ORSI ITALIANI


Le recensioni di Emilio Campanella

Gennaio - Febbraio - Marzo 2015


GRANDE PITTURA AL CASTELLO - DIECI ANNI A SAN DOMENICO - IL VETRO SENZA VETRO - RUSSIA DI QUA, RUSSIA DI LA' - TASSELLI, TESSERE, TESSUTI- IL DEMONE DELLA PERVERSITA'? - CONOSCI TU IL PAESE DOVE FIORISCONO I LIMONI? - FRATTO_X - QUESTA E' GUERRA! - CHE COSA LEGGE LEONE GALA? - UN DOGANIERE A PALAZZO DUCALE - L'ARSENALE DELLE APPARIZIONI..."A SCAFFALE" - LA "SVOLTA" DI CARPACCIO - DIVISMI A PALAZZO FAVA - GIOVANNI DA MODENA - UN RICORDO PER LUCA RONCONI - PAOLO TERNI - ORCHIDEE - BRONZEE SEDUZIONI - QUADRI BIZZARRISSIMI E SCENE ALLEGRE
Dal 31 Gennaio i visitatori del Castello Estense di Ferrara riceveranno un inaspettato e prezioso regalo, si chiama L'ARTE PER L'ARTE, Il Castello Estense ospita Giovanni Boldini e Filippo de Pisis.

L'organizzazione fra le Gallerie d'Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara, la Fondazione Ferrara Arte, il Castello Estense, in collaborazione con il Teatro Comunale di Ferrara, ha portato a questa temporanea (ma non si sa quanto lunga) ospitalita' di opere dei due pittori durante la forzata chiusura di Palazzo Massari, causata dal terremoto di tre anni orsono; peraltro giusto in questi giorni un ulteriore piccolo crollo si è aggiunto al danno. La città' è stata molto colpita, la maggior parte delle sue chiese sono ancora chiuse, così come Palazzo Schifanoia, una torre del Castello Stesso, ha subito danni e le pareti e le volte di molte delle sale portano i loro "cerotti" in attesa di essere curate dai restauratori.

Il percorso di visita, ora comprende la mostra con un unico biglietto e con l'occasione si possono visitare sale generalmente chiuse al pubblico  Si inizia con Giovanni Boldini di cui si puÚ vedere una bella scelta di dipinti, molti disegni ed alcuni importanti oggetti. Un curioso ritratto di signora con tre piedi..: LA SIGNORA IN ROSA, RITRATTO DI OLIVIA CONCHA DE FONTECILLA, 1916 la cui ragione è dovuta al fatto che dovesse essere il doppio ritratto di due sorelle, solo che il fumantino pittore, pare che litigasse furiosamente con una delle due fino a cancellarla dalla tela, ma non completamente!

Altro quadro magnifico, e questo perfettamente finito è LA PASSEGGIATA AL BOIS DE BOULOGNE del 1916, un doppio ritratto di classe e glamour proustianissimi: un elegante e fascinoso gentiluomo in bastone e cilindro che accompagna una bellona bruna (la sua amante cubana) elegantissima anche lei, un po' una Charlotte Gainsbourg in bellissimo, fascinosamente imbronciata... doveva avere un caratterino!!! Insomma la coppia si lasciò molto burrascosamente durante la realizzazione del quadro che venne profumatamente pagato, ma mai ritirato.

Si passa una porta discreta e si entra nel mondo intimo e riflessivo di Filippo de Pisis, fra i suoi paesaggi dalle ardite prospettive, le sue nature morte pensose, i suoi fiori amorosi e sofferenti, i suoi ragazzi ed i suoi giovanotti simpaticamente strafottenti, i suoi esterni parigini, fino alle struggenti ultime opere del periodo di Villa Fiorita e del suo male di vivere cosÏ commovente a vederlo sulla tela, con questi colori sempre pi˘ esangui sofferti e che silenziosamente sono urla dipinte di dolore e di amore verso il mondo e le cose.


emilio campanella


Dal 2005 i Musei di San Domenico di Forlì scandiscono un appuntamento espositivo che parte dal pieno inverno per arrivare alla primavera inoltrata. Da dieci anni, iniziando con PALMEZZANO per arrivare ad oggi essendosi ritagliati uno spazio importante negli appuntamenti del carnet degli appassionati d'arte.

Il 31 Gennaio è stata presentata la nuova avventura che aperta al pubblico dal 1 Febbraio, si potrà visitare sino al 14 Giugno prossimo. Al centro dell'esposizione un notissimo e controverso pittore ferrarese, dalle alterne fortune critiche e dall'enorme successo durante la lunga carriera: GIOVANNI BOLDINI, e Lo Spettacolo della Modernità che è il sottotitolo della mostra curata con la consueta precisione ed attenzione da Fernando Mazzocca insieme con Francesca Dini.

Il percorso è, al solito, ampio e diviso in "capitoli" precisamente scanditi fra la consueta sorta di approfondita introduzione del piano terra ed il percorso cronologico del primo piano, ma anche lì con sezioni "speciali" su cui mi soffermerò. Il ferrarese fu uno dei divi della Parigi Belle Epoque e ne fu uno degli illustratori. Presente nei luoghi mondani "à la page", conobbe tutte le personalità di spicco, ne ritrasse la maggior parte inframmezzando le sedute di lavoro con gli impegni della "saison", o dovrei scrivere "season" com'era la moda anglomane di cui fu eroica sostenitrice Madame Swann, come ce la descrive Marcel Proust nella prima parte di A L'OMBRE DES JEUNES FILLES EN FLEUR.

Qui la ritroviamo in molti possibili ritratti, e nelle grandi bellissime foto  del corridoio del piano terra. Ma troviamo anche il BARONE CHARLUS, cui ispiratore fu il Conte Robert de Montesquiou, presente nelle caricature di Sem ( Georges Goursat, cui è dedicata una sala) ed in una magnifica puntasecca di Paul Cèsar Helleau, dedicatario anche lui di una sezione, in quella parte iniziale dell'esposizione  che ospita anche un'ampia scelta di disegni ed incisioni dello stesso Boldini. 

Di lui anche una serie magnifica di acquerelli... certo un artista dotatissimo e che tramutava in oro tutto ciò che ritraeva, ma non solo nel senso economico, ma soprattutto della preziosità esecutiva e del risultato sontuoso... troppo? Troppo abile? Troppo bravo? Gli è stato imputato molto spesso... a torto? A ragione? Ora siamo in un momento, già da tempo, per fortuna. di rivalutazione. Quest'occasione ne è un'ulteriore conferma critica,  con delle scelte stimolanti ed ardite.

A questo proposito si ripercorrono anche e si ridiscutono giudizi molto critici come quello di Ardengo Soffici, mentre invece una personalità come Gertrude Stein lo stimava moltissimo. La rivalutazione si iniziò con la mostra del 1963 al Museo Jacquemart André di Parigi, e con le osservazioni di Carlo Ludovico Ragghianti. Come si può comprendere il lavoro espositivo è costruito su tutta una serie di informazioni e concetti: la società del tempo, la musica, la letteratura, l'ambiente dei pittori con cui era in contatto, gli avvenimenti esterni, come ad esempio l'Esposizione Universale del 1889.

Altra mostra che fu di riferimento, quella del 2005 a Padova, a Palazzo Zabarella, curata dagli stessi studiosi. Al piano superiore l'analisi cronologica delle opere, partendo dalle influenza dei pittori della macchia, l'ambiente fiorentino; dopo un breve soggiorno londinese, successivamente l'avventura parigina che divenne definitivamente il suo ambiente, la vicinanza con Degas e Manet, e non certo con l'Impressionismo da cui fu sempre distante, come lo fu, successivamente dal futurismo, pur, forse prefigurandolo a modo suo. La Maison Goupil si accorse di lui e lo "assunse" fra gli artisti della "scuderia" Tutte queste notazioni precise, puntualizzate e confermate dalla presenza di opere importantissime.

A metà percorso una vetrina dedicata a Donna Franca Florio con il discusso ritratto del 1901(1924) ed un abito da sera a lei appartenuto del 1901 (da Palazzo Pitti). Un lungo corridoio di ritratti di "divine" accanto ad interessantissime sculture di Paolo Troubetzskoy (anche qui "Charlus"!); oltre a queste, opere di Adriano Cecioni In sottofinale: GLI ITALIANI DI PARIGI, "piccola" mostra nella mostra con ampie scelte di opere di Zandomeneghi, Serafino De Tivoli, Corcos, De Nittis. A conclusione i provocatori, ma molto stimolanti raffronti fra Boldini e Goya e Van Dyck per iniziare quello che potrà essere sviluppato come argomento di riflessione intorno agli aguardi dell'artista nei confronti della pittura del passato.L'ottimo catalogo, dal prezzo particolarmente contenuto, è pubblicato da Silvana.


emilio campanella


In pompa magna, sabato 7 Febbraio, è stata presentata, nella Sala del Consiglio di Palazzo da Mula, la riapertura del MUSEO DEL VETRO di Murano, La manifestazione  porta un titolo importante, come importanti sono stati i molti discorsi, per fortuna stringati, delle personalità intervenute, tutte, però, direttamente coinvolte nel progetto: UNA GRANDE STORIA, IL VETRO DI MURANO. Inaugurato l'8 Febbraio, dal giorno successivo, Palazzo Giustinian è nuovamente a disposizione del pubblico.

