ORSI ITALIANI


Le recensioni di Emilio Campanella

Agosto - Settembre 2013


TEATRO AD ALTE TEMPERATURE - TUVALU ED ALTRO... - ESTATICHE VISIONI, INTERIORI SUGGESTIONI, MISTICHE  EVOCAZIONI - UN ELEFANTINO ROSSO - AVETE VISTO ALICE? - SPECIALE 70.a MOSTRA DEL CINENA DI VENEZIA: LA SOLITUDINE DELL'ARBITRO - SCHABBACH 1842 - FACCIA A FACCIA NEL VICOLO - UNA PATRIA PICCOLA PICCOLA - L'ANGOSCIA DEL TERRORISTA DILETTANTE - UNA TRAGEDIA IRLANDESE - BALLANDO CON UN OMOFOBO -  IL TOCCO DEL MAESTRO - NON INVITATE GLI SCONOSCIUTI! - GIOCATTOLI & ALTRO - INTREPIDO CUORCONTENTO - UNE PROMESSE - CANI RANDAGI, CANI SCIOLTI, CANI PERDUTI SENZA COLLARE - LA PRIMA NEVE - CHE STRANO CHIAMARSI FEDERICO - RIFLESSIONI ED OSSERVAZIONI DEL SETTE SETTEMBRE

Aldila' dei giochi di parole e delle suggestioni sottintese, suggerite, si tratta soltanto dell'opinabile scelta del direttore del Settore Teatro della Biennale di Venezia, Alex Rigola, di decidere le date dal 2 all'11 Agosto, per lo svolgimento del 42.o Festival Internazionale del Teatro.
In effetti alcune testate, nella persona dei loro critici non erano presenti, cosi' come il pubblico locale.
Se le rappresentazioni erano quasi affollate, cio' era grazie, soprattutto agli allievi dei seminari che si svolgevano contemporaneamente. Al solito questi ragazzi si sono trovati in una citta' carissima, senza alcuna facilitazione, ad affrontare i loro dieci giorni veneziani a rischio di essere quotidianamente pelati vivi dai prazzi correnti.
Ma lo si sa da ormai molto tempo, vedendo come le stesse situazioni si producano durante la kermesse cinematografica.
Faro' di seguito un breve resoconto del magro carniere che mi trovo a considerare, a fine rassegna.
Premetto che ho visto soltanto sei spettacoli, e che ne salvo uno e mezzo, che ho perduto, pare, alcune cose importanti, e che ho lottato, come tutti con il caldo torrido ed un tasso di umidita' inimmaginabile.

EL VIENTO EN UN VIOLIN, Claudio Tolcachir/Timbre 4. Teatro domestico, come dal nome della compagnia, che fa riferimento ad un indirizzo privato, rappresentata al Teatro Goldoni il 5 Agosto, questa pièce mostra vari ambienti ed alcuni spaccati di umanita' variamente angosciata, nevrotica, violenta, isterica, depressa, Un microcosmo di personaggi tutti collegati con i loro inferni privati comunicanti e variamente reagenti in cortocircuiti, talvolta apparentemente risibili, piu' spesso disperati. Due ragazze vogliono un figlio, e non trovano di meglio che puntare il coltello alla gola di un bel ragazzone per farsi 'donare' il suo seme. Il povero giuggiolone e' figlio di una signore presso la quale la madre di una delle due fa la governante; aggiungete uno psicoanalista freudiano disonesto e squinternato ed avrete tutti gli ingredienti. Attori bravissimi, scene in economia, belle luci e molta onesta', che non e' poco!

MARKETPLACE 76 Jan Lauwers/ Needcompany. 6 Agosto Teatro alle Tese, viene presentato come teatrodanza, questo spettacolo di rievocazioni e celebrazioni di 'efferatezze belghe' affastellate, mostrate, narrate, cantate, suonate e ballicchiate da una compagnia di altissimo livello fra tecniche brechtiane e musical'. Cito il bravissimo Julien Faure, attore dalla fisicita' prorompente, e danzatore di razza, ed il bellissimo orso Benoit Gob.

IO FIORDIPISELLO di Tim Crouch. Accademia degli Artefatti, 7 Agosto, Teatro Piccolo Arsenale... che dire, e' la prima volta che una regia di Stefano Arcuri mi delude... questo gioco dell'elfo della corte di Oberon un po' ubriaco un po' rincitrullito, regge a malapena i trenta minuti, ma non certo i settantacinque che il povero Matteo Angius tenacemente persegue e regge cercando di convincerci e di coinvolgere, peraltro, macchinalmente alcuni intervenuti, sotto l'egida dello stesso Arcuri alla consolle... ma senza riuscirci, peraltro.

EL ANO DE RICARDO, Angelica Liddel/ Atra Bilis Teatro. 9 Agosto, Teatro alle Tese. L'animatrice di questo delirio affabulatorio urlato per centoventi minuti, si e' meritata il Leone d'Argento per il suo lavoro, Secondo alcuni sessanta minuti sarebbero bastati, secondo altri, cinquanta sarebbero stati gia' troppi...

NATURA E ORIGINE DELLA MENTE, no, di questo dopo... EIN VOLKSFEIND. Thomas Ostermeier/Schaubuhne, al Teatro Goldoni, 10 Agosto. Una pièce di Ibsen, neppure delle maggiormente ispirate, in una attualizzazione neppure troppo riuscita, con happening neanche troppo convinto, anche qui, per fortuna, una compagnia ad altissimo livello. Torno indietro e parlo ora, in chiusura del lavoro di Romeo Castellucci e della Societas Raffaello Sanzio, meritatissimo Leone d'Oro alla carriera.

NATURA E ORIGINE DELLA MENTE e' il risultato del lavoro di un seminario, e peraltro il primo proposto, non a caso, data la forza delle suggestioni. I quaranta minuti della performance sono stati presentati alle Tese dei soppalchi cui si accede da un portone che mi incuriosiva da anni, sotto la capriata delle Gaggiandre dell'Arsenale. Si entra in un'ampia sala altissima d'aria, in cui siamo colpiti da una donna sospesa in alto (si tiene solo con la forza di un dito come sembra ad alcuni?) ad uno ad uno attraverso un'apertura ch'e' una sagoma di donna... un cane amichevole e miagolante si muove fra il pubblico; cominciano frammenti di monologhi che si accavallano, si rispondono, s'interrogano; ad un certo punto i numerosi ragazzi sono tutti sdraiati l'uno accanto all'altro, rivestiti di tuniche bianche, ma hanno tutti quattro piedi che ne spuntano; poi si alzano, cantano, si muovono sino ad essere risucchiati dall'apertura attraverso cui siamo passati. Intravediamo forme che si muovono, corpi nudi avvolti da una luce calda. Si apre il portone di fondo e possiamo uscire portandoci dietro un bagaglio di suggestioni, di pensieri, di domande. Mi sembra illuminante una frase dello stesso Romeo Castelucci: 'non significare nulla ma suggerire tutto'. Appuntamento fra due anni, nella speranza che il direttore, in carica ancora sino ad allora, segua il consiglio dei suoi collaboratori e riporti il festival ad Ottobre.


emilio campanella
Alcuni mesi fa concludevo la mia nota relativa ai paesi ospiti per la prima volta alla Mostra Internazionale d'Arte, con la promessa di visitare il decentratissimo padiglione del TUVALU per completare quella ricognizione.

