogenee per altissima qualita', di molte delle personalita' artistiche che composero questa famiglia, cosi' come di parenti acquisiti.

Molti talenti, una presenza che ancora continua in citta', questo grazie ad Ida Barbarigo, ultima esponente della famiglia, che ha aperto la casa atelier di Palazzo Balbi Valier, su suggerimento di Daniela Ferretti, direttrice del museo, e di Jean Clair critico d'arte internazionale ed amico da molti decenni, co-curatore e responsabile della scelta delle opere esposte. Sono molte personalita', tutte interessantissime.

La mostra nel salone del piano terreno si apre con un bel ritratto di Vincenzo, nell'atto del suo lavoro di scultore, firmato dal figlio Guido, importante esponente, anche del Realismo Magico, talento di esperimentatore, docente all'Accademia.

La scelta espositiva non e' ne' tematica, e neppure cronologica, ma evocativa di suggestioni e di atmosfere, e non manca certo del grande gusto dell'accostamento. Ci sono ritratti, paesaggi, sculture, bassorilievi, mobili, oggetti, fotografie. le personalita' sono diverse, i talenti indubitabili.

Occorre sempre fare attenzione agli autori delle opere che si ammirano, poiche' sono molti.

Un pannello con l'albero genealogico della famiglia e' di grande aiuto, e nella saletta di passaggio per accedere al primo piano nobile, oltre al mezzanino dove e' organizzata la libreria, pannelli informativi per ognuno degli artisti le cui opere sono presenti, illuminano sinteticamente e questo ben giustifica il sottotitolo della mostra: Una dinastia di artisti veneziani.

Salendo al primo piano nobile ci si trova nel solito affascinante "disordine" di stimoli estetici in cui e' un'avventura, anche divertente, individuare fra le opere del museo , quelle dell'esposizione temporanea, una volta di pi˘, motivata, data la frequentazione dei Cadorin, di questo palazzo e della loro conoscenza di Mariano Fortuny.

Nelle due salette del piano, due "personali", quella dedicata a Livia Tivoli, figlia dell'apprezzatissimo fotografo Augusto Tivoli, testimone della vita veneziana tra otto e novecento di cui sono esposte molte immagini, e l'altra, a Guido Cadorin, suo marito e padre di Ida Barbarigo.

Al secondo piano nobile, ecco molte opere forti e drammatiche di Ida Barbarigo(Cadorin), appunto e dall'altro lato un'ampia scelta di quelle del marito Zoran Music, dai disegni di Dachau degli anni quaranta, alle vedute veneziane, e fino al ciclo sconvolgente intitolato:"Non siamo ultimi"; anche a questo piano opere di Guido Cadorin dell'ultimo interessantissimo periodo.

L'apparente, elegantissimo affastellamento della mostra, risulta estremamente stimolante; infatti al vernissage, tutti salivano e scendevano ripetutamente le scale, per rivedere, riannodare temi, cogliere collegamenti fra opere degli stessi artisti e dell'uno con l'altro...in questo puÚ essere di grande aiuto il bel catalogo edito da Antiga Edizioni con i suoi saggi di  Daniela Ferretti,  Jean Clair, Laura Rossi Règnier, Valerio Terraroli, Silvia Carminati, Ester Brunet, Monique Veillon Cadorin, Marco Vallora.


emilio campanella

Una curiosa, intrigante, interessantissima esposizione, anche poliziesca, a Vicenza, a Palazzo Barbaran da Porto, al Palladio Museum, sino al 4 Giugno 2017.

Guido Beltramini, il curatore e' partito dal dubbio sulla veridicita' di ritratti che riprodurrebbero la fisionomia del grande architetto, ed ha continuato costruendo una mostra "investigativa" di sana curiosita' da storici dell'arte, appassionati, o semplici curiosi, ma anche e non ultimi, esperti o dilettanti lettori di storie poliziesche.

Facendo questo ha coinvolto la sezione Scientifica della Polizia di Stato, per condurre un'indagine fisiognomica sulla base dei molti ritratti presunti, le raffigurazioni, i tratti ricorrenti piu' frequentemente, la loro credibilita', la loro veridicita'. Affascinante e curioso... solo pochi mesi fa, il sornione e colto Beltramini, a Ferrara ci ha chiesto di chiudere gli occhi con Ludovico Ariosto, ora di tenerli bene aperti ed attenti a non perdere alcun particolare dell'indagine.

Le ricerche condotte potrebbero portare a risultati che verranno diramati pubblicamente gia' nel mese di Gennaio 2017.

Nel frattempo il consiglio e' di visitare questa mostra decisamente intrigante ed allestita con molto gusto ed intelligenza dallo Studio Scandurra: Alessandro Scandurra con Riccardo Radaelli, Francesca Depalma.

Un percorso creato fra pannelli specchianti che moltiplicano le presenze, le evocazioni, le invenzioni ritrattistiche piu' fantasiose, come quelle più credibili.

Una teoria dice che se l'autore non pose un suo ritratto sul frontespizio dei suoi Quattro Libri dell'Architettura, fu deliberatamente per non legarli ad un tempo preciso, ma perche' potessero essere studiati in qualunque epoca... e questo e' in effetti accaduto, ma ha portato anche alle invenzioni che vediamo, alle supposizioni, agli imprevisti, alle probabilita' affascinanti durate alcuni secoli, e giunte fino a noi.

Interessantissimo e curioso il Ritratto di uomo di El Greco, 1570-1575 da Copenhagen, Statens Museum for Kunst (qui in riproduzione fotografica) che ricorda enormemente l'attore Alessandro Haber.