Se si è ripensato il percorso museale, se ci sono buone idee ed ottime intuizioni, certo non risulta naturale il susseguirsi delle sale, se si vuole seguire un filo logico cronologico. Infatti,  la storia s'inizia al piano nobile, ma non è nel salone centrale, al quale si accede direttamente dalle scale, che dovremo fermarci, ma bensì portarci alla sua sinistra, in una stanzuccia dove sono "nascosti" i reperti più antichi: balsamari, fiale, paste vitree, vaghi di collana di epoca romana e precedente, in vertinette illuminate dall'interno.

 In alto, in scansie scure , sotto luci radenti,  le olle cinerarie, in esposizione, un po' come vasi da farmacia... sembra un bello stand da Salone dei Beni Culturali d'antan... Ritorniamo nel salone centrale, ch'è meglio, infatti è qui l'idea migliore, intanto il grande respiro del salone più bello del piano, per i sontuosi vetri rinascimentali, ed il tocco di classe della Coppa Barovier esposta sola, ed in fondo alla sala, in linea, un magnifico vetro azzurro scuro di Lucio Fontana.

E questa è la sala 2: Dal Trecento al Seicento. L'età dell'oro; la terza è dedicata al Settecento e la quarta all'invenzione del vetro làttimo e del vetro calcedonio fra  Sette ed Ottocento. Nella sala cinque si tratta di vetro mosaico, millefiori, murrine e perle veneziane; "ecco vien la gran crisi..." dapontianamente citando, nella sala sei , fra il Settecento e metà Ottocento, il periodo più difficile, viene definito. Nella sala sette, la rinascita, dal 1850 al 1895, e nell'ottava si va dal 1900 al 1970.

Qui la storia sarebbe conclusa, in certo modo, ma per fortuna no, siccome si ridiscende al piano terra e ci s'inoltra nella sala nove, parallela al chiostro dove ci si occupa di Vetro Contemporaneo. Dietro front ed eccoci di nuovo all'ingresso da dove, però, ora andremo a destra, superando guardaroba e libreria, per giungere finalmente, è proprio il caso di dirlo ai nuovi spazi espositivi frutto del restauro dei vecchi edifici delle Conterie, ne mancano ancora, ma si spera che qualcuno contribuisca economicamente per poter completare il progetto di riuso.

Si arriva a LA LINEA DEL TEMPO in cui si fa un rapido e sintetico ex cursus relativo all'esperienza plurisecolare del vetro muranese. I pezzi sono esposti su supporti bianchi come l'ambiente, dalle linee sinuose, e senza vetri di protezione, e non è l'unica sala in cui si sia operata questa scelta che mi lascia molto perplesso... vuol essere un'indicazione educativa nei confronti del rispetto per l'opera d'arte... a me sembra BAREBACKING MUSEALE, ma incrociamo le dita.

Questo tipo di scelta non è soltanto in questa sala, come ho detto ma è qui che colpisce maggiormente. A conclusione, nello SPAZIO CONTERIE, la mostra personale del maestro muranese Luciano Vistosi (1931/2010) che propone un'ampia scelta di sculture esposte con grande gusto.


emilio campanella


Ancora sotto l'egida di Ca' Foscari e dello stesso CSAR, con i medesimi curatori, lo stesso ufficio stampa e la stessa casa editrice per il garbato cataloghino, un'altra mostra russa a Venezia.

Questa volta sul Canal Grande, di fronte alle Gallerie dell'Accademia, a Palazzo Cavalli Franchetti, ospite dell'Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti, ecco, dal 13 Febbraio al 12 Aprile: A OCCHI SPALANCATI, quello che viene definito come eccezionale per Venezia: " I cinquanta capolavori assoluti del futuro MUSEO DELL'IMPRESSIONISMO RUSSO di Mosca, unica anteprima internazionale del Museo che aprirà i battenti il prossimo autunno.

Bene, prendiamo nota. Premetto che siamo di fronte ad un altro allestimento molto accattivante e multimediale in cui video sparsi in diverse sale mostrano, evocano, suggeriscono, puntualizzano, ma ci sono anche alcuni suggestivi montaggi di grande cinema... le opere vanno dal 1879 al 2012!!!

Pare che dopo una lotta per essere accettato l' impressionismo sia diventato uno stile ufficialmente sopportato e su cui molti artisti si sono riversati, nell ex U.R.S.S.

Confesso che alcune cose d'epoca sono anche belle, ma altre come GIORNATA ESTIVA di Alexandr Gerasimov, indicato come degli anni '50 (del Novecento, s'intende) oppure MANIFESTI SOTTO LA PIOGGIA di Jurij Pimenov del 1970(!!!) che sembra Lautrec, mi hanno lasciato stupefatto... belli, si, ma, veramente da strabuzzare gli occhi dalla sorpresa... curiosi: VENEZIA e MOSCA di Valerij Koshliakov, entrambi del 2012.

Siccome l'esposizione è ad ingresso libero, passando davanti si può salire per togliersi la curiosità... sarà doveroso non conoscendo il sontuoso palazzo restaurato da Boito.



emilio campanella



Una misteriosa, esoterica intrigante, insinuante ed a, suo modo divertente,  esposizione è aperta al pubblico dal 12 Febbraio al 13 Settembre, al terzo piano della Fondazione Querini Stampalia di Venezia.

S'intitola  GRISHA BRUSKIN: ALEFBET ALFABETO DELLA MEMORIA. E' sotto l'egida dell'Università di Ca' Foscari, e precisamente del CENTRO STUDI SULLE ARTI DELLA RUSSIA (CSAR).

Curata Giuseppe Barbieri e Silvia Burini, si avvale degli accattivanti apporti multimediali realizzati in collaborazione con CamerAnebbia - Milano di Marco Barsottini; infatti la prima sala è un'introduzione all'opera di Bruskin grazie ad una processione dei centosessanta personaggi che vedremo nelle sale successive, cosÏ come, sulla parete opposta una miriade di simoli, suggestioni, modelli ispirativi e di raffronto per avvicinare a ciò che si incontrerà... si è un po' presi per mano... detto chiaramente, nel timore che i pannelli informativi non venissero letti si è optato per la scelta dell'immagine in modo da coinvolgere i "pigroni".

Egoisticamente, da grande miope sono contento di tale scelta... io lavoro successivamente su cataloghi e cartelle stampa, ed anche in questo caso, siccome il materiale fornito dall'ufficio stampa STUDIO ESSECI, è, come sempre, di prim'ordine, ed il catalogo edito da Terra Ferma, assolutamente irrinunciabile: agile, dettagliato, documentato.

Artista dall'ormai lunga e riconosciuta carriera internazionale. Grisha Bruskin ci viene proposto con quest'opera realizzata fra il 2004 ed il 2006. La vedremo nell'ultima sala, prima una serie di sei pannelli del 1987 con già una serie di personaggi in teoria, su quattro registri, generalmente a gruppi di quattro.

Evocazioni e suggestioni molteplici, dal Talmud alla Kabbalà di un ebraismo di famiglia, ritrovato e studiato tardivamente, provenendo da una famiglia di scienziati. Il fondale è neutro, potrebbe anche essere il fondo oro delle icone, o dei primitivi, che non sono lontani, ma è invece bruno, le figure hanno colori primari ricorrenti, ma attributi, insegne, abiti molteplici; variazioni di rossi e di gialli, mostri, chimere, demoni, simboli, angeli, figure religiose.

Nella sala successiva una grande parete dove sono proiettate le figurine che abbiamo iniziato a conoscere, alcune hanno un'alone e possono essere toccate in modo da mettere in moto una proiezione suggestiva ed un rutilare di evocazioni legate al tema che rappresentano: il libro, la lotta della conoscenza etc.

Si può intervistare l'artista rappresentato in effigie da un'altra proiezione: è sufficiente toccare il testo delle domande perchè lui alzi o sguardo verso di noi, inforchi gli occhiali e legga la risposta che noi potremo comodamente leggere nei sottotitoli. Nulla di nuovo, ma simpatico.

Di fronte una serie di pannelli dal titolo METAMORFOSI, DEL 1992 con, anche qui numerose immagini di vario tipo: animali, mostri, figure, agglomerati di numeri, simboli. Si arriva, poi all'opera che dà il nome alla mostra, realizzata ad arazzo ed introdotta da una miriade di disegni preparatori sulla parete opposta.

Un'altra "macchina multimediale" dà la possibilità di ingrandire i particolari dei soggetti scelti in modo da poter osservare i dettagli. Va da sè che si può restare ore a "giocare" con le suggestioni di Bruschin ed a guardare, studiare, osservare i tasselli del suo racconto tessuto ed immaginarlo a tessere le sue tessere all'infinito, appunto.


emilio campanella


La bella mostra curata, anche quest'anno, da Giandomenico Romanelli per Palazzo Roverella a Rovigo, in realtà s'intitola: IL DEMONE DELLA MODERNITA', ma l'assonanza con il notorio titolo di Poe, mi è sembrata appropriata per questa bella esposizione di PITTORI VISIONARI ALL'ALBA DEL SECOLO BREVE, come recita il sottotitolo della rassegna.

