ORSI ITALIANI


Le recensioni di Emilio Campanella

Agosto - Settembre 2014


SPECIALE LXXI MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA: RITORNO AL LIDO (ONE ON ONE di Kim Ki-duk , THE GOOB di Guy Myhill) - IL 'CINEMA Di PAPA'' (The PRESIDENT di Moshen Makhmalbaf) - STORIE IRANIANE (GHESSEHA - Storie - di Rakhshan Banietemad) - STORIE D'ASPROMONTE (ANIME NERE di Francesco Munzi) - IL TONFO (THE CUT di Fatih Akin) - IL TENERO GIACOMO (IL GIOVANE FAVOLOSO di Mario Martone) - ITSILI di Amos Gitai - SHORT SKIN  di Duccio Chiarini - NOBI di Shinya Tsukamoto - ITALY IN A DAY - IM KELLER di Ulrich Siedl - SIVAS di Kaan Mujdeci - O VELHO DO RESTELO di Manoel de Oliveira - TERRAZZA CUBANA (RETOUR A' ITHAQUE, Ritorno a L' Avana, di Laurent Cantet - CINEMA ALL'ITALIANA (PASOLINI di Abel Ferrara) - CHUANGRU ZHE (Red amnesia) di Wang Xiaoshuai - LA GIOSTRA DEI PREMI * CORCOS, UN PITTORE LIVORNESE RISCOPERTO - PAOLO VERONESE FRA PADOVA E CASTELFRANCO VENETO - DUE MOSTRE E TRE OCCHI - ALTRI VETRI - BIODIVERSITA' NON E' SOLO UNA PAROLA - AZIMUT/H CONTINUITA' E NUOVO - HIROSHIGE - MINIME MOSTRE    
Eccoci di nuovo al Lido per la LXXI Mostra d'Arte Cinematografica di Venezia, mentre ancora le maestranze stanno ultimando i lavori di allestimento per la kermesse che s'inaugurera' il 27 Agosto, ma intanto le prime proiezioni gia' si tengono il 26; infatti mentre si attendeva di entrare alla sala Perla del Casino', venivano dipinti i portavasi... eravamo in coda per ONE ON ONE di Kim Ki-duk.

Presenza di spicco, questa volta nella sezione Orizzonti, presente ogni anno alla mostra, Leone d'oro due anni or sono, ci regala, ormai, un film all'anno, generalmente condito di fantasiose, e spesso anche estreme, efferatezze.

In questo caso, nei primissimi minuti assistiamo al brutale assassinio di una studentessa, nel resto dei ben 122 minuti (e trenta di meno sarebbero stati sufficienti) seguiamo il rapimento degli assassini, uno ad uno, la loro punizione a scopo di ravvedimento morale, da parte di un gruppo di vendicatori che cambia aspetto in maniera proteiforme ed ambientazione delle proprie gesta come scene teatrali, o set cinematografici, non a caso.

Il gioco e' raffinato, per quanto molto ripetitivo, girato magistralmente, e ben recitato, specialmente dal boss della setta (?) che sfiora il ridicolo del suo personaggio eccessivo senza caderci dentro... lui! Il personaggio, insomma, non ci convince, come non ci convince tutto il macchinoso impianto, anche perche' il tipo e' violentissimo e la sua vendetta provoca via via la defezione degli adepti.

Poco a poco ci rendiamo conto che fra lui e gli assassini passa poca differenza e che la sua pulsione di morte e' spiccatissima... si, pero' no... abile, colto, ovviamente, ma fatto e poco convincente, fatto bene questo film, ma ancora piu' mediato dei precedenti, anche per un'ansia filosofica didascalicamente quasi pedante... intrecci di minacciose realta' violente paramilitari, Cristianesimo e Buddismo annodati fra sensi di colpa, espiazione, desiderio di annientamento... con un retrogusto un po' alla Murakami di 1Q84.                                                              

Subito di seguito, nella stessa sezione: THE GOOB di Guy Myhill. Storia di un adolescente che torna in campagna, dal college, ritrova madre e fratello e quello che sembra il patrigno, comunque l'amante della madre.

Violento dispotico, maschilista, tirannico puttaniere, omofobo (e sappiamo tutti che cosa si nasconda dietro questi atteggiamenti estremi!), maltratta il protagonista e suo fratello, tanto da mandare quest'ultimo all'ospedale, dove restera' a lungo! ma la madre per 'la pace in famiglia' sopporta tutto, fiche' suo figlio se ne andra'... premesso che gli ottantasei minuti della durata sembravano molti di piu', e questo non e' mai un buon segno, si puo' riconoscere al film, il merito di non precipitare nella tragedia, come sembra che possa accadere da un'inquadratura all'altra, e di creare un'ambientazione credibile, per quanto mostrando soltanto una realta' della campagna inglese, e con il merito di introdurre il personaggio del ragazzo che arriva per lavorare, siccome, come si sa, due braccia sono fuori uso, un giovane vivace e fantasioso, quasi sicuramente gay, che ha fatto meritare alla pellicola di entrare nell'elenco dei film che concorrono al Queer Lion, e che porta una ventata di giocosita' e di simpatia... purtroppo fa l'errore di indossare un vestito da donna ad una festa divertendo tutti, a parte il 'padre padrone' che lo caccera' vergognosamente.