Questo pomeriggio, in una giornata piacevomente semiautunnale, dopo giorni di scirocco di quello che ti taglia le gambe, ero a Mestre per commissioni ed essendo nella zona della cosiddetta Piazza Barche, dove arriva il Canal Salso che porta direttamente in laguna, ed al Parco di S.Giuliano, quella che s'intravvede arrivando in treno ed in auto, all'altezza dell'edificio neoclassico ch'era la dogana austriaca, ed ancora prima, dove prendeva la nave Porzia nel shakespeariano Mercante di Venezia.

Ebbene, un autobus mi ha portato vicino alla zona ed ho sgambettato un po' per raggiungere l'ingresso del forte: complesso, costituito da molti edifici, anche in rovina, affascinanta, immerso nel verde ed attraversato da differenti importanti canali. Qui la Biennale ha deciso di ospitare il padiglione nazionale del piccolo stato del Pacifico.

Posso dar conto solo di un gruppo di installazioni, siccome alle 17,30 i due edifici laterali erano chiusi! Invece, sull'ampio spiazzo di fronte alla darsena un gruppo di pinguini bianchi in materiale lucido, una corte di grande dignita' ed importanza imperiale vive in una sua realta' sospesa, alle sue spalle qualcosa come la struttura di un pozzo di petrolio ospita una testuggine marina dall'aria angelicamente innocente - e vorrei vedere! - che sta per essere segata in due da una ghigliottina, ed all'alto capo, un povero toro dorato appeso per la coda; poco piu' avanti un altro gruppo di grande allure galleggia sull'acqua dello specchio antistante.

Sulla riva, noi possiamo far conversazione su sdraio o seduti in eleganti salotti di bambu'...in attesa che l'innalzamento delle acque faccia sparire le isole e gli atolli, anneghi persone ed animali... problema che ci tocca da vicino anche qui... un lavoro di grande forza, quello creato, tanto piu' che l'effetto e' acuito dalle modalita' espressive non lontanissime dall'estetica dei manga, e proprio per questo contrasto, piu' forti ed efficaci. Come accade per certe grafic novels che riescono ad incidersi nell'anima piu' dell'immagine fotografica, piu' della pagina scritta!


emilio campanella

SPECIALE 70.a MOSTRA DEL CINENA DI VENEZIA
Il film di Paolo Zucca, L'ARBITRO apre la rassegna LE GIORNATE DEGLI AUTORI e la PROIEZIONE SPECIALE si e' tenuta martedi 27 Agosto alla Sala Perla del Casino' del Lido di Venezia.

Dal 28 partira' VENEZIA 70, La mostra Internazionale d'Arte Cinematografica della Biennale, nella sua settantesima edizione.

Tutti numeri grandi, come i miei che da pochi giorni sono solo dieci meno di quelli della mostra, come i venti del mio accredito stampa.

Essendo un'unica proiezione in tutto il giorno, la sala era affollata; l'unica altra manifestazione era a Venezia, in campo S.Polo, la proiezione dell'edizione restaurata de LE MANI SULLA CITTA' di Francesco Rosi.

Zucca ha ripreso l'argomento di un precedente corto e si e' affidato ad un buon direttore della fotografia; ha scelto il bianco e nero - questa la sua motivazione - per tenere la vicenda, sempre un poco sopra le righe, o sotto, fuori dal piano della realta'.

Oltre all'Accorsi nel ruolo del titolo, qui un poco misterioso, algido, inquietante, ma non sempre, che si rivela particolarmente dotato per le arti marziali come per la danza, e che passa dall'empireo dell'arbitrato delle partite internazionali alla polvere di un campetto di paese, uno stuolo di caratteristi e di primi ruoli di grande livello, compone il cast: da Geppi Cucchiari, esilarante e volutamente eccessiva, a Francesco Pannofino che si diverte un mondo in un personaggio di 'vilain' da manuale, a Marco Messeri, Benito Urgu, Jacopo Cullin, Alessio di Clemente, fra gli altri.

Il regista, abile e sornione, ci racconta alcune storie e le intreccia con un buon montaggio alternato, e quella del titolo non e' certo quella principale, per quanto ce la presenti anche con rituali monastici ed atteggiamenti ed atmosfere da Inquisizione, ma gli interessa altro, la storia piccola di due sparute squadre di calcio di paese, ma anche la faida personale tremenda fra due calciatori di una delle due... quella piu' forte... l'amore per il cinema e la cultura debordano, intanto per un debite estetico da Cipri' e Maresco, e poi per modalita' picaresche da western, come da omaggi dichiarati a Bunuel e Fellini, e piu' accenneati a Loach ed Antonioni.

La chiave e' grottesca, ma anche molto elegante, poiche' questi pastori e proletari sardi sono di un'epica fierezza inquadrata in immagini che ricordano i guerrieri antichi, peraltro i POPOLI DEL MARE, cosi' definiti dagli Egiziani antichi erano proprio loro!
Aggiungo che anche il nome del compianto Anghelopulos, mi venuto alla mente.  

emilio campanella
VENEZIA 70, Fuori Concorso: DIE ANDERE HEIMAT-CHRONIK EINER SEHNSUCHT.

Quando non ci si sperava quasi piu', rieccoci a Shabbach, il villaggio dell'Hunsruck.
Gli antenati della famiglia Simon nel medesimo luogo, gli stessi edifici, gli stessi scorci, ma 160 anni prima, lascio immaginare la disperazione degli abitanti che a causa del set, si sono visti strappare l'asfalto!!!

Ci sono dei caratteri che ritornano, la caparbieta' di certe figure, l'amorevolezza di altre, come Margarethe(Marita Breuer), madre del protagonista, gia' indimenticabile Maria nella prima parte della saga, come Jacob, appunto, curioso intellettuale che faticosamente conquista la cultura a dispetto del padre, sogna il Brasile, cosi' come fuggiranno chi negli Stati Uniti, chi solo a Monaco di Baviera, i suoi discendenti.

