ORSI ITALIANI


Le recensioni di Emilio Campanella

FEBBRAIO 2010


A SINGLE MAN - ELEKTRA di Richard Strauss  - SOUL KITCHEN - CIMA DA CONEGLIANO - I PRERAFFAELLITI E IL SOGNO ITALIANO - DA BRAQUE A KANDINSKY A CHAGALL


Ho letto, molti anni or sono, l'intenso racconto omonimo di Christopher Isherwood, prima di vivere, piu' di una volta, la perdita di un grande affetto.
Non so ora, quanto e quanto diversamente, potrebbe colpirmi, alla luce dell'esperienza.
Adesso abbiamo l'occasione di vederlo, portato sullo schermo, con sobrieta' e misura, da Tom Ford, al suo primo film, risultato di una lunga e pensata gestazione.
Dopo le esperienze nel mondo della moda e del grande lusso, ha deciso di fondare una sua casa di produzione, e di mettersi dietro la macchina da presa, per cosi' dire.
Si tratta di un lavoro costruito , si, con solida abilita', apparentemente troppo patinato, motivato anche dall'esperienza dell'autore, ma non solo.
Con alcune punte di mélo, ma accennate, forse potra' spezzare un'ulteriore lancia, in un paese retrivo come il nostro, per i diritti delle nostre diversita'.
Vero e', che questa California dei primi anni ' 60, non e' molto lontana dall'immobilismo sociale dell'Italia di questi nostri tristi anni.
Vengo, dunque a cio' che mi ha suscitato la cura d'ambientazione, l'arredamento degli interni, le acconciature, gli abiti, sino al taglio dell'immagine nei vari momenti temporali descritti.
Da', secondo me, misura dell'atmosfera soffocante, prima delle rivolte della fine di quel decennio. George, docente inglese in un college di Los Angeles, e' bloccato fra algide convenzioni sociali: un'insopportabile famigliola di vicini, tanto carina e per benino, da dare il voltastomaco, con la sua ipocrisia; l'ambito universitario asfittico, in cui il protagonista (un Colin Firth bravo come e piu' di sempre: misurato, umano, fragile, sensibile, e giustamente premiato con la Coppa Volpi come miglior attore, alla MOSTRA) 'naviga a vista', in quest'ultima giornata della sua vita - prepara il rituale di un suicidio - che finira', peraltro, in maniera molto differente da come sembrerebbe aspettarsi... forse... dopo otto mesi dall'incidente automobilistico che gli ha strappato l'amatissimo Jim, dopo sedici anni di relazione.
George, dunque, si trascina faticosamente, al di la' dell'apparenza irreprensibile, lungo un venerdi che e' un po' una giornata di addii, repulisti in studio, dopo un'emblematica lezione partendo da Aldous Huxley, passera' in banca per vuotare la cassetta di sicurezza; giornata di preludio ad un vuoto ed angoscioso week end, dopo uno spaventoso risveglio, come da molti mesi a quella parte, dalla tragica perdita di una parte di se'.
Un giorno come un lento dissanguamento, che non sfugge al suo giovane studente Kenny (un credibilissimo Nicholas Hoult), che desidera conoscerlo meglio, poiche' ha la sensazione che fra di loro ci siano delle affinita'; ed in effetti, si ritrovano casualmente in un locale (quello stesso dello storico incontro con Jim), la sera, davanti ad un bicchiere di scotch, e prima di una nuotata in mare. Nessuno dei due dice o fa troppo; sono prudenti, frenati, anche dai reciproci ruoli sociali, poi vorrebbero giocare a carte scoperte, e quasi ci riusciranno.
Il film e' montato molto bene,  scandito da un ritmo coerente ed inesorabile; ogni episodio e' motivato, tanto quello del giovane spagnolo 'che somiglia a J.Dean', come la serata con la vecchia amica Charley, una Julianne Moore straordinaria, elegantissima, poliedrica e malinconicamente folle nella sua fallimentare solitudine, una deuteragonista memorabile.
E' espressivo Matthew Goode (Jim) nel ricordo di George, animato in vari flashback accuratissimi nell'ambientazione d'epoca, ed attenti a non calcare sul pedale melodrammatico.
Un'esordio di tutto rispetto.