Corredata da un ottimo e maneggevole catalogo edito da Marsilio, rimarrà aperta al pubblico dal 14 Febbraio al 14 Giugno. Ci sono nomi notissimi ed altri meno, alcuni semi sconosciuti, e fra questi, alcune straordinarie sorprese.

Le suggestioni sono molte e le evocazioni molteplici. Ci sono temi ricorrenti ed ossessioni condivise, ma soprattutto un'inquietudine continua che permea queste opere e ciò che riflettono delle anime profonde che le hanno realizzate, come la cupezza delle atmosfere che vivevano.

Penso che quella in cui stiamo vivendo noi proprio in questi giorni, possa aiutarci a comprendere le loro angosce affiorate dal profondo. Figure archetipiche si affiancano a miti ed allegorie, rivisitazioni fantasiose, talaltra corrusche, che siano di Gustave Moreau come di Odilon Redon, di Max Klinger come di Franz von Stuck.

La passeggiata psicoanalitica è appassionante fra incisioni e tele, donne diavolo accanto a santi più o meno macerati, peccatrici assassine e demoni fascinosi, creature fantastiche e paesaggi fiabeschi, aurore idilliache e notti da tregenda, non manca nulla, il luna park delle emozioni non dà tregua, e sono emozioni molto forti ed evocazioni di altissimo livello come lo straordinario LUCIFERO di von Stuck, possente come il Pensatore di Rodin, dantesco per giusta ascendenza e dallo sguardo magnetico.

Gli animali fantasiosi e lo straordinario BACCANALE di Leo Putz, in cui un giaguaro , un orso bianco, una pantera ed un orso bruno, aggrediscono altrettante bellone... ma non certo con mire sanguinarie!

Il TRIONFO DELLE TENEBRE di Sasha Schneider è abitato da un Cristo deposto visto di profilo, in orizzontale, e subito dietro di lui un Lucifero, più che trionfante, pensoso, che guarda il corpo esanime del suo nemico sconfitto, su un tavolo come alla morgue, quasi monocromo, i due corpi raffrontati: l'uno apparentemente morto, l'altro, possente, apparentemente vivo.

Man mano ci si avvicina al conflitto mondiale, le "fantasie" s'incupiscono, il demoni si agitano di fremiti sanguinari, come nelle cartoline e nelle incisioni di Alberto Martini. Mostri risalgono dalle viscere della terra, ma più ancora, dall'inconscio, paure ancestrali si materializzano e prendono corpo come nel GRIDO DI GUERRA, ancora di Schneider, già del 1921 e nelle opere di Oskar Zwintscher (LUTTO del 1898 e MORTO IN RIVA AL MARE-PIETA' del 1913) in conclusione le visioni urbane stravolte e demoniache di Gennaro Favai, nell'ultima sala insieme a spezzoni di cinema espressionista.


emilio campanella


FRATTO_X al Teatro Goldoni di Venezia, per sole tre recite, dal 26 al 28 Febbraio, il lavoro della Compagnia Mastrella Rezza, con l'ipercinetico Antonio Rezza ed il simpatico, lunare Ivan Bellavista in un habitat di Flavia Mastrella.

Lo spazio scenico viene trasformato continuamente dai movimenti degli attori che agiscono delle larghe strisce di stoffa, a momenti fissata al palcoscenico, morbida, elastica ed estremamente reattiva alla luce ed a formare molto spesso una X, appunto.

Ci sono altri trabiccoli totemici su ruote o sospesi e rotanti a discrezione del movimento che vi si imprime.

In tutto questo i tormentoni ed i racconti deliranti ed affastellati, reiterati ed ammiccanti con Rezza che fa delle "domande di controllo" al pubblico per saggiarne l'attenzione, ma non necessariamente in attesa di un vero riscontro, da bravo attore sadico.

Le storie fanno pensare anche a Campanile, nella loro geniale follia, altre volte sono racconti efferati e dissacratori, provocatori, romanzi minimi, tragedie lampo, come se ne conoscono, si, ma con una cifra speciale quasi da sindrome di Tourette... mostrata, ovviamente!

Certo la voce microfonata perde sempre di profondità spaziale, ed il gioco fra Rezza e Bellavista, in cui è il primo a dire le battute di entrambi, sempre divertentissimo, un po' perde del suo effetto a causa dell'artificio.

Genialmente logorroico, clown "anfetaminico" si può solo amare alla follia o detestare, ma non lascia certo indifferenti, come quei poveri abbonati che speravano di svignarsela alla chetichella e sono stati inseguiti da bordate esilarantissime di anatemi semi biblici!

Lo spettacolo della prima era anche molto in sala, e non solo per le provocazioni che venivano dal palcoscenico, ma anche per le risate ululanti che in certi momenti facevano perdere le battute, ed all'inizio, un'interessante monologo in quinta, praticamente ridotto ad una eco lontana a causa dell'ilarità intemperante( provocatoria?

Confesso di non essere riuscito a decifrarla a fondo), ma certo, contagiosa. In un modo o nell'altro l'atmosfera si è scaldata e il divertimento e la disponibilità del pubblico si sono fatti sempre più evidenti, fino alla fine dei cento minuti decretata da Rezza in maniera categorica, a parte poi fare "il matto" per un po' ancora e correre e saltare cosÏ da scaricare l'energia ch'era rimasta inutilizzata.


emilio campanella


Mi ha fatto ricordare questo verso di Goethe, l'inizio della mostra: IL BEL PAESE, L'Italia dal Risorgimento alla Grande Guerra, dai Macchiaioli ai Futuristi, dal 22 Febbraio al 14 Giugno, al Museo d'Arte della Città di Ravenna, curata da Claudio Spadoni, catalogo SAGEP.

Un progetto coraggioso e rischioso, che ripercorre strade già battute, con un tentativo di angolazione inedita, solo parzialmente riuscita.

Un'inquadratura dalla messa a fuoco incerta. Una sorta di ricognizione intorno al paesaggio naturale ed umano, nel lungo lasso di tempo preso in esame.

Periodo, peraltro limitato, se si considera come sia una sorta di moda compiere cavalcate di secoli, ma anche di millenni, in una sola esposizione come s'inventano certi curatori equilibristi!

Qui non siamo a tali eccessi, i problemi sono altri.

Le sette sezioni della mostra occupano tre piani dell'edificio, e se il primo, siccome l'ordine è abbastanza cronologico, evoca idilli ed eroismi, iniziando con VEDUTA FANTASTICA DEI PRINCIPALI MONUMENTI D'ITALIA di Pertus Henricus Teodor Tetar Van Elven (1858) dalla Galleria d'Arte Moderna di Genova, per poi affiancare nomi come Domenico Induno, Silvestro Lega, Giovanni Fattori, quali testimoni della pittura Risorgimentale più significativa, e non sono gli unici, ovviamente, segue poi un'ampia scelta di monti, pianure, marine, luoghi celebri anche importanti, che portano le firme di Carcano, Previati, Signorini, De Tivoli, Filippo Palizzi (sua la FANCIULLA SULLA ROCCIA A SORRENTO del 1981, simbolo della mostra, su manifesti, locandine e sulla copertina del catalogo), Fontanesi, Nomellini, Grubicy, Fragiacomo, Ciardi, Caffi (otto!), Favretto, Boldini.

Da qui si passa al RITI DI UNA SOCIETA' CHE CAMBIA, e si sente come le sezioni e gli argomenti si susseguano senza un vero approfondimento, sappiamo tutti benissimo come una serie di bei quadri non faccia necessariamente una mostra importante... anche qui: Mosè Bianchi, Aroldo Bonzagni, Michetti, Previati, Tito, Morbelli, Nomellini, De Nittis, Tranquillo Cremona.

Un 'ampia scelta fotografica d'archivio, che meriterebbe un'esposizione a parte, ma poi si riprende con la pittura di ritratto, da Medardo Rosso al "Piccio", da Baccarini ad Hayez; per la campagna Segantini e Pellizza da Volpedo, e poi via con il Futurismo... abbiamo visto molte belle cose, ma non un'espozizione definita, solo buone ed anche ottime intenzioni, ma queste, come si sa, non bastano.


emilio campanella

E se lo dicono loro, dobbiamo fidarci... forse! Cento anni messi a fuoco dalla fotografia.

Si tratta di una mostra piuttosto ampia, ospitata nel Palazzo del Monte di Pietà dal 28 Febbraio al 31 Maggio. Elegantemente allestita nella fuga di sale del primo piano del palazzo, è curata da Walter Guadagnini e corredata da una pubblicazione dallo stesso titolo pubblicata da Marsilio.

La lunga corsa nel tempo, dopo un'evocazione della Guerra di Secessione Americana, parte, ovviamente dalla Prima Guerra Mondiale per arrivare ai conflitti attualmente in corso. Questo risulta essere il vero problema: un argomento talmente ampio cui sarebbe occorso uno spazio ed un numero di immagini dieci volte maggiore.