Un giovane uomo umbratile ed introverso che paghera' molto caro questo suo essere ripiegato su se stesso, a dispetto delle grandi qualita'; il fratello sposera' quella che lui ama quasi senza saperlo, partira' per il nuovo mondo, quasi, al suo posto; l'amatissima sorella vive lontana data l'imperdonabile colpa di aver sposato un cattolico... su tutto questo un clima durissimo, la miseria, le carestie, le manifestazioni meteorologiche le peggiori, le malattie, una vita d'inferno, le vessazioni governative... tutto cio' porta molti, moltissimi a scegliere di emigrare, con tutto il dolore che questo comporta, cerchiamo di non dimenticare di esserci passati anche noi, quando mal sopportiamo chi fugge dagli inferni attuali che abbiamo quasi alle porte!

Molti volti conosciuti fra i numerosissimi attori; ogni personaggio ha un episodio determinante, la sceneggiatura, magnifica, al solito, crea un universo ch'e' molto piu' che corale.

La fotografia e' straordinaria, in un magnifico bianco e nero con qualche innamoramento cromatico in momenti fondamentali, accenni di colore in immagini con innumerevoli gradazioni di grigio.
C'e' molto mondo estetico tedesco, ma con estrema discrezione, certi interni magnifici, alcuni angoli, ancora d'interno, o prospettive in esterno, una natura ancora incontaminata, per quanto i Simon contribuiscano all'inquinamneto della loro epoca proto intustriale, e si', David Caspar Friedrich in un momento di solitario ritratto di Jacob.

Mi ha profondamente colpito il funerale collettivo delle piccole vittime della difterite, in mezzo alla neve... spero che, a questo punto la saga continui... ah, si tratta di 230 minuti che volano via!

emilio campanella

VIA CASTELLANA BANDIERA, in concorso per VENEZIA 70.

Opera prima della regista teatrale Emma Dante, tratto dal suo testo, a detta della stessa autrice, piu' adatto per lo schermo, che non per la scena.
Due donne percorrono le strade caotiche di una Palermo estiva fino ad arrivare ad una stradina, quella del titolo, dove si trroveranno di fronte un'altra automobile, nessuna delle due guidatrici cedera' il passo e la situazione rimarra' bloccata per molte ore...

Se in un'auto ci sono due donne amanti in un momento difficile del loro rapporto: la stessa regista ed Alba Rohrwacher, nell'altra, tutta una numerosa famiglia. ed al volante l'anziana cocciuta Samira, sfortunata donna albanese, suocera del capo clan, e la cui figlia e' morta giovane di tumore.
La scommessa, e' tenere alta la tensione e l'interesse per tutti i novanta minuti di durata.

Dico subito che e' ampiamente vinta e che questo primo film di Emma Dante e' notevole.
Si ritrova il rigore del suo teatro, non ci sono concessioni, dispersioni, tutto e' motivato, certo puo' non piacere, si puo' non condividere, ma e' impossibile affermare che non sia motivato, intanto drammaturgicamente, dal punto di vista della sceneggiatura, del montaggio, della fotografia.

Dico ora che Samira, che pronuncia pochissime parole ed esprime ogni cosa con gli occhi e le espressioni del volto, e' interpretata da Elena Cotta, storica attrice della Compagnia dei Giovani dagli albori ed attualmente direttrice del teatro Manzoni di Roma.
Ci sono molti oggetti in questo film, ricordo del pane perso, sperso, sparso: un cumulo crollato sull'asfalto da un camion.
Molti animali, come i cani che Samira nutre al cimitero, ma anche capre ed asini; scene teatralissime e cinematograficamente perfette ad un tempo: un trionfante, ampio reggiseno rosso, steso; ghiaccio gettato sul tetto dell'auto rovente con il sottofondo di bambini urlanti.

Le ore passano, le luci cambiano, e si arriva ad un duello fisiologico fra le due caparbie fino alla morte. I
l rifiuto del cibo, mentre intanto si scommette su di loro, dopo una rissa anche sanguinosa, in un alternarsi di calma apparente e tesa, ed esplosioni di vitalita'.

Ci rendiamo conto che una delle protagoniste raccontando alla sua amica come conoscesse questo vicolo sin dall'infanzia dia anche la chiave di volta di questa metafora, e di come ora sia cambiato, fra due file di quasi favelas... il vicolo verso la fine cambia, lo spazio e' molto piu' ampio e permetterebbe manovre agevoli, ma tant'e' le due auto rimangono muso contro muso.

Sul finale, la strada ormai sgombra, tutti corrono a vedere che cosa sia accaduto dell'auto di Samira, intanto su una bellissima canzone dei Fratelli Mancuso scorrono i titoli di coda.

 Emma Dante ha molto provato con la sua Compagnia Sud Costa Occidentale, prima delle settimane di lavorazione. Una Palermo molto sua, questa, che attrae e respinge.

emilio campanella

PICCOLA PATRIA, opera prima del documentarista Alessandro Rossetto, nella rassegna ORIZZONTI.

In un'atmosfera di grande cupezza, claustrofobica ed inquinata, due povere ragazzacce si divertono come possono.
Il paese e' piccolo e tutti si conoscono, il sesso e' frequente e ne vediamo, forse anche troppo.
Un sesso che vorrebbe essere torrido, ma e' solo triste e spesso disperato come chi lo pratica.
Ognuna si serve del proprio corpo anche per far quattrini, salvo poi esserci un rapporto piu' che di amicizia.

Un tentativo di ricatto fara' esplodere tensioni pericolosissime e rivelare 'scandalose'abitudini, di un mezzo bigotto allupato e praticamente impotente... tutto ruota intorno ad un sesso mal vissuto!

Ambientato nel nord est, in una campagna davastata e deturpata da capannoni, sotto l' orrendo, incombente, Hotel Antares; in una palude di degrado morale ed ignoranza condita di razzismo, insieme alla crisi economica, la disoccupazione, la sotto-occupazione dei giovani.

Troppi argomenti, troppi personaggi, troppi minuti, pur con alcuni meriti notevoli che hanno contribuito a creare un prodotto che provoca un senso di profondo disagio, specialmente in chi vive in zona e certe realta' le coglie, le percepisce, le sente 'a naso' dal fetore che emanano....

emilio campanella

NIGHT MOVES di Kelly Reichardt, in concorso per VENEZIA 70.

Confesso che ho voluto lasciare alcune ore di riflessione prima di stendere queste righe, si  sa, 'la notte porta consiglio'... mah, mica tanto, in questo caso.

La grande perplessita' di ieri sera a fine proiezione e' rimasta la medesima questa mattina, ed insomma questo film proprio non mi ha convinto! E' diretto bene, la prima parte ha una buona suspence, il montaggio funziona, la scneggiatura e' di servizio, e non di piu', gli attori anche, potrebbero essercene altri e non cambierebbe molto, qui contano le azioni... forse.

La bella musica e' decisamente ingombrante. Due ragazzi sensibili ai problemi del pianeta decidono di prendere provvedimenti... si mettono in contatto con un esperto del settore e decidono di far saltare una diga.