emilio campanella



Un ponte impalcatura metallico blu, ballatoi praticabili, scale, l'orchestra disposta intorno alla pareti del palcoscenico, il proscenio illuminato, sola, una vecchia poltrona di colore indefinito, simbolo evidente del re assassinato.
Un notissimo pezzo di Jan Garbarek contribuisce a creare un'atmosfera di attesa, cominciano ad apparire i personaggi, Elektra s'inginocchia dinanzi alla poltrona, mezze luci, poi buio in sala.
Al cenno del direttore, si apre questa tragedia con i tremendi accordi iniziali: meno di due ore di tensione e di scatenamento di passioni, di urla, di terrore,  senza bisogno d'intervallo.
Questa la visione di Richard Strauss e di Hugo von Hoffmansthal (alla loro prima collaborazione) intorno ad un episodio della faida degli Atridi, filtrata dalla sensibilita' psicoanalitica di inizio ' 900. Dopo la riduzione a libretto della tragedia preesistente ed ispirata a Sofocle, con peraltro pochissime aggiunte, l'opera vede la luce a Dresda nel 1909.
L'attenta e precisa regia di Manfred Schweigkofler, misurata e concreta al tempo stesso, immagina la reggia di Micene, come in restauro dopo il colpo di stato, il blu in alto, per l'alta societa', buio, abbandono e follia, in basso, nella concezione scenica di Hans-Martin Scholder e nella bella realizzazione di Michele Olcese.
La rappresentazione del 14 Febbraio, al Teatro Comunale di Ferrara, vedeva in scena un secondo cast di notevole portata: Elektra, Elena Popovskaya, intensa, autorevole, insinuante, pazza visionaria, in un ruolo che la vede, praticamente, sempre in scena.
Chrisothemis, altrettanto intensa, Maida Hundeling, oltreche', anche lei, molto bella, a far da contraltare caratteriale della violenta sorella; Klitamnestra, Anna Maria Chiuri, efficacissima virago gia' morta-vivente, preda dei suoi incubi e delle sue ossessioni, con trucco e costume di grande suggestione, come sono, per diverse ragioni, efficaci, tutti i costumi, che pescano evocazioni da tante differenti culture, senza connotare temporalmente la vicenda, com'era espressa intenzione degli autori.
Fragile l' Aegisth di Richard Decker, e notevole, trepido, giustamente allucinato l'Orest di Wieland Satter. Le orchestre: Haydn di Bolzano e Trento, e Regionale dell' Emilia Romagna erano dirette con molta precisa attenzione da Gustav Kuhn, specialista anche in questo genere; attento distillatore delle cupe atmosfere di questa fosca 'puntata' della saga.
Infatti non e' finito l'orribile coacervo dei legami di sangue e delle vendette, poiche' le Erinni, lo sappiamo, appariranno fra pochissimo.
Il festino di morte introdotto dall'antefatto narrato dalle ancelle, si conclude, per un'altra felice intuizione del regista, con un tulle nero che cade ed avvolge Elektra, la quale si agita come una menade (i gesti di Elena Popovskaya, sono pochi, misurati, efficaci, quanto potente e' la sua voce, qui nel finale, in particolar modo) sino a crollare fulminata dalla sua stessa ossessione-possessione. Ha terminato la sua parte, tocca ad altri, ora, trascinarsi in quel (questo!) mondo orroroso.
Le belle luci espressioniste di Andrej Hajdinjak contribuiscono fortemente a rendere le atmosfere di questo bello spettacolo coprodotto dal Teatro Comunale di Bolzano, il Teatro Comunale di Modena, il Teatro Municipale di Piacenza ed il Teatro Comunale di Ferrara.