E' stata operata una scelta, ma molto Ë stato lasciato, ovviamente, da parte, e chiunque potrebbe riscontrare delle inevitabili lacune... per quanto forte ed inquietante non basta una parete intera ricoperta di funghi atomici per affrontare e neppure scalfire un simile  argomento e problema; certo c'è una bella scelta d'immagini di Capa, altre di Cartier Bresson; sorprendenti le foto di August Sander, a testimoniare il prima ed il dopo i bombardamenti di Colonia; interessanti le foto degli ingressi dei rifugi antiaerei di Padova; avevamo appena incontrato testimonianze dirette della Grande Guerra anche in "giocattoli"  stereoscopici.

Quello fu il primo conflitto che abbia avuto testimonianze dirette realizzate dai combattenti stessi.

Poi un salto nel Giappone del dopoguerra, e via con l'Algeria, ma anche il Vietnam. Un po' si privilegia la "foto dal vero" ammesso che esista, un po' la "ritrattistica" di testimonianza, con scelte non poco ricercate.

E qui si crea un contrasto fra l'ordine cronologico seguito ed uno tematico non dichiarato, ma talvolta molto evidente.  Due magnifiche foto di Gabriele Basilico, di Beirut del 1991. Poi fra l'altro di forte ed importante, la serie RICERCA DI IDENTITA' di Ziah Gafic che ha fotografato in primissimo piano oggetti recuperati dalle fosse comuni della Bosnia Erzegovina utili per tentare di identificare le vittime.

E poi si è già alla fine e c'è un po' di tutto ed anche molto importante, ma molto di niente, si potrebbe dire, perchè chiunque come accennavo potrebbe contestare carenze ed esclusioni opinabili... sempre meglio contenere le argomentazioni.


emilio campanella


IL GIOCO DELLE PARTI di Luigi Pirandello al Teatro Toniolo di Mestre. Un adattamento di Roberto Valerio, Umberto Orsini e Maurizio Balò. Con Umberto Orsini (Leone Gala), Alvia Reale (Silia Gala), Totò Onnis (Guido Venanzi), Flavio Bonacci (il dottor Spiga), Carlo De Ruggeri (Socrate), Woody Neri (Barelli). Scene di Maurizio Balò, costumi di Gianluca Sbicca, luci di Pasquale Mari e regia di Roberto Valerio.

Nota relativa alla recita del 1 Marzo 2015. Un Leone Gala cristallizzato nell'ossessione dei suoi ricordi, quello che vediamo in un possibile asilo psichiatrico, cronicario, casa di riposo da cui non si esce, fermo come ENRICO IV in quel momento cruciale della sua vita e nell'evocazione ossessiva dei fantasmi di quella vicenda ormai lontana.

Umberto Orsini torna e ripensa il ruolo interpretato nel 1996, questa volta smontando e rimontando il dramma, soprattutto partendo dalla novella: QUANDO SI E' CAPITO IL GIUOCO, che sta alla base del testo teatrale.

Quasi burattinaio dei suoi deliri convoca i personaggi e tira i fili delle loro azioni e reazioni... quanto poi a chi tiri i suoi tragici fili: forse proprio lui stesso, sin dall'inizio, nell'evitare i conflitti fino alla feroce vendetta che però qui non è assolutamente fine del dramma, ma inizio del suo inferno, quale noi lo vediamo.

Una posizione interessante come angolazione, ma non nuovissima nell'assunto drammaturgico... Castri fece meraviglie proprio in quella direzione e con questo medesimo autore, oltre che con molti altri. Le scene di Maurizio Balò suggeriscono un ambiente che si può aprire facilmente con spostamenti delle pareti che lasciano la stanza prigione, come spaccata, quasi l'immagne rimandata da uno specchio andato in pezzi, come la personalità paranoica ed ossessiva del protagonista preda dei suoi pensieri frantumati.

La signora borghese oltraggiata quando è nell'intimita' con l'amante ha atteggiamenti ed un abbigliamento a causa dei quali se i gentiluomini ubriachi l'hanno scambiata per la demi mondaine Pepita, non abbiamo nessuna difficolta' a crederlo.

Se la vena popolaresca del parlare e del gestire dei due ha un suo motivo, a mio avviso, molto meno lo spingere sul pedale di una sensualita' decisamente smaccata e quasi forte, siccome Silia ha poi reazioni di un apparente rigore quale lo conosciamo. Solo un problema di equilibrio degli elementi.

Un lavoro di questo genere presuppone, negli spettatori, una conoscenza del testo originario, infatti alle mie spalle sentivo persone che dichiaravano di non capir nulla della vicenda. Certo il pubblico domenicale degli abbonati è talvolta poco incline ad accettare le sperimentazioni, si sa, e sicuramente pochi avranno capito che cosa potesse essere il libbricino che si vede posato, spostato e nelle mani del protagonista... spunto interessante, come interessante è la sbattitura stravolta delle uova e la fine che fanno... che noi vediamo una sola volta, ma che l' infermiere si trova a dover affrontare una volta al giorno, cosÏ come il medico i deliri del suo Paziente.     


emilio campanella


HENRY ROUSSEAU, Lo splendore arcaico, a Palazzo Ducale, a Venezia, dal 6 Marzo al 5 Luglio, la prima mostra italiana dedicata al "doganiere", se si esclude la sala che la Biennale gli dedicò nel 1950, quando passò, praticamente, inosservato.

A due anni di distanza da Manet, gli appartamenti Del Doge vedono molti bei quadri appesi alle loro pareti, per questa occasione, elegantemente verdi.

Pittore sempre guardato con sospetto dalla critica, ebbe maggiore successo con gli artisti coevi, alcuni dei quali lo apprezzavano particolarmente, uno fra tutti Picasso, che, mentre gia' percorreva la strada del periodo cubista, gli comperava dei quadri.

In Italia, la sua scelta raffinata di dipingere, molto spesso con moduli espressivi popolari ed ingenui... all'apparenza, lo ha spesso fatto etichettare come naif, quando invece il nostro ebbe la sua buona educazione accademica, come tutti alla sua epoca e certe scelte estetiche sono particolarmente attente e pensate.

Certo passò fra impressionisti e tanti altri movimenti, fino al cubismo ed oltre, senza farsi distrarre dal suo inconfondibile stile.

La mostra veneziana segue una direzione precisa, pur senza forzare la mano: quella di trovare dei precedenti anche molto antichi per certi stilemi e certi modi di affrontare le composizioni. Ad esempio IL TRIONFO DELLA MORTE  di Antonfrancesco di Giovanni detto Lo Scheggia, 1465-1470 dal Museo Civico di Siena e LA GUERRE, DIT AUSSI, LA CHEVAUCHE'E DE LA DISCORDE, 1894 c.a Parigi, MusÈe d'Orsay; In una bella sala di ritratti il RITRATTO DI GENTILUOMO ITALIANO di Jan van Scorel, 1521-1522 dai Musei Civici di Padova; notevoli gli INTELLETTUALI AL CAFFE' di Tullio Garbari, 1916 da Ginevra, accanto a LE TOAST di Fèlix Vallotton, mentre MOI MEME AUTOPORTRAIT-PAYSAGE 1889-1890, non è ancora arrivato da Praga.

Sezione magnifica: JARDIN DES PLANTES, in due sale, riunisce le cose che nell'immaginario di ognuno di noi rappresentano la summa del suo stile, vero o non vero che sia, ma il fascino del rigoglio vegetale, gli animali, talvolta di rara simpatia, come JOYEUX FARCEURS del 1910 da Philadelphia o CHEVAL ATTAQUE' PAR UN JAGUAR DEL 1910, da Mosca, che sembra quasi un abbraccio fra i due animali, rappresentano quello che i più pensano sia il suo modo di essere pittore.

Quando andai per la prima volta, molti anni fa a visitare il Jardin des Plantes di Parigi, appena entrato,nell'atmosfera umida, fra piante sontuose, vidi muoversi pigramente sulla passerella che avevo di fronte, un gattone tigrato rosso, pensai: "Sembra un quadro di Rousseau" e l'ambientazione, l'atmosfera, il clima, erano perfetti!

Dopo una bella sala di nature morte del dedicatario della manifestazione, di Morandi, Redon, Donghi, ed anche Cèzanne. Un abile confronto fra Liberale da Verona (Trionfo della Fama), inizio sec. XVI da Ca' Rezzonico a Venezia, e LES REPRESENTANTS DES PUISSANCES 'ETRANG'ERS VENANT SALUER LA RE'PUBLIQUE EN SIGNE DE PAIX, 1907, dalle rispondenze sorprendenti!

Piu' vicino, ma non meno interessante, pur se altri versi: FOOTBALL di Robert Delaunay del 1917 c.a, e LES JOUEURS DE FOOTBALL del 1885, ancora dal Musèe d'Orsay... tela misteriosa, surreale, carica di segreti, nella sua apparente solarità... come se da una scena di grande dinamica e vivacità, si fosse tolto il suono... Un capitolo importante legato a DER BLAUE REITER, movimento che lo tenne in grande considerazione.

Come si comprenderà, un percorso coerente e pensato, una mostra che si spera, avrà una buona risposta da parte del pubblico che se lo conosce, forse, dovrà spazzare via un po' di preconcetti sul DOGANIERE ROUSSEAU!        


emilio campanella


Si tratta di FLUXBOOKS, come s'intitola la gustosissima esposizione proposta dalla Fondazione Bevilacqua La Masa di Piazza S.Marco a Venezia, aperta al pubblico dal 4 Marzo al 26 Aprile prossimo.  Si tratta di una nutrita scelta di "libri" creati da artisti di Fluxus e facenti parte della collezione Bonotto.