Imbottiscono un motoscafo di esplosivo e nottetempo portano a termine il loro proposito, quasi senza intoppi, perche', come si sa, vicino ai laghi artificiali, obiettivi sensibili, non c'e' alcuna sorveglianza... ma andiamo avanti.

L'assassino potenziale saluta definitivamente i suoi complici ed esce di scena. La ragazza, che risulta forse piu' riflessiva, e meno disturbata degli altri, comincia a crollare venendo a sapere di una eventuale vittima non prevista (!!!???) telefona all''esperto' di cui sopra, e poi comincia a sbilanciarsi troppo... il ragazzo potrebbe rivelarsi un assassino reale... perde casa e lavoro date le troppe voci che circolano... decide di far perdere le tracce, peraltro, parrebbe, in maniera molto maldestra, e poi sceglie di accettare un lavoro in un grande magazzino di articoli sportivi... finale aperto?

Non ho detto dei bei paesaggi autunnali, anche di quello che potremmo definire un parco innaturale sul lago artificiale, appunto...abbiamo dunque un crollo nervoso dei terroristi in erba; mi sembra che un argomento simile avrebbe meritato una trattazione piu' seria ed attenta...

emilio campanella

In concorso per Venezia 70, PHILOMENA di Stephen Frears, storia drammatica e mélo realmente accaduta.

Nel 2002 il Leone d'Oro della Mostra del Cinema venne assegnato al potente MAGDALENAS di Peter Mullan.
La vicenda narrata da questo film rientra in quel filone. Nel 1952 una diciottenne orfana di madre rimane incinta, il padre per soffocare lo scandalo decide di rinchiuderla in un istituto per ragazze perdute. Qui dopo un parto podalico bestiale, sopportato senza alcuna anestesia per espiare la colpa di cui si e' macchiata e per la quale MAI verra' perdonata dalla spaventosa Superiora suor Hildegarde (nome di grande rilievo per la storia intelletuale della mistica tedesca, qui proprio ridotto al peggio della violenza morale) non bastasse, la poveretta dovra' pagare con anni di lavoro, i costi sostenuti dall'istituzione, per il suo ricovero, il suo mantenimento, la sua caritatevole disponibiita' ad accogliere un rifiuto della societa'.

Per soprammercato, il bimbo amatissimo le verra' strappato dal seno, dato in adozione, e come sapremo pi˘ tardi, pagato profumatamente!
Cinquant'anni dopo, Philomena decide di raccontare questa antica dolorosissima storia alla figlia esternandole il desiderio di avere notizie del figlio perduto. Casualmente la ragazza conosce un giornalista caduto in disgrazia (Steve Coogan) che dopo alcune perplessita' decide di aiutare l'anziana signora (la grande Judi Dench, qui misurata e contenuta piu' del solito); le ricerche li porteranno negli Stati Uniti, a spese di una rivista popolare a grande tiratura.

Il figlio verra' ritrovato, e venendo a conoscenza della sua realta', la signora Lee comincera' a snocciolare frasi su frasi della sua saggezza di tutti i giorni, che danno la misura della sua umanita'.
Naturalmente il giovane era morto nel 1995 di AIDS; il fatto che fosse omosessuale non preoccupa la madre, piuttosto domanda alla bella signora che le parla di lui e ch'era la sua copertura ufficiale, data la sua importante carriera nel Partito Repubblicano, se il suo compagno lo amasse!
C'e' un'umanita' di fondo in questa donna semplice e saggia, che fa si che nonostante tutto riesca anche ad incontrare, nonostante molte comprensibili difficolta', l'uomo che e' stato accanto al figlio sino alla fine.
Verra' a conoscenza di un viaggio in Irlanda alla ricerca delle proprie radici e proprio della madre, ma senza essere riuscito a raggiungerla, come era accaduto a lei, per le medesime chiusure opposte dal convento. Di piu', scoprira' che e' sepolto proprio in quel cimitero!

Frears racconta in maniera piana, attento a che tutto sia preciso, chiaro, esposto con inequivocabile semplicita'.
Cerco di non dire troppo per non rivelare segreti che sono svelati gradualmente, con il procedere delle indagini.
Questa storia di terribile sopraffazione, di sordo dolore, di sensi di colpa che durano mezzo secolo e' esposta con lo stile giornalistico e la disinvoltura formale che conosciamo a Frears, ma anche con aperture al me'lo quando occorre, senza mai eccedere.

Non ci fanno, pero' comprendere quale sia la posizione del regista, se ce ne sia che una precisa; se l'obiettivo sembra talvolta partecipare del dramma dei suoi personaggi, invece molto spesso li lasci soli con i loro contrasti sospedendo, all'apparenza, ogni giudizio.
Che dire di una tale sopportazione, del dolore profondo; della vita che potrebbe essere stata diversa, della morte sopportata con 'cristiana rassegnzione'. Non sarebbe meglio poter decidere del proprio destino?
Infermiera che conosce le persone, certe loro posizioni comportamentali e le leve che le spingomo, Philomena perdona, pur con difficolta' la sua aguzzina, decrepita ma ferma nei suoi propositi, una torturatrice convinta della sua missione.
I titoli di coda ci mostrano i volti dei veri protagonisti della vicenda ed immagini amatoriali del figlio perduto, un uomo, come la madre, con segreti custoditi gelosamente...

emilio campanella

TOM A' LA FERME di Xavier Dolan, Francia-Canada, in concorso per VENEZIA 70.

Tom alla fattoria ci arriva a causa del suo 'amico' Guy, morto non sappiamo in quali circostanze.
La madre Agathe, pare molto scossa, il fratello bellissimo, Francis, uomo violento ed evidentemente sadico, gli fa capire nottetempo chi comanda, imponendogli comportamenti irreprensibili, anche perche' sapendo tutto del rapporto segreto fra il fratello e l'ospite non vuole rischiare scandali... ed intanto gli rompe gli occhiali... gia' un bel segnale.

Al funerale Tom non pronuncera', preso da una sorta di afasia, l'orazione funebre promessa...i  guai aumentano... viene picchiato pesantemete da Francis, guarda caso, in un cesso... ci ricorda nulla?

Rientrando alla fattoria potrebbe fuggire, ma invece pensa ai bagagli, e cosi' si trova invischiato, tirannegiato, brutalizzato in quell'atmosfera morbosa... In un momento di nostalgia Francis gli parlera' di corsi di tango e di danze in pubblico, con il fratello, per attrarre le ragazze... see...!

Danzeranno malissimo un tango e verranno ' sorpresi'  dalla tirannica Agathe, ed avranno l'atteggiamento dei ragazzini sorpresi con le dita nella patta, ooppss!!! nella marmellata!!!