Bernardino Licinio: Ritratto di architetto 1541, da Londra (The Royal Collection/HM Queen Elizabeth II), qui con baffetti ed accanto un cippo con su inciso: Andrea Paladio, con una sola elle, alla veneta.

Poi ci sono busti di vario tipo e dimensione ed invenzione, certo, sino ad un ritratto di gusto settecentesco, del Centro Internazionale di Studi di Architettura di Vicenza; e poi ci sono Zuccari, Fasolo, Bassano, fra gli altri,e fino ad arrivare a quello di collezione privata russa (Orlando Flacco) che potrebbe avere più chances degli altri... vedremo.

Il catalogo di maneggevole piccolo formato e prezzo contenuto è consigliabile ed edito da Officina Libraria


emilio campanella

Una nuova iniziativa espositiva dei Musei Civici Veneziani, rivolge, su caldo suggerimento del Sindaco Luigi Brugnaro, la sua attenzione alla terraferma, e porta capolavori al Centro Culturale Candiani.

L'iniziativa si chiama: Corto Circuito, Dialogo tra i secoli.

La prima esposizione, che si potra' visitare sino al 5 Marzo 2017, e' Attorno a Klimt, Giuditta, eroismo e seduzione.

L'elegante e sobrio allestimento si deve all'intelligenza di Pier Luigi Pizzi che ha rifasciato questo tragico spazio espositivo, di pannelli neri lucidi ed opachi creando un coerente percorso fisico di corridoi anche volutamente angusti, e non solo a causa dell'infelicita' del luogo, ad accentuare meandri e contorsioni mitiche e spicoanalitiche che stanno alla base dell'intelligente progetto espositivo curatoriale.

Quasi tutte le opere  fanno parte delle collezioni dei Musei Civici Veneziani e l'esporle in questo luogo ha il doppio valore di avvicinare la cittadinanza ad un patrimonio artistico che e' anche suo, e quello di mostrare pezzi non sempre visibili, di indubbio valore.

Dopo una prima sala di suggestioni antiche,ci si puo' comodamente sedere e seguire un bell'audiovisivo curato da Gian Piero Brunetta, breve ed illuminante, con al centro fammes fatales e donne diavolo di vario tipo, della celluloide fra gli anni dieci e venti del novecento: Francesca Bertini, Lyda Borelli ed altre bellissime, fascinosissime, pericolosissime dame degli schermi d'antan.

Dopo questo ci si immerge in velenose atmosfere simboliste, divisioniste, orientaliste che trasudano miasmi fisici e morali. ed ad un certo punto: Lei, eccola in fondo ad un corridoio, sola, illuminata con grande cura (come tutta la mostra), giunta qui da Ca' Pesaro, la Giuditta II di Gustav Klimt( gia' al centro di accese polemiche di alcuni anni or sono): sensualissima ed elegantissima, modernissima ed ancestrale, la donna amante madre ed assassina con un abito sontuoso e bizantineggiante, mani dalle dita rapaci; sul lato, un poco in basso la testa bellissima di un uomo dagli occhi chiusi, come sognante il profondo sogno proibito (?) della propria morte inflitta dall'amatissima tiranna.

Si potrebbe andare avanti per pagine, ma intorno ci sono altre pazze invasate vittime del divino di tutte le epoche, come Salome', sua cugina prima, ma quella del Belvedere di Vienna non e' convenuta a darle man forte.

Ci sono pero', i testi di Wilde, libretti dell'opera di Richard Strauss (non dimentichero' mai il magnifico allestimento di Pier Luigi Pizzi per La Fenice nel 1988). Non mancano bellissimi esempi di arti applicate sul tema del sacrificio di Giuditta, ammirata e temuta, onorata ed esecrata, puttana santa  che immola la propria verginita' e poi ne punisce Oloferne per purificare se stessa, uccidendolo barbaramente come, in realta' vorrebbe fare autoeliminandosi.

Ci sono altre possedute malamente dal divino, come Leda, come Danae, come Europa, come Giaele, nel bellissimo, violentissimo dipinto di Jacopo Amigoni, da Ca' Rezzonico; ancora Giuditta di Francesco Cairo, della collezione Pizzi. Non mancano le suggestioni nordiche di Munch, Khnopff, Von Stuck, Schiele, ma anche Felicien Rops e Félix Vallotton, e poi si arriva ai nostri Zecchin, Previati, Bonazza, Carena, Martini, che filtrano le suggestioni che trasudano dalle influenze nordiche.

Si conclude con due rivisitazioni caravaggesche di Giuseppe Zanoni e Rocco Normanno, di sicuro interesse, mentre l'installazione di Sarah Lucas lascera' perplessi molti.Per parte mia, materasso, trapunta od altro, Luise Bourgeois, come sappiamo sarebbe stata sicuramente piu' pregnante, data la tematica.

L'agile e maneggevole pubblicazione relativa all'esposizione, edita da Lineadacqua, per i Musei Civici Veneziani, e' in vendita nella libreria al piano terra dell'edificio, insieme con il catalogo klimtiano della mostra tenutasi al Museo Correr nel 2012.

Due notazioni: Mestre aspetta da anni il completamento del progetto di restauro dell'ex convento di S.Maria Ausiliatrice, che dovrebbe ospitare il Museo del Novecento, sulla carta, adattissimo per esposizioni come questa.

Seconda cosa legata alla pubblicita': non ho visto un solo manifesto in citta'; come tristemente notava un simpatico guardasala, Marzo arriva presto, e se e' una gioia vedere una bella mostra poco affollata, non e' certo un bene, a pensarci! Nella speranza che le Affissioni Comunali non tardino troppo.


emilio campanella