Il sottotitolo: FROM THE SIXTIES TO THE FUTURE. Nella sede di Palazzetto Tito, sono esposti lavori di giovani artisti degli atelier Bevilacqua La Masa 2014, che prendono le mosse dalle opere della collezione, scelti da quelli in mostra nella sede di S.Marco.

Molte cose sono note, a chi s'interessi d'arte e contemporaneamente, di editoria, a chi ami i giochi, i giocattoli, le scommesse e le divertenti provocazioni dell'arte, che peraltro sono sempre serissime.

Sono talvolta scatole con materiali e percorsi "didattici" che diventano creativi e di crescita interiore.

Molte volte è capitato d'incontrarne alle mostre, ma certo, mai in una tale concentrazione e di tale importanza. Molti di questi "pezzi da collezione" hanno un proprio documentario visivo che mostra come si "usino", si aprano, si vuotino, si riempano nuovamente, siccome spesso sono scatole, ma anche volumetti che riservano sorprese continue: immagini, foto piegate che si possono aprire, disegni, mappe, scrigni segreti... una sorpresa continua, possono essere molto piccoli, ma anche molto grandi.

C'è anche una collana letteraria, ma non nel senso editoriale del termine, quanto proprio da mettere al collo, siccome costituita di anelli scritti. Si chiama  NECKLACE ed è di Bob Watts del 1970. Cinque sezioni costituiscono il percorso: Book as book, Book as memento, Book as plot, Book as box, Book as object. I curatori sono: Stefano Coletto, Giorgio Maffei, Patrizio Paterlini, Angela Vettese.

Un bellissimo volume in quarto, è stato pubblicato da Mousse Publishing; è un vero oggetto editoriale, accuratissimo nella veste, ed elegantemente contraddittorio, nel suo aspetto di libro tradizionale che tratta di libri altri, libri diversi, libri non libri, che pure hanno anche immagini, scritture, fotografie, disegni... partiture, quando sono di John Cage ( CONCERT FOR PIANO AND ORCHESTRA. SOLO FOR PIANO del 1960), intelligentissime provocazioni di pensiero come GRAPEFRUIT di Yoko Ono, di cui si può vedere la prima edizione del 1964, ed anche diverse ristampe.

Ancora La Monte Young, Daniel Poerri, George Brecht, ed il simpatico, anche ex patafisico Ben Vautier. Che dire... una mostra imperdibile, via!
  

emilio campanella


A Conegliano Veneto, a Palazzo Sarcinelli, curata da Giandomenico Romanelli, la mostra: CARPACCIO, Vittore e Benedetto da Venezia all'Istria. L'autunno magico di un maestro. Da 7 Marzo al 28 Giugno.

Ancora una volta, e maggiormente, una mostra di studio attorno a Carpaccio. Una rivalutazione del penultimo/ultimo periodo... una crisi? Una svolta? Certamente un passaggio in un momento di profonda crisi politica ed anche religiosa, come si sa. Intanto una nuova generazione si faceva strada, ed è quella che avrebbe a lungo dato vita alla straordinaria stagione della pittura veneta del Cinquecento.

C'è comunque, certamente una forte trasformazione stilistica, le "storie" di cui il pittore era abile narratore dalla mano leggera, per cosÏ dire, assumano tinte fortemente drammatiche, arde un fuoco che divampa veramente.

In mostra c'è un  SAN GIORGIO CHE LOTTA CON IL DRAGO E QUATTRO EPISODI DELLA VITA DEL SANTO del 1516 dall'Abbazia di San Giorgio Maggiore, meno noto e, forse meno bello di quello della Scuola si Sangiorgio agli Schiavoni, sempre a Venezia, ma comunque interessantissimo per l'impianto generale oltrechè per la "falsa predella" in basso.

Se qui ci sono vicende del suo martirio con fantasiosi e veriati supplizi, nell'immagine principale, attorno al dramma centrale dell'uccisione del drago dal collo trapassato salla lancia, sotto c'Ë tutta una macelleria di brandelli di corpi, resti dei banchetti precedenti del mostro, a destra la principessa si tiene prudentemente dietro un albero, più lontano Santo Stefano viene lapidato; più in alto una scena pastorale idilliaca.

Di fronte S.Gerolamo studia fra le rocce, mentre, più in basso S.Benedetto si è gettato-nudo-fra i rovi per dimenticare le tentazioni della carne. Tutti temi collegati ai monasteri cui era destinato il dipinto, ma con molta decisione drammatica, come, per altre ragioni il SAN PAOLO APOSTOLO del 1516, dalla Chiesa di S.Domenico di Chioggia. Curiosa immagine del santo con il crocifisso piantato nel cuore ed un libro aperto in mano i cui versetti leggibilissimi motivano l'originalit‡ del dipinto così lontano dall'agiografia tradizionale.

Altro esempio di fortissima drammaticità: CROCEFISSIONE E APOTEOSI DEI DIECIMILA MARTIRI DEL MONTE ARARAT del 1513 dall Accademia di Venezia. Ed in mostra, anche APPARISIONE DEI CROCEFISSI DEL MONTE ARARAT NELLA CHIESA DI SANT'ANTONIO DI CASTELLO, 1512-151, dall'Accademia di Venezia  Tornando all'argomento principale, ancora ci si domanda il motivo del lavoro in Istria, ma forse la nuova generazione cui ho accennato potrebbe essere alla base del motivo.

Ancora non si comprende perchè il figlio Benedetto sia stato così a lungo bistrattato dalla critica, pur essendo un artista più che dignitoso, continuatore dell'opera del padre, ma non solo; spostò la bottega a Capodistria, e per questo motivo, forse,si sa poco o nulla di lui, fino al 1536; per tutta questa serie di ragioni si pensò a lungo, persino che lo stesso Vittore fosse istriano, certo ci sono opere notevoli in zona: La Pala di Pirano, la Pala di Capodistria, le Portelle d'organo. In conclusione, siamo in presenza di una rivisitazione di Vittore e di una rivalutazione di Benedetto Carpaccio; alcune opere sono esposte dopo accurati restauri, altre in corso d'opera, come è evidenziato.

Molti materiali importanti nei deposito dell'Accademia di Venezia non hanno potuto essere portati a causa di annosi contenziosi di guerra ancora in corso. L'esposizione è "piccola" ma densissima, e chi conosca Palazzo Sarcinelli, sa che cosa intendo; non mancano documenti e disegni, oltre una serie di studi di Giovan Battista Cavalcaselle. Non bisogna dimenticare che la manifestazione ha dato la possibilità di ricomporre il TRITTICO DI SANTA FOSCA, per la prima volta dopo cinquant'anni: San Pietro Martire dal Museo Correr di Venezia; San Rocco da Bergamo, Accademia Carrara; San Sebastiano, da Zagabria. Il piccolo catalogo Marsilio, accurato come di solito, non brilla per un piccolo prezzo, a dispetto delle dimensioni. A disposizione del pubblico, anche una guida dal prezzo accessibile.
  

emilio campanella


Si ha proprio l'impressione che, siccome è la seconda volta, Palazzo Fava a Bologna, si stia costruendo una fama di contenitore, peraltro sontuoso, di divismi espositivi, infatti questo che è uno dei luoghi di punta del progetto GENUS BONONIAE, che coinvolge diversi musei cittadini ed ospita sino al 17 Maggio prossimo: DA CIMABUE A MORANDI, Felsina Pittrice, dedicata a Roberto Longhi e curata da Vittorio Sgarbi.

Un volo di di oltre settecento anni d'arte in tre piani, più alcune cose nell'atrio dell'edificio, che tutti finiscono per non guardare quasi - l'ho notato entrando- perchè corrono alla biglietteria ed all'uscita sono stravolti... il primo piano, proprio per la struttura delle sale risulta il più coinvolgente, siccome c'è molto più respiro, e non solo per le opere esposte che, diciamolo, per la maggior parte, rendono la manifestazione, vincente, semmai, ci sono troppe cose belle.

L'idea è colta ed affascinante, ma forse sarebbe stato meglio affrontarla, come dire "a puntate". Certo, e cito qua e là fra le meraviglie, la CROCE DIPINTA di Marco Ruggeri detto lo Zoppo  dal Museo di S.Giuseppe a Bologna, è un'autentica meraviglia che si resterebbe a guardare per ore!

Ercole de Roberti in rappresentanza dell'OFFICINA FERRARESE, Non manca Nicolò dell'Arca, ma neppure Giovanni Battista Cima da Conegliano. Ecco l'ESTASI DI SANTA CECILIA... di Raffaello dalla Pinacoteca Nazionale, e ditemi voi se non si tratta di divi, e se si possa negare come si tratti di una mostra "da vedere" come certi film e le loro palline nei giudizi dei giornali...se poi sia una "buona" mostra... questo non saprei dirlo, veramente.