Siccome l'auto di Tom e' stata resa inservibile, il poveretto, schiavizzato, in un momento di lucidita' chiede aiuto ad un'amica che arriva dicendo di essere la fidanzata del defunto.
Francis non la beve, Agathe, sembra di si. Sarah e' grintosa e mette i rapporti in chiaro fin dall'inizio con il violento di questa storia, salvo poi farselo, pare... questo aiuta Tom a riprendere un barlume di coscienza... una mattina si svegliera' con la casa vuota e tentera' una fuga molto volutamente maldestra.
Verra' raggiunto da Francis, ma riuscira' a sfuggirgli saltando sulla sua auto e lasciandolo nella polvere... fine, forse, sino al prossimo episodio, anche peggiore...

Come nei romanzi di Sade, quando l'autore demiurgo decide, tutte le porte sono aperte, gli aguzzini distratti, le strade deserte di minacce, sino al momento in cui la vittima incontrera' un 'salvatore' che si rivelera' peggiore dell'aguzzino precedente!

Regia passabile, attori discreti, ambientazione credibile, musica assordante, solo ci si chiede quale genere volesse affrontare il regista: il dramma psicologico,l'analisi sociologica, il cinema dell'inquietudine e della minaccia, un film dai risvolti sanguinolenti e quasi horror? Non lo si e' capito, e neppure il motivo di metterlo in concorso, ovviamente!

emilio campanella


THE ZERO THEOREM di Terry Gillian, in concorso per VENEZIA 70.

Un genio (SIC) telemativo paranoico vive in un luogo bellissimo, una chiesa abbandonata, di cui conosceremo la vicenda piu' tardi.

Il film e' stato girato a Bucarest in soli ventisette giorni!!! Le scenografie sono magnifiche, i costumi, di grande fantasia, come sempre... c'e' un po' un'aria da BRAZIL rivisitato...la 'storia', pero', dopo poco piu' di un'ora, comincia a cigolare e ad incepparsi, solo che deve funzionare per altri quarantasette minuti!

La cifra espressiva e', come sempre, notevole, ma... qualche cosa non lievita a dovere, secondo me... si ha come una sensazione di ripetitivita', un po' una macchina, bellissima, celibe... farraginosi i ritmi, stucchevoli le immagini, alla lunga.

Non possiamo affezionarci ai protagonisti, questa fantascienza in 'salsa gotica' non e' certo nuova, il controllo di una specie di 'grande fratello' orwelliano, ovviamente prevedibile, la comunicazione virtuale, gia' vista, ed anche meglio, seppur in maniera differente, e comunque il tentativo di cogliere un lato universalmente, esistenzialmente ispirato funziona poco...gli enunciati filosofici sono sempre MOLTO rischiosi al cinema! Gillian e' regista visionario e di grande fantasia, il talento trasuda da ogni fotogramma, ma , tant'e'...

emilio campanella

Per la rassegna ORIZZONTI, EASTERN BOYS di Robin Campillo, Francia.

Dopo un antefatto che ci mostra la Gare du Nord di Parigi e la fauna che la abita, fra cui un nutrito gruppo di slavi dediti a furto e prostituzione, vediamo un elegante ed affascinante uomo d'affari rimanere colpito dalla faccia volpina di un giovanottello, siccome e' folle gli da' appuntamento per l'indomani a casa sua e gli fornisce l'indirizzo!

Il giorno seguente si presenta un minorenne, ed al seguito tutta la banda che lo deruba sotto i suoi occhi senza che lui possa fare nulla... i lunghi minuti di queste scene sono insopportabili, con la sensazione di impotenza, minaccia, violenza profonda che provocano!
Poco dopo arrivera' anche Marek, causa del disastro...
Tornera' dopo qualche giorno, per 'farsi perdonare' e fare, finalmente la sua marchetta.
Ritornera' molte altre volte, ed il rapporto si consolidera' in un equilibrio padre-figlio e non piu' amanti.

La tensione del gruppo aumente siccome Marek/Ruslan tende a sfuggire al controllo del Boss isterico e sadico. Nell'albergo per immigrati dove vivono cerchera' di recuperare il proprio passaporto, ed essendo scoperto verra' punito duramente.
 Il francese non avendo piu' notizie lo raggiunge, e con l'aiuto della responsabile riuscira' a salvarlo. Il prezzo di questo salvataggio e l'irruzione violenta della polizia che arrestera' tutti, soprattutto gli innocenti, famiglie, bambini strappati alla loro tranquillita'.
L'ultima scena in tribunale ci mostra la corte che esamina la richiesta di adozione..
.Un caso andato bene, contro centinaia di drammatici e che possono anche finire in tragedia!
Il film e' ben diretto, recitato in maniera credibile, ha un buon ritmo.

emilio campanella

Prima della chiusura della Mostra del Cinema, sara' doveroso ricordare che la simpatica fotografia che fa da logo agli articoli di quest'anno riproduce la vetrina fantasiosa creata per l'occasione dal negozio LIDO GIOCHI in Viale S.M. Elisabetta 31, al Lido di Venezia, naturalmente.

Un grande ingresso, due grandi vetrine ricche di tentazioni  per bambini ed adulti un po' bambini!
Pomeriggio all'insegna del pelouche dato che nel 'giardino cinematografico' di quest'anno ho trovato alcuni film che mi mancavano, e mi e' stato dato in omaggio un orsetto bianco che entrera' a far parte del mio MUSEO DELL'ORSO.

Ulteriore sorpresa: protagonista delfilm EASTERN BOYS di cui parlo sopra, e' il pregevole OLIVIER RABOURDIN, decisamente un bell'orsotto, buon attore, visto recentemente in UOMINI DI DIO e WELCOME.

emilio campanella

L'INTREPIDO di Gianni Amelio, in concorso per VENEZIA 70.

Antonio Pane, sbarca il lunario, molto faticosamente lavorando in maniera abbastanza strana, una specie di jolly che conosce, apprende ed esperimenta cento mestieri essendo il rimpiazzo quando occorre, e facendo capo ad un 'malamente' che ha la faccia perfetta di Antonio Santagata, ex pugile bolso e gottoso, cattivo pagatore, falso ed infido.

Lo lascera' quando si rendera' conto che il ragazzino che ha accompagnato all'appuntamento con il maturo signore che non erano ne' il padre, ma neppure lo zio od il nonno, ma uno dei tanti orchi che sono in giro!
La vita del protagonista si svolge in una Milano 'minore' amatissima e fotografata magnificamente, che un poco ricorda quella del ROCCO viscontiano.
Purtroppo ci sono due giovani: il figlio problematico ed artista, si direbbe, di scarsa vena ed una ragazza conosciuta ad un concorso, che stemperano la forza dell'impianto generale.
Vendendo rose nei ristoranti, reincontrera' l'ex moglie, e di conseguenza avra' un posto di direttore in un negozio di calzature, solo che alla prima richiesta del primo cliente cercando il numero della calzatura, scendendo in magazzino, scoprira' che il negozio e' una copertura per riciclaggio di denaro sporco... si allontanera' come Chaplin con l'obiettivo circolare che si chiudera' su di lui sempre piu' piccolo.