Punto e fine di ogni spunto interessante, ritornati nel cupo grigiore maschilista, anche il film riprende il suo tono monocorde.


emilio campanella


Per la rassegna Orizzonti, alla Nuova Sala Darsena,  ampiamente e lungamente magnificata dal presidente Baratta la sera del 26 Agosto, prima della proiezione del restaurato MACISTE ALPINO di Luigi Maggi e Luigi Maggi Borgnetto (1918), in ricordo della I Guerra Mondiale, iniziata proprio cento anni or sono, il film di Moshen Makhmalbaf: IL PRESIDENTE, di ambientazione Georgiana.
Ancora una volta un regista iraniano e' costretto ad emigrare per esprimersi, ed e' gia' una grande fortuna poterlo fare!

Un dittatore viene rovesciato, e con il nipotino fugge fra mille pericoli e travestimenti, nella speranza di non cadere nelle mani dei suoi soldati, ovvero di quelli stessi che lo erano fino a due giorni prima.

Con uno stile impeccabilmente tradizionale, un ritmo ineccepibile, un montaggio magistrale ed un'attentissima direzione d'attori, ecco un'apologo, una riflessione, ma anche una tragica operetta esposta in circa due ore incalzanti in cui si tifa per il tiranno sanguinario... si tiene sempre per chi scappa, in fondo!

Vengono alla mente molti riferimenti colti, ma le citazioni sono sempre sommesse e discrete, frutto di una cultura profonda: Ejsenstein, il formalismo russo in generale; un certo cinema epico russo, ma anche ungherese alla Jancso, quindi molto piu' tardo; ma pure il Brecht del  Cerchio di gesso del Caucaso, per la portata maieutica delle disavventure dei due protagonisti.

Tutto si svolge in un mondo che sembra premoderno e che contrasta con la modernissima sontuosita' kitsch della 'reggia' di Sua Maesta' il Presidente. Si pensa a Reza Palhevi, ed anche a certi dittatori centro europei che non nomino per orrore...

Il film e' civilmente molto onesto, ci pone e si pone molti interrogativi sulla violenza, sul diritto alla vendetta, sul 'terrore' dietro l'angolo, in cui la gara della ferocia e' senza quartiere... risponde alle nostre e sue domande? si, no, non so... un'esortazione alla riflessione, di grande profondita'.

Una menzione speciale per il giovanissimo interprete: Sua Atezza il nipote di Sua Maesta' il Presidente, un sorprendente attore in erba... spero che non gli venga assegnato un premio, gia' anni fa, la protaginista bimba di Ponette, venne premiata come migliore attrice, meglio lasciare fuori i bambini da questa competizioni... certo sarebbe meritatissimo, ma questo e' un altro piano di considerazione,

emilio campanella

GHESSEHA (Storie) di Rakhshan Banietemad per Venezia 71, e' una specie di anello narrativo in cui molti personaggi sono collegati, non tutti, e non perfettamente, alcuni si ritrovano, altri no.

Un regista gira videotapes di interviste a persone di diversa estrazione sociale, in vari ambiti, o vorrebbe riuscirci. Il film e' uno spaccato di vita e di sofferenza a Teheran.

S' inizia con un taxista che carica una giovane donna con un bambino malato, in cui riconosce un'amica della sorella, scomparsa e che ora si prostituisce; va a casa della madre per prendere la bambina, siccome tanto lui quanto sua moglie sono costretti a lavorare, anche perche' lui ha combinato dei pasticci...

E' stato condannato, come quasi tutte le pessone di cui seguiamo le vicende di fatica di vivere. Condannati come eversori, solo perche' lottavano per il diritto al lavoro, come il protagonista della penultima storia: picchiato dalla polizia mentre cercava di manifestare davanti alla fabbrica contro i licenziamenti.

Senza lavoro, e' 'mantenuto' dalla moglie, e a sua sofferenza e' enorme, privato del ruolo per cui e' stato educato!

Nell'ultimo episodio un dialogo complicato e macchinoso nasconde un desiderio d'amore, da parte di un giovane uomo che non riesce a sbloccarsi per esprimere il sentimento, e la conversazione e' estenuante e senza uscita, un dialogo come fra persone che parlino lingue diversissime.

Direi ch'e' un tratto precipuo del cinema iraniano, questo cogliere l'impossibilita' di dialogo fra uomo e donna, su posizioni inconciliabili, con il tentativo delle donne di discutere ed esporre i problemi che si scontra contro una posizione maschile di totale chiusura.

Si veda il rapporto fra il marito violento e la moglie da lui sfigurata, fuori dalla casa protette. Solo tre vicende delle molte raccontate, e che si concludono con il regista cui e'''' stata restituita la videocamera sequestrata alla manifestazione cui era presente l'operaio di cui ho parlato.