Certo che la grande tavola dipinta sui due lati da Amico Aspertini dalla Galleria Spada di Roma e che raffigura  un policromo  possente San Cristoforo su un lato ed un San Luca dallo sguardo penetrante in monocromo, sull'altro è un'opera importante, presumibilmente parte rimasta di portelle d'organo. Parmigianino, Domenico Tibaldi, Bartolomeo Passerotti: PADRE ETERNO del 1560-65, un tondo su tela di grande movimento, dalla Collezione Castello di San Martino di Soverzano; Lavinia Fontana, Denys Calvaert, Domenichino. e poi i tre Carracci che abitano nel palazzo, nella sala di Giasone, le cui storie affrescate , s'ispirano ad episodi delle Argonautiche  di Apollonio Rodio , mentre nella sala di Enea, al poema virgiliano.

Una sala dedicata al Mastelletta. Poi al secondo piano, dove i soffitti sono molto più bassi e le sale anguste , e certe opere risultano soffocate, manca la distanza necessaria per l'ideale fruizione, infatti LA CADUTA DEI GIGANTI (1637 c.a) di Guido Reni  da Pesaro, Palazzo Mosca Musei Civici, che esplode di energia, conviene vederlo a metà delle scale.

Meglio non dire nulla dell'illuminazione piatta di questo piano...dove troviamo anche LA FORTUNA di Giovanni Andrea Sirani (1639 c.a) assurta all'onore di simbolo della mostra e copertina del catalogo abbastanza accurato, ma non scevro da pasticci d'impaginazione ed imprecisioni, pubblicato da Bononia University Press. Guercino, Cagnacci ed Elisabetta Sirani con il suo AMORINO TRIONFANTE IN MARE(AMORINO MEDICI) , 1661 di collezione privata bolognese... beato chi si gode una tale delizia! Donato Creti; LA LIBRERIA MUSICALE di Giuseppe Mattia Crespi (1725 c.a) è sempre un bell'incontro e proviene dal Museo Internazionale e Biblioteca della Musica di Bologna.

Pelagio Pelagi, Antonio Basoli, anche RUTH (1853) di Francesco Hayez. Dopo si sale al terzo piano godendo dello sfondamento spaziale dell'affresco del soffitto sopra le scale con terrazza, cielo azzurro e nuvole in viaggio..,poi si entra nell'ultima, unica sala del piano e si viene catturati dalla parete di fondo che ospita sette Morandi,,,che involontariamente schiacciano tutto il resto...non è un buon servizio reso alle altre opere, ma risulta inevitabile...anche qui qualcosa non funziona. Abbiamo visto una grande esposizione, anche troppo, con opere magnifiche, tante da aver bisogno di un digestivo, ma non possiamo dire di aver visto una bella mostra...e se la definissimo bulimia artistica?

  

emilio campanella


Celebrato a Bologna, fra il Museo Civico Medioevale e la Basilica di San Petronio, il maestro quattrocentesco, con la mostra a lui intitolata dal sottotitolo: UN PITTORE ALL'OMBRA DI SAN PETRONIO, aperta al pubblico sino 12 Aprile; un accurato catalogo che è una vera e propria monografia, è stato pubblicato da Silvana.

Giovanni di Pietro Falloppi (Modena circa 1379-1454/1455) fu figura di primo piano della pittura bolognese, fra gotico internazionale e Rinascimento, dominando la scena artistica locale per quattro decenni.

La piccola, preziosa esposizione ospitata dal Museo Civico Medioevale, un occasione per vederlo o rivederlo, ed anche apprezzare le sculture di Carlo Zauli (Faenza i926.2002) la cui esposizione intitolata LE ZOLLE è perfettamente integrata nel percorso.

Due piccole sale sono dedicate al maestro quattrocentesco, in penombra, con pannelli informativi esaurienti e con la possibilità di vedere agevolmente da vicino le opere ben illuminate.

Una mostra per pochi, nella stessa via Manzoni che ospita un'altra manifestazione, ben altrementi divistica ed affollata, ma la concentrazione e la calma si addicono a certe straordinarie miniature, ad alcune tavole sorprendenti. S'inizia con gli STATUTI DELLA SOCIETA' DEI DRAPPIERI del 1407, membranaceo di grandissima bellezza del museo stesso; una MADONNA CON BAMBINO, pittura murale staccata, da Santa Maria dei Servi a Bologna, che colpisce per il gioco degli sguardi; di Giovanni di Nicolò Bellini, già 'Maestro dell'Avicenna', INCORONAZIONE DELLA VERGINE CON IL PARADISO E L'INFERNO, tempera su tavola dalla Pinacoteca Nazionale di Bologna, che in "piccolo" affronta il tema che Giovanni da Modena aveva sontuosamente steso sulle pareti della Cappella dei Magi in San Petronio, ma facendo anche operazioni di sintesi e di trasformazione di determinati episodi, pur rimanendo fedele all'impianto generale dell'illustre modello.

Del Maestro del 1411, MATRICOLA DELLA SOCIETA' DEI DRAPPIERI, ancora del Museo, un'immagine vivacissima del mercato delle stoffe, come se vedessimo da un secondo piano tutti gli episodi che si svolgono contemporaneamente, nella loro festosa vivacità mercantile. Dalla Pinacoteca Nazionale di Ferrara: MADONNA CON BAMBINO CHE TIENE IN MANO UN LIBRO, elegantissima tempera su tavola, una MADONNA CON BAMBINO dal Museo Civico d'Arte di Modena, in cui il bimbo, peraltro già grandino, con il suo corallo al collo è già benedicente; un'altra, ancora da Ferrara in cui il bambino lancia uno sguardo un po' ridente, un po' sornione alla madre pensosa e dagli occhi abbassati.

E per concludere, sei santi: quattro da Bologna, Antichissima Compagnia Militare dei Lombardi in Bologna (Basilica di Santo Stefano) SAN GIACOMO MAGGIORE, SAN PIETRO, SAN NICOLO' DA TOLENTINO, SAN FRANCESCO. SANT'ANTONIO ABATE E SAN DOMENICO, da Ferrara, tutte magnifiche opere su tavola, a tempera ed oro. Da ultimo SAN BERNARDINO DA SIENA E STORIE DELLA SUA VITA dalla Pinacoteca bolognese, opera intensa e drammatica a tempera su tela.

Tutto quest'ultimo gruppo, del dedicatario della manifestazione. Altre riprodotte fotograficamente sono esposte alla Pinacoteca Nazionale più volte citata, nell'altrettanto citata Basilica di Santo Stefano, nella sacrestia di quella di San Giacomo Maggiore, e naturalmente in San Petronio, altra sede della mostra in cui si visitano diverse cappelle, ma soprattutto quella dei Magi con gli affreschi del loro viaggio sulla parete destra, ricchi di immediatezza e viva naturalezza del racconto, e su quella sinistra il Paradiso e l'Inferno, ricchissimi di vividi particolari, come lo sguardo severissimo di Dio Padre che guarda di lato, mentre il Figlio benedicente guarda Maria, la quale guarda noi... drammaturgicamente ineccepibile!Intorno arche angeliche e santi, e beati, fino a San Michele Arcangelo che divide l'empireo dal nero Inferno cupo, ovviamente sulfureo, peno di urla e supplizi strazianti. Un capolavoro assoluto ed indimenticabile...voltandosi dall'altra parte e tornando ai tre augusti viaggiatori godiamo delle loro storie ed anche dei simpatici pennuti che non si curano del loro viaggio per mare, continuando a becchettare tranquilli. Sulla parete esterna il grande S. Cristoforo. Nella Cappella dei Dieci di BalÏa, ALLEGORIA DELLA REDENZIONE e TRIONFO DELLA CHIESA SULLA SINAGOGA.


emilio campanella


Già due settimane sono trascorse dacchè Luca Ronconi si è aggiunto ai numerosi lutti che hanno colpito recentemente il mondo dello spettacolo.

Certe personalità le vorremmo immortali, tanto ci hanno accompagnato per lunghi anni segnando la nostra vita di spettatori, di appassionati di teatro, di ammiratori, E' proprio il caso di dirlo di certo rigore professionale, di una ricerca continua, della scommessa sempre aperta con testi molto spesso non nati per la scena, od altre, di opere fluviali, quasi mai rappresentate per le difficoltà che comportano.

La mia storia "con" Ronconi s'iniziò con una assenza: ORLANDO FURIOSO fu al Palasport di Genova per una serie di rappresentazioni, solo che avevo la febbere per una delle mie rare influenze di gioventù... avessi potuto decidere di me stesso, sarei sicuramente andato anche febbricitante, ma ero ancora piccolo e mio padre si oppose... una lacuna che ancora mi pesa, e che non riuscii a colmare, dentro di me, neppue lo straordinario lavoro cinematografico/televisivo sullo stesso testo.

Dovettero passare alcuni anni, mentre seguivo le avventure del regista leggendo riviste come IL DRAMMA, fu nel 1977 al Teatro Duse, sempre a Genova, per L'ANITRA SELVATICA di Ibsen, messo in scena come una sequenza di tre fotogrammi successivi. L'anno successivo le meraviglie scenotecniche de AL PAPPAGALLO VERDE di Schnitzler abbinato a CONTESSINA MITZI, questo su una ripida scala coperta di foglie autunnali.