Il film va un po' in discesa, con una prima parte ben tesa e sostenuta dall'idea principale dei cento mestieri di Antonio, ed una seconda sfilacciata e piu' titubante.
Salva il film l'interpretazione umanissima di Antonio Albanese in un ruolo di uomo solo, gentile, malinconico ma a modo suo ottimista, che alla fine si allontanera', non senza regalarci una 'carretella' di quelle che suscitano MERITATISSIMI applausi.

emilio campanella




UNE PROMESSE film di Patrice Leconte tratto dal romanzo IL VIAGGIO NEL PASSATO di Stefan Zweig, presentato fuori concorso.

Leconte e' autore molto altalenante, talvolta interessantissimo, talaltra molto meno, qui siamo al secondo caso.

Il film e' accurato e calligrafico, bien ambientato e recitato, di poco o punto interesse, al di la' di questo.
Una situazione di quelle che piacciono al regista: la relazione, qui matrimoniale fra un uomo molto maturo, affascinante e sempre piu' fragile ed una donna giovane e bella.
Si svolge fra il 1912 e l'immediato primo dopoguerra, ci regala un voluto anacronismo nel finale ed il bacio finale come nel cinema piu' tradizionale... passiamo oltre!

emilio campanella



JIAOYOU di Tsai Ming Liang, in concorso per VENEZIA 70.

Tecnicamente ammaliante, il film e' costituito quasi esclusivamente di inquadrature a macchina fissa, o con minimi movimenti, ma qualche pianosequenza non manca, per quanto molto limitato.
All'apparenza antinarrativo, ma non astratto. Molte situazioni sono ben concrete, pur nella rarefazione generale del 'racconto' ambientato in luoghi degradatissimi e, nonostante questo affascinanti, in cui le persone vagano, vivono, si arrabattano.
Piove molto spesso, una pioggia uggiosa, talvolta veramente torrenziale.
Tutti con impermeabili trasparenti e colorati che conosciamo bene e che sono cosi' poco efficaci quando il vento e' forte.
Persone agli incroci tengono in mano cartelli pubblicitari... Piu' del solito le azioni sembrano non corrispondere a cio' che vediamo, ma suggerire altro.
Piu' di una volta si lotta con una barca per farla disincagliare, anche sotto una pioggia battente, mentre i figli dell'uomo vengono rapiti dalla moglie(?!).

Poco dopo sono tutti riuniti per festeggiare il compleanno del capofamiglia (?!). Sogni, incubi... non si direbbe, tutto sembra molto reale, concreto, anche quando l'uomo ed i suoi figli si preparano alla notte compiendo le loro abluzioni in un bagno pubblico, parrebbe, di quelli delle piazzole autostradali, si sente il rombo incessante dei motori provenire dall'esterno; oppure quando la donna lava i capelli della bambina nei servizi del grande magazzino, forse, dove lavora, probabilmente...

Premetto che alla prima proiezione per la stampa molte sono state le defezioni, come previsto, ma a posteriori, confrontandomi con colleghi, anche non entusiasti come me, ma tutti, ovviamente quelli restati sino alla fine dei centotrentotto minuti, tutti indistintamente, sono rimasti affascinati e come stregati dalle magnifiche immagini, dai ritmi dilatati, dalle scene in cui apparentemente non accade nulla; stranamente, guardando l'orologio, le mezz'ore scorrevano veloci... Magia del cinema? Certo! Magia di Tsai Ming Liang? Indubitabilmente!

Ci sono scene d'interno, come dire, molto teatrali, e questo sia detto nel senso migliore del termine, grazie alle luci perfette, i movimenti sorvegliatissimi.
Ultimamente certi corti dell'autore, presentati a mostre d'arte figurativa, o di architettura, come qui lo scorso anno, sono parenti stretti di questo tipo di estetica molto vicina alla videoarte.

emilio campanella

LA PRIMA NEVE di Andrea Segre, nella sezione ORIZZONTI.

Non si e' ripetuto il felice, piccolo miracolo di due anni or sono con IO SONO LI.
Questo e' un film molto onesto ed estremamente sincero, ma mancato.
Siamo nelle valli del Trentino fra monti di grande bellezza, e boschi autunnali dai colori commoventi.
Qui Dani (Jean Christophe Folly) collabora con Pietro ( Peter Mitterrutzner, molto intenso e credibile) falegname ed apicultore, e fa amicizia con il suo giovanissimo nipote, Michele (Matteo Marchel, bravissimo!)
In Dani, Michele trova un amico ed un appoggio per superare il trauma  della recente tragica morte del padre.

Dal suo canto l'immigrato africano non riesce a superare il dolore per il decesso della giovine moglie morta dando alla la luce una bambina.
La piccola ha un anno, ma il padre non riesce ad affezionarlesi, poiche' vede in lei la causa della sua vedovanza, peraltro la giovane donna era stremata dal lungo viaggio estenuante, ed il parto era evidentemente stato troppo per il suo fisico debilitato.

Grazie a Michele, piano piano, anche Dani riuscira' ad iniziare un percorso di elaborazione del lutto.
Se sulla carta il tema risulta, oltreche' importante, interessante e stimolante, all'evideza dei fatti, tutti questi buoni ingredienti non portano ad un risultato compiuto.

Non basta un buon contorno di comprimari, e neppure l'attenta ambientazione paesaggitica e la contestualizzazione sociale...il risultato rimane lontano ed un po' freddo, e non e' la neve a raggelare l'insieme, quanto la poca vitalita' del tratteggio delle personalita'.....come dire, non convincono!

emilio campanella


CHE STRANO CHIAMARSI FEDERICO, SCOLA RACCONTA FELLINI di Ettore Scola, presente a VENEZIA 70 fuori concorso.

Un film molto affettuoso, una via di mezzo fra documentario e ricostruzione in stile felliniano, rievocando la carriera del giovanissimo Federico al Marc'aurelio, e l'inizio dell'amicizia con il giovane Ettore, e poi la stima e la curiosita' per il lavoro reciproco in un rapporto durato parecchi decenni.

Particolarmente interessante e godibile il capitolo dedicato a Casanova, e notevole il cameo di Sergio Rubini, cosi' come la parte, estesa, dedicata a Mastroianni, scritturato dall'uno come all'altro!

Ma forse, il vero protagonista e' lo storico TEATRO 5 di Cinecitta'. Nel finale la fuga di Federico/Pinocchio, inseguito attraverso vari set, da due carabinieri in alta uniforme, e poi una carrellata sempre piu' veloce, affastellata, affannata, affannosa, di spezzoni originali.

emilio campanella

Anche quest'anno Venezia, al Lido ha assolto il suo compito d capitale del cinema per dieci giorni.
Fra qualche settimana il testimone passera' a Roma, poco piu' tardi a Torino, e questo solo per occuparci del nostro paese...
Alle diciannove si e' iniziata la cerimonia di premiazione, per una volta sobria, agile, anche con momenti simpaticamente dvertenti ed entro i 45' previsti, niente male, debbo dire!