emilio campanella

Novantanove minuti di divertimento intelligente ambientati ad Amburgo, in scorci diversissimi, suggestivi, desolati, eleganti, trendy, ce n'e' per tutti in questa storia picaresca ed esistenzialmente profonda: l'amore, la coppia, l'amicizia, la liberta', il gioco, la fantasia, il rischio, il piccolo crimine... il film si e' giustamente meritato il Premio Speciale della Giuria di Venezia 66, anche se io avrei assegnato questo premio al pur meritevole 'Women Without Men' di Shirin Neshat ed avrei dato il Leone D'Argento che quel film ha avuto, ad Akin, ma, si sa, le giurie hanno le loro idee!
Il protagonista Adam Bousdoukos e' anche coautore della sceneggiatura, ed il personaggio di Zinos Kazantsakis e' infatti un greco-tedesco  costruito su di lui (mentre il regista e' un turco-tedesco); il nostro ha una storia con l'infida Nadine (Pheline Roggan), che ha qualche suo motivo, dato che lui e un po' casinaro (ma noi stiamo dalla sua parte, anche perche' e' pronto ad imparare ed a mettersi in discussione!).
Zinos ha un fratello (l'impagabile -in tutti i sensi- Moritz Bleibtreu, che qui a Venezia abbiamo visto crescere, dai tempi di LOLA CORRE, e ch'e' un attore che definire poliedrico e' poco!), Illias,  di cui non dovrebbe fidarsi MAI; in piu' c'e' una serie di personaggi uno piu' folle dell'altro, dalla cameriera pittrice Lucia Faust (Anna Bederke, molto bella e molto brava) che e' soprattutto pittrice, ma per sbarcare il lunario serve in tavola nel pazzo locale in questione, e poi non bisogna dimenticare lo chef (filosofo creativo) di Shayn Weiss.
La vicenda, condita con ottima musica ed ottima cucina, mi fa pensare a certi libretti d'opera barocchi, dal meccanismo ad orologeria che ad un certo punto comincia a guastarsi, e tutto va a rotoli, poi, come per incanto, una pietruzza s'incastra al momento opportuno  nell'ingranaggio giusto, e tutto torna a funzionare.
Anche qui e' un po' la stessa cosa: i guai arrivano uno dopo l'altro, e poi, proprio a grappoli.
L'ottimo ritmo del film e' dato da tanti elementi ben equlibrati fra loro: una buona sceneggiatura su un soggetto intelligente, una buona interpretazione di tutti gli attori, un buon montaggio ed una regia agile, ed in piu' la musica e' sempre ben scelta e motivata.


emilio campanella

Dopo molti anni, ed un accurato restauro, Palazzo Sarcinelli a Conegliano Veneto, propone una mostra, dedicata ad uno dei suoi concittadini piu' illustri.
Si tratta di: 'CIMA DA CONEGLIANO, poeta del paesaggio', che rimarra' aperta sino al 2 Giugno prossimo.
Prima esposizione importante in Italia, dopo quella trevigiana del 1962, nell'allestimento di Carlo Scarpa.
Il curatore e' gia' una garanzia, essendo quel Giovanni Carlo Federico Villa cui si debbono l' ANTONELLO , ed il GIOVANNI BELLINI delle Scuderie del Quirinale, e che programma, nello stesso luogo LORENZO LOTTO e BARTOLOMEO MONTAGNA a Vicenza, nei prossimi anni. Insomma, uno studio-ricognizione sulla grande scuola pittorica veneta fra quattro e cinquecento.
Essendo lo spazio, esiguo, si e' scelto di 'limitarsi' al solo dedicatario della manifestazione, ed a 'solo' una quarantina di opere certe e di altissimo valore.
Il catalogo e' pubblicato da Marsilio, l'allestimento e' sobrio, le luci molto accurate, 'avare' le didascalie, data l'incertezza delle date di esecuzione dei dipinti, in una carriera, peraltro, non lunghissima e dai viaggi limitati; i visitatori avranno, pero' insieme al biglietto, gratuitamente, l'audioguida che fornira' loro ogni esauriente informazione.
Il percorso e' distribuito in sette sale, tanto raffrontando i temi, come le Madonne con Bambino, od i frequenti S.Gerolamo, cui la devozione popolare tributava grandi onori. Attento e' lo sguardo a come il pittore desse importanza al paesaggio in cui ambientava gli episodi trattati, mai di fantasia, ma ben riconoscibili luoghi del territorio; in questo, a modo suo, un innovatore, che motivava le sue scelte, dopo essersi liberato dei fondi oro.
E quando ancora sono presenti, come nelle tre parti esposte del Polittico di Olera (cimasa con Madonna ed il Bambino, S.Sebastiano, S.Rocco), le figure se ne staccano, con un trattamento particolarmente accurato, e proprio manuale del colore oltre alla dinamica rappresentazione dei soggetti stessi.
Insomma, un'occasione, questa, per ribadire l'importanza di questo artista di 'passaggio', tre's-d'union fra Bellini e Giorgione e Sebastiano del Piombo, come anche da Antonello a Lotto, per due differenti, ma non lontanissime direzioni...
Occorre ulteriormente notare come ogni figura sia dipinta quasi come un ritratto, e va osservata l'importanza data allo sguardo del soggetto, oltre al volto ed all'espressione.
Sono presenti in mostra tondi a tema profano, dipinti su tavola, provenienti dalla Galleria Nazionale di Parma(  Il sonno di Endimione, Mida assiste alla contesa musicale tra Apollo e Pan), e frammenti di cassone provenienti dal Museo Poldi Pezzoli di Milano (Bacco incorona Arianna...) e dal Philadelphia Museum of Art (Sileno ubriaco..., e Satiro con botticella) di notevole interesse, che danno la misura del legame di Cima con il mondo culturale del suo tempo, con gli umanisti, i miniatori, gli scultori come i Lombardo, i letterati, gli editori come Aldo Manuzio.
Aggiungo solo L'incredulita' di S.Tommaso e S.Magno Vescovo delle Gallerie dell'Accademia di Venezia, per il perfetto equilibrio spaziale fra le tre figure sotto un sobrio ed elegantissimo portico, la luce del cielo di fine primavera, il sole che illumina il paesaggio con cavaliere sullo sfondo; San Tommaso, quasi di spalle, con il dito puntato, che guarda in faccia Cristo il quale, lo sguardo rivolto in basso. Sulla sua mano che ha fermato, appena in tempo, quella dell'incredulo.
Il Santo Vescovo, osserva attento, e sembra riprovare tanto ardire...si potrebbero scrivere pagine su pagine!