Alla Fenice, una edizione memorabile di COSI'FAN TUTTE di Mozart (1983),in cui la scena era molto spesso costituita dalle tende stesse del teatro, ma anche con meraviglie come il congedo ambientato all'Arsenale, con navi alla fonda, e quella del giardino, simboleggiato da un grande albero dipinto, quasi come in un un libro fustellato viennese, per bambini. Nel 1984 FEDRA di Racine, con una stupenda Anna Maria Guarnieri, ambientato in un osservatorio; prodotto dallo Stabile di Torino e visto al Nazionale di Milano.

L' anno dopo, al Teatro Goldoni di Venezia, la grande emozione della COMMEDIA DELLA SEDUZIONE, ancora di Schnitzler, nel 1985; un allestimento tutto costruito su praticabili e piccoli pontili. AIDA alla Scala, vista in diretta TV...quando ancora esistevano le dirette RAI di S.Ambrogio, ed abbiamo dovuto aspettare molti anni per poterle seguire al cinema, almeno! Era un allestimento memorabile e discusso...guarda caso, ma che ora tutti ricordano!  LA SERVA AMOROSA nel 1986, testo goldoniano "minore" rivalutato ed ambientato in una stanza di passaggio ingombra di mobili, come prima o dopo un trasloco, con una , ancora una volta, indimenticabile Anna Maria Guarnieri, fra gli altri. STRANO INTERLUDIO di O'Neill nel 1990, prodotto dallo Stabile di Torino e visto al Lirico di Milano, ambientato come su un treno e con attori "in maschera".

Nel 1993 il caso del "doppio Makropulos" Messo in scena al Carignano come pièce di Capec, con Mariangela Melato come protagonista, ed al Regio di Torino, l'opera di Janacek, con Raina Kawaiwanska. Io vidi l'amatissima Melato al Teatro della Corte di Genova. Stavo per dimenticare l'interessantissima MEDEA di Euripide, nel 1996, ambientata in un cinema, ed interpretata, nel ruolo del titolo, da Franco Branciaroli... memorabile!

Nel 1997, IL LUTTO SI ADDICE AD ELETTRA di O'Neill, Melato, Pozzi,Popolizio, accuratissimo allestimento quasi cinematografico novecentesco, fra fammes fatales, dark ladies , seduzioni e veleni ereditari...IL CANDELAIO di Giordano Bruno nel 2001,I DUE GEMELLI VENEZIANI di Goldoni nel 2002, visto al Verdi di Padova, e prodotto dal Piccolo Teatro di Milano, con un doppio Popolizio anche tenerissimo. Così diverso e cosÏ interessante, raffrontando l'indimenticabile ricordo di quello squarziniano dello Stabile di Genova: Alberto Lionello nel lontano  1963; PROMETEO INCATENATO di Eschilo nel 2002.

Aggiungo l'allestimento della mostra su Anton Van Dyck, Riflessi italiani a Palazzo REale a Milano nel 2004 e  quello scenotecnicamente ed illuminotecnicamente perfetto della mostra su SEBASTIANO DAL PIOMBO a Roma, a Palazzo Venezia del 2008. Nel 2012 LOU SALOME di Vittorio Sinopoli con lo IUAV di Venezia, al Teatro La Fenice. Tutti i lavori più recenti sono negli occhi e nella memoria di ognuno!
  

emilio campanella


Non fai in tempo a prendere respiro da un lutto, che subito te ne trovi un'altro che ti toglie il fiato.

Sono un ascoltatore assiduo di Radio 3, amo profondamente la radio; un amore cominciato con l'infanzia, e difeso ora contro l'impero televisivo. So di non essere il solo, e con il Terzo Programma, come si chiamava un tempo, siamo in molti in particolare a far parte di una Comunita' di Ascolto, come veniamo definiti.

Sono molto mattiniero, e le voci che ti parlano appena sveglio, quando la caffettiera comincia a gorgogliare, mentre guardi fuori dalla finestra il giorno che sta nascendo, se e' inverno, o se è estate sei già affacciato a guardare i colori dell'aurora frettolosa che si sbriga per dare inizio ad un giorno fulgido di oro e colori saturi.

Tu sei lì ed ascolti una voce che con colta signorilità, con tatto ed ironia, con simpatia e spirito  ti propone testi letterari, ti parla di arte, ti parla di musica, con competenza, con approfondimento, con una capacità maieutica, direi, che tocca tasti che soprattutto con la sensibilità del primo mattino - per chi è mattiniero, certo - che risuonano e rifrangono echi nelle arcate misteriose della coscienza.

Gia' mesi fa c'era stata una lunga assenza, poi un ritorno ed un accenno a dei problemi di salute, la voce era differente, era la voce sofferta di chi era stato malato. Poi pian piano era tornata quella di sempre, con le sue note di un'ampia gamma, una voce che non ascolterò più, di cui attendevo il ritorno da tempo, data la rotazione dei conduttori, ma che aveva saltato il turno che tutti attendevamo con gioia...

Ogni conduttore ha una sua voce, ovviamente, una sua personalità, un suo stile, propone le sue scelte, e queste voci sono compagne di strada nelle giornate casalinghe, ma non solo, siccome si può ascoltare la radio ovunque, anche con il telefono cellulare, e quindi non perdere, ad esempio LA BARCACCIA ed HOLLYWOOD PARTY, che sono i programmi che amo maggiormente.

Pero' al mattino presto, di solito, si è a casa, od in una casa... e mi è capitato che Paolo Terni parlasse di Joyce, e proprio di quell'Ulisse che stavo rileggendo in quel momento per l'ennesima volta, ma pochi mesi fa della Recherche, che avevo appena ricominciato... si sente un'affinità con questa persona che parla, di cui conosciamo si e no il volto, ma la voce non la scambieremmo certamente con un'altra... ora questa voce tace... ma risuonerà a lungo dentro di me, dentro di noi.
  

emilio campanella


Pippo Delbono ha presentato al Verdi di Padova il suo spettacolo "floreale" del 2014 , dal quattro all'otto marzo.

Confermando la sua vocazione di regista demiurgo ha inziato come voce fuori campo (in realta', alle spalle degli spettatori) snocciolando consigli comportamentali, poi commenti intorno ad opinioni, appunto, e giudizi sul suo teatro, osservazioni e riflessioni sulle banalità legate a consigli e suggerimenti.

Verso la fine di questa lunga premessa una donna in rosso ha iniziato ad aggirarsi per la scena, anche con gesti di grande entusiasmo. Pippo continua a raccontare ed a raccontarsi lungo tutta la durata dello spettacolo, costruito con la consueta episodica, un po' a "pezzi chiusi", in realtà, molto strettamente legati da un filo sotterraneo ben coerente, alternando momenti piu' drammatici, ad altri piu' distesi, a certi quasi festosi.

Luca Ballarè, fra i molti ruoli fa il Nerone in un omaggio all'opera invisa dal fascismo, di Pietro Mascagni. Ci sono spunti coreografici che a momenti mi hanno ricordato Twyla Tharp.

Bobò spesso seduto in poltrona, anche in interni di design, grazie alle proiezioni che costituiscono la scena e le sue variazioni, suggestioni, influenze, ispirazioni, desunte da film dello stesso Delbono.

Una soluzione scenotecnica a tratti efficace, talaltra dispersiva della concentrazione maggiore che certe scene potrebbero avere. Si scende spesso in platea, e si offrono pasticcini. la compagnia fa percorsi danzati con una semplice sequenza di movimento, cui il pubblico, pur invitato, partecipa poco, e di questo viene rimproverato.

Un chiaro e dichiarato omaggio a 1980 di Pina Bausch, il primo spettacolo della coreografa, (di cui poi divenne grande amico e che molto lo stimava) che vide e che provocò il ben noto shock positivo.

Come quello - dedicato a Rolf Borzik, compagno della coreografa- anche questo nasce da un grande lutto, la perdita della madre che Pippo ricorda spesso, anche grazie ai suoi commossi filmati. La profonda differenza sta nel fatto che 1980 decreto' l'inizio del nuovo lavoro della Bausch, mentre Orchidee non è ancora una svolta... ci sono momenti intensissimi, come sempre, ed altri meno convincenti.

Un sapiente uso del corpo anche nudo nella sua bellezza e nella sua forza che puo' evocare grande amore, ma anche grandissimo dolore... infatti una corsa liberatoria viene poi attirata nel cerchio di una danza macabra, che ritornera' nei saluti... bisogna ammetterlo, un po' pasticciati, peccato, e si sa quanto siano importanti!

Notevole la colonna sonora, struggenti molti momenti; da abbracciare e stringere forte Pippo che danza in maniera "pasticciata" il suo dolore, il suo amore, la sua rabbia, il suo affetto... ho pensato a Kazuo Ohno, a volte... lontanissimi ma vicinissimi, secondo me... uno spettacolo imperfetto ma con momenti molto alti... alla prossima, anche meglio, Pippo Delbono!
  

emilio campanella


POTERE E PATHOS, Bronzi del Mondo Ellenistico, al fiorentino Palazzo Strozzi, dal 14 Marzo al 21 Giugno.