Sorvolero' sui premi minori che sono tantissimi, e passero' direttamente alla rassegna ORIZZONTI; migliore regia quella di Uberto Pasolini per il film, peraltro molto lodato: STILL LIFE; miglior film: EASTERN BOYS, un'opera prima decisamente interessante.

Avvicinandoci all'empireo incontriamo la meritatissima Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile alla magnifica Elena Cotta in VIA CASTELLANA BANDIERA di Emma Dante. Premio nel quale un poco speravo, pur tifando anche per la grande Judy Dench.
La Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile e' andata molto giustamente a Themis Panou, l'orco di MISS VIOLENCE.
Se il Premio Speciale della Giuria e' andato al fluviale DIE FRAU DES POLIZISTEN di Philip Groning, il maggiore GRAN PREMIO DELLA GIURIA se lo e' portato a casa l'autoironico e sornione Tsai Ming Liang per il suo ipnotico CANI RANDAGI ( JIAOYOU ).
Salto alcune cose che gia' sapete e mi dedico al Leone d'argento assegnato ad Alexandros Avranas, ancora per MISS VIOLENCE di cui parlo piu' sotto.
Ora faccio un salto indietro al premio FINPRESCI andato a TOM A' LA FERME, ed un altro per la sceneggiatura di PHILOMENA.

Arrivo ora al QUEER LION che faticosamente cresce negli anni, e che questa volta aveva individuato nove pellicole, per poi scoprire (!) che il magnifico PHILOMENA di Stephen Frears, pe il 50% almeno affrontava una tematica omosessuale!
Meglio tardi che mai, e ritardo riscattato dal premio. Comunque la scelta e' stata confermata dai premi sopracitati a TOM A' LA FERME e EASTERN BOYS.

Due parole, ora sul doppiamente premiato MISS VIOLENCE. Cio' che colpisce di questo film e' l'aria perbene dell'orco che ne e' protagonista. All'inizio abbiamo un po' di difficolta' a comprendere i rapporti di parentela, poi man mano ci rendiamo conto che si tratta dei risultati di incesti, e di sfruttamento a scopo de prostituzione delle donne anche piccole di casa... un tiranno bell'e buono con una facciata gentile ed affettuosa, un vero mostro tirannico ed occultamente violento.
Una bella casa degli orrori, ma certo, l'orco non e' solo, siccoma trova clienti-mostro che violentano le figlie/nipoti che lui fornisce loro! La cupa atmosfera di quella casa e la sua aria avvelenata ti restano addosso!
Una regia misurata e lucida. Il 'nonno affettuoso' e' disoccupato ma ha una bella automobile, ed alla fine verranno inquadrati due sorrisi: uno ambiguo da folle, e l'altro calmo.... non rivelo il logico finale di questa tragedia greca.

emilio campanella

Francisco de Zurbaran ed altro a Ferrara dal 14 Settembre al 6 Gennaio 2014. 
Palazzo dei Diamanti apre la sua stagione di mostre con un'esposizione di grande importanza, anche perche' la prima in Italia sul grande pittore sivigliano, esponente di punta della cultura del SIGLO DE ORO.
La scelta proposta sara' la medesima che verra' esposta a Bruxelles dal 29 Gennaio al 25 Maggio 2014 al Centre of Fine Arts; consta di una conquantina di tele divise in sette sezioni di suggerimento.
Spero che le luci, ancora poco efficacemente sistemate il giorno della presentazione, siano state corrette, anche perche' la pittura di Zurbaran ha sempre illuminazioni estremamente precise che basta sottolineare per ottenere effetti 'teatrali' straordinari.

Un esempio principe e' il SAN SERAPIO del 1628, da Hartford, che apre la mostra ed e' intelligentemente esposto da solo nella piccola sala iniziale. Il pittore trentenne ci mostra il santo subito prima dell'orribile martirio cui sara' sottoposto, i polsi legati tenuti in alto, il capo abbandonato, gli occhi semichiusi.
La luce perfetta che piove dall'alto, a destra della figura, l'ampio magnifico abito monastico bianco dalle pieghe pesanti della stoffa su cui giocano sfumature di colore inimmaginabili per precisione.

Abbiamo gia' incontrato alcuni punti tipici della pittura di questo artista: la luce, la capacita' di rendere panneggi e riflessi cromatici delle stoffe, anche le piu' umili e grezze, l'attenzione ad evitare scene cruente, limitandone al massimo gli effetti in altri casi cosi' spaventosi, e con esiti non meno drammatici.
Molto spesso le figure di santi, come i ritratti di prelati, monaci, sono quasi a grandezza naturale, ed e' sorprendente come gli effetti sugli abiti  siano uno studio continuo di variazioni sulle tonalita' del bianco.

Diverso il lavoro sulle sante qui presenti, come la S.ORSOLA da Palazzo Bianco di Genova, o la S. CASILDA da Madrid, entrambe del 1635, in abiti sontuosi dalle ricchissime stoffe, e di foggia del secolo precedente che riportano facilmente a Veronese, di profilo, le insegne del loro martirio, fondale neutro monocromatico, ombra portata come su una scena, probabilmente tele processionali.

Un'altra abile e vincente intuizione dei curatori e' stato porre l'AGNUS DEI da S.Diego, 1635/40 in fondo alla fuga delle sale, e che si puÚ vedere all'inizio del percorso con un effetto sorprendente, evocato dalla penombra, bianchissimo, pronto per il sacrificio.

 Ci sono alcune notevolissime nature morte che hanno influenzato secoli di pittura, una di queste: UNA TAZZA D'ACQUA E UNA ROSA SU UN PIATTO D'ARGENTO da Londra, c.1630, chiaro esempio di come un quadro non sia mai cioe' che sembra, o per lo meno, non solo; infatti e' un omaggio devozionale mariano riferito alle litanie: Vas Spirituale, Rosa Mistica, Vas Insigne Devotionis.
Quadro sorprendente: CASA DI NAZARET, 1644/45 da Madrid, in cui Maria, nella tela orizzontale, delle stoffe in grembo, ha lasciato momentaneamente il lavoro, il suo sguardo e' attratto a destra, verso Gesu' ragazzino, vestito, non a caso, di lilla, che, una corona di spine in grembo, guarda il dito ferito, la prefigurazione del suo destino provoca una lacrima sulla gota della madre.
Peraltro, la totale umanita' di Cristo, sempre ribadita, qui, forse rievoca la prima ferita sacra della circoncisione,e si collega alla passione. Il discorso sarebbe molto lungo e sfaccettato. Concludo citando due crocifissi straordinari: quello del 1640, da Siviglia, cui Dali' deve MOLTISSIMO, e l'intrigantissimo CRISTO CROCIFISSO CON UN PITTORE, intorno al 1650, in cui i due personaggi sono sul medesimo piano spaziale,l'uno guarda l'altro, il pittore il suo dipinto, forse, e l'uomo morente verso chi l'ha dipinto, forse... la discussione e' aperta e puo' essere accesissima.