emilio campanella


I PRERAFFAELLITI E IL SOGNO ITALIANO, da Beato Angelico a Perugino, da Rossetti a Burne-Jones                              
In questo modo si presenta la mostra del Museo d'Arte della citta' di Ravenna (Loggetta Lombardesca), con un intento esplicativo riferito all'ispirazione primigenia di questi pittori inglesi della seconda meta' dell' ottocento, originata dal loro amore per la pittura italiana tra quattro e cinquecento, ma anche intorno ad atmosfere medioevaleggianti.
Si parte, infatti,  dalla prima sala costellata di eccelsi esempi da Beato Angelico a Lorenzo Costa a Perugino, ma poi nella seconda si passa subito al XIX secolo, cosicche' il risultato e' un effetto patricolarmente schematico, anche se i disegni che riproducono gli affreschi del Camposanto di Pisa (Rossi-Lasinio) ammorbidiscono il passaggio, e sono interessantissimi e lodevoli nel loro intento, che portera' Ruskin ed altri ad un impegno indirizzato al salvataggio ed al restauro di opere antiche.
C'e' un profondo interesse per la storia e la letteratura dell'Italia, ed infatti, molto di cio' che e' presente, di paesaggi, della Toscana, del Centro Italia, di Verona, di Venezia, compone un'atlante della penisola amata dagli inglesi del tempo, primi turisti moderni al mondo, ed in questo caso, coltissimi!
Sono convinto che la manifestazione avra' un grande successo, tanto nelle date ravennati (28 Febbraio, 6 Giugno), quanto in quelle d'oltre Manica (Oxford, Ashmolean Museum, 15 Settembre, 5 Dicembre).
Ci sono molte belle cose, altre interessantissime, ma ne vorremmo, ovviamente, di piu'; prendiamolo come un assaggio, per quanto nutrito: e' un'esposizione elegante e meditativa, educata e suggestiva, tentativo onesto di inquadrare il profondo amore che questi artisti portavano per il nostro paese e la sua cultura, un modo per avvicinarsi, di interpretarne la storia, la letteratura, il paesaggio, fra tele, disegni acquerelli di Boyce, Brett, Burne-Jones,  Crane, Dyce, Lear, Paton, Rossetti, Ruskin ed altri.
Estrapolo alcuni magnifici dagherrotipi, ed altrettanti disegni di Ruskin, appunto, LA MUSICA di Rossetti (Ashmolean), I BORGIA (Victoria and Albert), ed AURELIA (Tate) che mi ha fatto pensare, nella sua magnificenza, ad una Mèlisande interpretata da Glenn Close! Anche questi del medesimo pittore. In chiusura un ampio discorso sui mosaici di Burne-Jones a S.Paolo dentro le mura di Roma. Catalogo Silvana.