Una mostra quasi di studio, che attraverso poco meno di cinquanta pezzi esposti compie una ricognizione intorno all'arte bronzistica dell'antichita': i motivi delle scelte di questa delicata fusione, i temi ricorrenti, le ragioni votive e celebrative, le varie dimensioni, gli stili di riferimento, le copie grazie alle quali conosciamo opere di artisti di cui nulla e' rimasto.

L'esposizione ha dalla sua lo spazio, il respiro che le statue hanno intorno, ed ovviamente l'agio di vederle da tutti i lati: che siano teste, busti, grandi figure intere, piccoli modellati, ed in piu', illuminate con grande attenzione, sono corredate da un apparato informativo agevolmente leggibile, sintetico e bilingue.

Abbiamo di fronte, personalita', atleti, divinita'. Le grandi dimensioni: grandezza naturale, ed anche molto di piu', ci danno la misura dell'effetto emotivo che queste figure perfette potevano avere sulle persone che le vedevano; i potenti rappresentati potevano essere certi della forza d'impatto della loro immagine nei fori, tanto piu' che molte sono copie romane ed in quei luoghi venivano ammirate, ed anche temute.

Gli atleti erano spesso rappresentati in momenti di riposo, i corpi perfetti rilassati, i muscoli guizzanti, appena dopo la prova che li aveva visti vincitori. Gli dei con gli attributi della loro potenza, gli sguardi spesso furenti di severita'.

Ora i materiali hanno un colore molto diverso, dopo secoli, talvolta, di permanenza nelle profondita' marine, le orbite sono vuote, ma i volti perfetti ancora testimoniano dell'indubitabile fascinazione che dovevano esercitare con i magnifici occhi in paste vitree od in avorio... alcuni li hanno ancora. Basti pensare a quelli straordinari delle statue ercolanensi esposte al Museo Archeologico Nazionale di Napoli.

Ed anche qui la TESTA-RITRATTO DI UOMO CON KAUSIA dallo sguardo penetrante degli occhi forse in faience, forse in alabastro, da Pothia, Museo Archeologico di Calimno, ritrovata nel 1997, nel Mar Egeo, al largo dell'isola di Calimno. Nella stessa seconda sala si ammira la TESTA DI CAVALLO DETTA "MEDICI RICCARDI" appena restaurata, della seconda met‡ del IV sec. a.C. Bronzo con tracce di doratura dal Museo Archeologico Nazionale di Firenze.

Il percorso espositivo e' diviso in sei sezioni che prendono in esame differenti punti di vista della materia. In due salette esemplificazioni didattiche di tecniche e modalita' esecutive relative all'argomento.

Al Museo Archeologico Nazionale, un'ideale continuazione sara' rappresentata da: PICCOLI GRANDI BRONZI, Capolavori greci, etruschi e romani, dal 20 Marzo al 21 Giugno. In questo modo si tocca un argomento profondamente radicato a Firenze e legato agli scavi ed alla sensibilita' di Cosimo I De' Medici cui risale il nucleo iniziale di queste collezioni.

La mostra di Palazzo Strozzi nasce da una collaborazione con il J. Paul Getty Museum di Los Angeles dove sara' esposta dal 28 Luglio al 1 Novembre e la National Gallery di Washington dove sara' dal 6 Dicembre 2015 al 20 Marzo 2016.

Un ottimo catalogo e' pubblicato da Giunti. A conclusione ricordero' la STATUETTA DI ERACLE IN RIPOSO, III sec. a.C. o I sec. d.C. copia di un bronzo lisippeo del IV sec. a. C. Bronzo, argento, da Chieti, Museo Archeologico Nazionale d'Abruzzo. Una piccola meraviglia di trentanove centimetri con la base, di assoluta perfezione esecutiva, ritrovato a Sulmona nel 1959, ed il possente ERACLE EPITRAPEZIOS, I sec. a.C., I sec. d.C. dal Museo ARcheologico Nazionale di Napoli, e ritrovato in Campania nel 1902.
  

emilio campanella


Contrariamente alle mie abitudini partiro' dalla fine e diro' cio' che non va bene in questa bellissima mostra, e che e', peraltro, pochissimo: GHERARDO DELLE NOTTI, cosi' veniva chiamato l'olandese Gerrit van Honthorst, fa parte del percorso museale della Galleria degli Uffizi, e questo e' il problema; se da una parte per raggiungere le sale del primo piano si percorre tutto il secondo con il meraviglioso bombardamento di capolavori e le inevitabili fermate a salutare "vecchi amici", altrettanto ci si trova nella fiumana turistica non sempre sensibile, od anche stremata, e questo si comprende benissimo, pero', se la mostra e' indicata in maniera poco chiara, ed io l'ho vista, per la prima volta, guarda caso, a rovescio,  questo mi ha dato la gioia di ripercorrerla tutta nella direzione giusta, altrettanto ci si trova con persone che scivolano rapidamente per le sale, distrattamente, e non ne capiscono il senso, anche se l'allestimento e' curato, le luci assolutamente perfette le didascalie ben evidenziate.

Fino al 24 Maggio, dunque, GHERARDO DELLE NOTTI, quadri bizzarrissimi e cene allegre, prima esposizione dedicata al pittore olandese, al suo percorso europeo, i suoi ispiratori, i suoi successori, la sua avventura italiana, il suo stile, e naturalmente l'uso sapiente della luce nelle sue "messe in scena". Il percorso parte prima della sua apparizione, con esempi di artisti di poco precedenti o coevi, ma che determinarono la sua formazione.

Si parte con Luca Cambiaso ( CRISTO DAVANTI A CAIFA del 1570, dal genovese Museo dell'Accademia Ligustica, drammatica scena con la luce che piove dall'alto) e con Caravaggio (l'impressionante CAVADENTI del 1609 da Palazzo Pitti) fra gli altri.

Numerose tele in rappresentanza del periodo italiano, fra gli anni dieci e gli anni venti del 1600. Qui si cominciano a notare modalita' che, mutuate da altri e rielaborate, influenzeranno fortemente contemporanei e successori: le sue scene notturne, appunto, la luce delle candele od altre fonti di grande effetto scenografico, con contrasti di ombre, figure fortemente illuminate, effetti di controluce... temi d'ispirazione ed ovviamente, di committenza, ricorrenti, che si riincontrano da una sala all'altra, in cui si possono raffrontare le differenze d'impianto, le particolarit‡ della composizione, le fonti di luce, ovviamente! Le ambientazioni sono quasi sempre notturne, che siano esterni od interni; le figure hanno sempre grandi contrasti luministici. Sono soggetti sacri e profani.

Tutte le persone che vediamo sono molto umane nelle loro reazioni, nel gestire, anche nelle tensioni...ci sono silenzi quando sono singole in meditazione, emozioni forti che traspaiono dai volti nelle scene drammatiche, clamore in quelle di feste e banchetti...anche le situazioni più  fosche non sono mai veramente violente, non i martirii,  neppure quelle di derisione di Cristo, oppure le negazioni di Pietro. Convivialita' e giochi di sguardi, nativita' estatiche, pacate  scene di vita a Nazareth. Estremamente denso CRISTO DAVANTI A CAIFA, 1615-1616 dalla National Gallery di Londra.

Nell'ultima sala della sezione: ADORAZIONE DEI PASTORI del 1619-1620, dal Corridoio Vasariano. Opera che si salvo' dall'alluvione del 1966 e fu alla mostra: "DIPINTI SALVATI DALLA PIENA DELL'ARNO, 4 Novembre 1966, esposti alla Galleria degli Uffizi", dal 21 Dicembre 1966. Non si salvo', invece dalla furia dell'attentato della notte fra il 26 ed il 27 Maggio 1993 che costo' la vita a cinque persone, danneggio' ottanta dipinti e tre statue romane. Le schegge hanno "grattato" la tela lasciando ben poco di intelligibile.

La sala dedicata a questo sfortunato dipinto, e' una sorta di installazione documentario, un tragico "son et lumières": immagini dei soccorsi, bagliori di fiamme, grida, voci concitate, ululati di sirene, pompieri che accorrono, e pian piano, per plaghe riappare la tela com'era, nella sua luce morbida, poi nuovamente svanisce e torna quella "cruda" sul suo stato attuale. Danni, vittime causate dalla follia umana. Un episodio simile ad altri di questi tempi, in cui si distruggono vestigia di civiltà ed opere d'arte, oppure si assalta un museo e si fa una strage, come Al Museo del Bardo di Tunisi.

Tornando a Gherardo, c'e' poi il periodo olandese, e di seguito l'ampia sezione dedicata a chi prese il testimone del suo genere di pittura e propago' la moda dei dipinti in cui le candele sono al centro, quasi piu' dei personaggi rappresentati. Un'altra indimenticabile particolarita' della pittura di Gherardo delle Notti e' la sua capacita' di rendere la luninosita' degli incarnati, la morbidezza dei corpi investiti, o piuttosto accarezzati dalla luce, i chiaroscuri, i controluce, come in CENA CON IL SUONATORE DI LIUTO del 1619-1620 della Galleria degli Uffizi, non a caso scelto come simbolo della manifestazione, in cui convivialita', scherzo, divertimento e sensualita' concorrono a rendere l'atmosfera festosa in questo quadro bizzarrissimo di una cena allegra, appunto.
  

emilio campanella