Aggiungo l'indimenticabile S.FRANCESCO da Milwakee, del 1635: l'alta figura in piedi, una 'doccia' di luce dall'alto, il volto seminascosto ed in penombra sotto il cappuccio, il saio dalle pieghe pesanti, un teschio fra le mani, sole illuminate con il piede sinistro un poco avanti, le pieghe della stoffa grezza del saio con un effetto quasi tridimensionale. Il catalogo, come abitualmente, edito da Ferrara Arte, questa volta un poco in economia per i materiali, ma esaurientissimo per saggi e schede critiche.

IMMAGINE E PERSUASIONE, e' invece la piccola mostra aperta nelle stesse date, a Palazzo Trotti Constabili, Seminario Vecchio. Il sottotitolo recita: Capolavori del Seicento salle chiese di Ferrara, e parte da un motivo fondamentale ch'e' quello di sensibilizzare l'opinione pubblica nei confronti dell'altissimo numero di chiese della citta' ancora inagibili dal terremoto dello scorso anno!
Si tratta di otto belle tele da Ludovico Carracci a Guercino, per fare due nomi quasi a caso.
L'accuratissimo catalogo edito da Edizioni Cartografica pone l'accento proprio sulla situazione drammatica degli edifici con un apparato iconografico particolarmente ampio.

emilio campanella


L' 8 Settembre, alla Fondazione Giorgio Cini dell'Isola di S.Giorgio, si e' aperta al pubblico la mostra: NAPOLEONE MARTINUZZI, Venini 1925-1931.

Seconda tappa della 'storia di Venini', sara' possibile visitarla sino al 1 Dicembre. La collaborazione e' ancora una volta con Pentagram Stiftung.
Premettero' che, contrariamente allo scorso anno, la mostra e' accuratamente illuminata, i pezzi notissimi e magnifici, esposti con grande gusto ed attenzione.
Evitato l'effetto 'grande magazzino' lamentato precedentemente.

Ancora una volta sono in mostra molti disegni preparatori degli oggetti, spesso, accanto ai vetri realizzati.
Napoleone Martinuzzi e' stato un grande creatore e ricreatore di forme.
Quindici sezioni scientificamente dividono in gruppi i soggetti esposti: ci sono i Trasparenti ricchi di discreti riccioli, modanature e rievocazioni dall'antico come un grande vetro verde del 1928, od uno alto e slanciato, fume', del 1925/26, ma ci sono altri colori notissimi come l'ametista, il blu scuro inconfondibile, il rosso scuro.
Ecco poi i Frutti dai colori esotici, i riflessi, molti esposti nella sezione dei Vetri del Vittoriale, insieme a vasi, coppe, vetrate creati per l'Immaginifico.

Ci sono poi i Pulegosi, opachi e traslucidi, dalla superficie irregolare costellata di 'buleghe'... bolle!

E poi arrivano gli Animali: fra gli altri due cavallini 'antichi', un orso bianco, un toro blu, alcuni elefanti anche rossi come quello che da' il titolo a queste note, ed oltre ai molti altri, un magnifico, notissimo unicorno bianco dagli occhi ed i bordi delle zampe, blu, anche lui 'bulegoso'.

Le piante grasse sono tantissime, bellissime, anche molto grandi, e talvolta dai colori decisamente molto arditi!
Ci sono ancora i Fiori, la Filigrana, gli Opachi, i Centrotavola, gli Acquari, le Figure, le Illuminazioni, le Installazioni; tutti titoli delle sezioni di questo bel percorso espositivo molto consigliabile.

L'enorme catalogo e' pubblicato da Skira.

emilio campanella


Mi e' sembrato molto strano, ma mi sono dovuto convincere di non aver scritto ancora nulla della bella mostra intitolata: WHO IS ALICE?, aperta al pubblico il 1 Giugno scorso e che sara' possibile visitare sino al 24 Novembre scorso.

Me ne sono reso conto rivedendola qualche giorno fa e dopo averla consigliata a tutti per mesi!

Si tratta di uno degli eventi collaterali piu' interessanti della Biennale di Venezia di quest'estate ed e' ad un passo da Ca' D'Oro.

La manifestazione e' organizzata dal NATIONAL MUSEUM OF CONTEMPORARY ART OF KOREA, e presenta opere di vario genere di quindici artisti.
Al primo piano di un palazzo in una calletta cui si accede da Strada Nuova, subito prima del ponte di S.Felice, propone suggestioni molto poetiche talvolta, molto poeticamente inquietanti, piu' spesso!

Come le piccole luci che si muovono dondolando dal soffitto della prima sala: enormi lucciole che si agitano sulla testa di chi entra... poi fra le altre cose ci si puo' affacciare ed incombere su una casa-palazzo-castello in miniatura, semitrasparente, evocazione di sogni e di incubi gotici... ali si spiegano sospese in un'altra stanza, composte di dita, mani, braccia in un intreccio stretto ed efficace che sempra librarsi nell'aria e pronto ad un potente battito volare via attraverso prima finestra aperta...'se muoio aprite le finestre' scrisse. - piu' o meno cosi' - un grande poeta!

Oltre, una musica festosa da fiera ed una giostra con i cavalli, in miniatura, illuminata ed in movimento... si pensa subito a L'ALTRO UOMO di Hitchcock! Un torvo alto signore bicipite, composto di collage fotografici e tridimensionale ci guarda con i suoi quattro occhi misteriosi da un'altra stanza.

Piu' oltre, in alcune vetrine, scatole di conserva aperte e barattoli trasparenti... in una il gigante verde disegnato sull'esterno ad indicare le verdure all'interno, se ne sta rannicchiato nella sua acqua di conserva e ci guarda... in un'altra si puo' trovare un delfino in miniatura, mentre un giovanotto muscoloso sguscia faticosamente dall'involucro di una salsiccia!

Attenzione quando si fa la spesa, a cio' che si compra... ed anche quando si affetta qualche cosa, per carita'!!!! Solo una scelta di cio' che mi ha maggiormente colpito, come il grande scheletro illuminato e presentato come in un museo di storia naturale... ha grandissimi denti... da coniglio... eccolo il coniglio bianco di Alice... ma non ha piu' fretta!!!!!!

Scendendo le scale pensosi prendiamo il piccolo accurato, esauriente catalogo in omaggio che appena a casa chiuderemo in un cassetto, sotto chiave... non si sa mai con i mostri!!!

emilio campanella


ORSI ITALIANI