emilio campanella



DA BRAQUE A KANDINSKY A CHAGALL, Aime' Maeght e i suoi artisti, Ferrara, Palazzo dei Diamanti 8 Febbraio, 2 Giugno.                                  

Questa la mostra di primavera proposta da Ferrara Arte, un'occasione per accostarsi ad una grande personalita' del mondo dell'arte moderna; con grande leggerezza, oltreche' proponendo emozionanti capolavori che spaziano dagli anni '20 (Pierre Bonnard, Fanciulla distesa) agli anni '70 (Eduardo Chillida, Terra XXIX) del secolo scorso.
Contrariamente  a quanto si poteva temere, e' un'esposizione parca, ma non certo avara.
C'e' molto spazio, molto respiro, anche perche' di questo hanno bisogno opere come quelle di Braque, di Miro', di Calder, ad esempio, ma anche, ed in maniera diversa, quelle di Giacomertti, di Matisse, Chagall, Kandinsky.
Il percorso espositivo abituale del palazzo parte da Parigi e le varie sedi della galleria ed arriva a Saint Paul de Vence, rendendoci edotti intorno agli stretti, amichevoli rapporti di Aime' Maeght e gli artisti con i quali instaura profique collaborazioni professionali.
Le sezioni della mostra sono dedicate precipuamente ai pittori di cui ogni sala e' anche un po' una personale, ma senza schematismi poiche' ci sono compresenze ed anche momenti collettivi.
Molta importanza si e' data alla linea editoriale della galleria: Derrière le miroir, ed alle sue monografie, cosi' come alla testimonianza fotografica. Tutto sarebbe da prendere in esame, data l'importanza di ogni pezzo, proporro' qualche suggerimento, come i due uccelli in filo di ferro di Calder, che mi piacerebbe vedere sotto luci semoventi, in modo da goderne il movimento nelle ombre (ho pensato a certe tecniche di Kentridge), Piccola creatura con tre seni -ancora Calder- , un personaggio pieno di carattere, con scarpe da carattere (nel senso della danza).
Le ultime due sale sono dedicate alla Fondazione creata, su suggerimento di Braque e Le'ger, per superare con un atto creativo, un centro per l'arte contemporanea, la tragedia della perdita del giovanissimo figlio, Bernard. Sono esposte 17 fotografie che testimoniano delle varie fasi dei lavori e dell'inaugurazione, come delle NUITS DE LA FONDATION MAEGHT animate da presenze di star internazionali della musica e della danza, un bozzetto dell'Uccello Luce e nove  dell'Arco della Fondazione, sempre del catalano.
In chiusura, sospesi al soffitto i 3 SOLI GIALLI di Calder, il CANE di Giacometti, pronto a seguirci, tanto e' vibrante nel movimento, e naturale l'attitudine ad annusare; GLI UCCELLI NERI di Braque, emozionanti con il loro contrasto di nero ed azzurro; di fronte: LA FATICOSA MARCIA... di Miro', DONNA IN PIEDI ed UOMO CHE CAMMINA I (Giacometti), ai lati dell'uscita.
Una manifestazione pienamente riuscita, che merita di essere fruita in tutta tranquillita', per godere del profondo respiro di opere notevoli come qualita', ed accostate con attenzione in modo che si valorizzino vicendevolmente.
Si ritrova, in queste sale, l'atmosfera della Fondazione, il profumo dell' 'arrière pays' della Costa Azzurra il Mistral che soffia in mezzo ai pini! FERRARA ARTE ha pubblicato un documentatissimo catalogo.

emilio campanella


ORSI ITALIANI