Continuera' a girare, a testimoniare, nella speranza di poter mostrare il suo lavoro, chissa' quando...

E' la storia della regista che mostra quello che le sta intorno: corruzione, violenza politica, condanne ingiuste, morti in carcere, suicidi... nel corso degli anni ha girato dei corti, dopo complicatissime procedure per ottenere permessi... li ha poi assemblati, e per questo qualche collegamento non e' perfetto, per quanto coerentissima sia l'idea che sta alla base del lavoro e credibilissimi gli attori.

emilio campanella

ANIME NERE di Francesco Munzi, primo film italiano in concorso per VENEZIA 71.

Coraggioso, rigoroso, coerente, sono i primi tre aggettivi che questo film mi suggerisce. Storia di tre fratelli originari della terra d'Aspromonte, con una tragedia alle spalle ed un vissuto o dentro o gomito a gomito con la malavita.

Sembra che non ci sia via d'uscita: per chi se ne allontana- apparentemente - geograficamente, per chi resta e si tiene lontano... ma con quanta difficolta', ed in realta', ben poco successo... poi, basta una minima frana perche' il baratro che inghiottira' tutti, si spalanchi.

Se il fratello minore traffica a livello internazionale, il mediano fa il signore borghese con bellissima moglie stranera (Barbora Bobulova) a Milano, fondando il proprio successo sul denaro sporco del fratello; il maggiore, restato in Calabria, si illude di poter fare la sua vita rurale senza essere toccato dall'orrendo boss locale responsabile della morte del padre e del fratello bambino.

Basta una reazione violenta del figlio ventenne ad uno sgarro subito dal proprietato del bar della stazione, protetto dagli avversari, per scatenare una catena di omicidi, che culminera' in un seguito di tragedie famigliari degne di una tragedia di Seneca!

Colpisce l'ambientazione nelle tre locations, per una volta gli spostamenti spaziali non provocano spezzature drammaturgiche, la fotografia e' molto accurata e motivata nelle differenze stilistiche che si riscontrano, efficace il montaggio, notevoli gli attori, un coro di donne molto brave ed espressive, una per tutte quella che interpreta la madre dal volto intenso ed antico.

C'e' nel film, una comprensione dell'ambiente e della gente, non certo un avallarne i comportamenti, ma si entra in un ordine di idee di ragionamento ancestrale.


emilio campanella

Mi dispiace sempre molto scrivere una recensione negativa, se posso cerco di evitare, ma trattandosi di un festival, non posso esimermene.

Ulteriormente mi dispiace trattandosi di Fatih Akin, cineasta che stimo, il cui SOUL KITCHEN, meritatamente premiato proprio a Venezia alcuni anni orsono, amo molto, ho molto consigliato e fa parte della mia cineteca, per cui la cattiva sorpresa di questo THE CUT, in concorso, risulta veramente amara. 

Certo un merito, da parte di un regista turco, dimostrare la sensibilita' di affrontare il problema tendenzialmente rimosso dal governo di Ankara, del genocidio armeno durante la prima guerra mondiale, ma di converso, demerito, allora, data la cattiva qualita' del film.

Confesso che cercando in rete immagini e sequenze, prima della visionatura, un po' temevo la cocente delusione che si e' rivelata reale.

Siamo fra l'altro, di nuovo, in questo festival, ad un altro esempio di 'cinèma de papa'. Il lungo, lunghissimo racconto (138'). E' svolto in maniera piana: piatta, con immagini prevedibili, attori poco espressivi...ma e'Ë uno di quei filmoni... si diceva una volta, in cui nessuno sembra recitare, appiattito su uno sfondo.

Pesantissima la colonna sonora, praticamente onnipresente. Il racconto e' costellato di banalita' narrative ed estetiche: non ci interessano le belle vedute alla Ippolito Caffi, se non sono motivate, si tratta di bellurie sterili. La strage stermina parte della famiglia del protagonista, lui stesso viene solo parzialmente sgozzato, e questo porta al suo mutismo, salvo, ma senza piu' il dono della parola, siccome le corde vocali sono rimaste lese.

L'espressione monocorde e stolida del protagonista ( Tahar Rahim) gli fa perdere l'occasione di una grande prova d'attore! Allegerendo un po' il discorso, tutti ci ricordiamo l'espressivita' del servo muto di Zorro! E tornando su un piano serio, quanto sia un ruolo da grande attrice, quello della Kattrin, figlia muta di Madre Courage!

Tornando a questo brutto film, Nazareth, il protagonista, viene a sapere che le figlie sono vive... a sono a Cuba, cola' arrivato, scopre che sono in Minnesota, dunque il film ha una parte 'on the sea', poi, classicamente americano: 'on the road' in ambientazioni fra Steinbeck e Faulkner, fino all'incontro con una delle figlie, una sola, siccome l'altra e' morta... e qui, un ulteriore errore, la figlia sopravissuta dice al padre:
'"ma hai me!'... quando mai un gemella direbbe una cosa simile del sorella morta... morta una parte di se', cui alcuni non sopravvivono che poche ore!

Concludendo: un film inutile! Alla proiezione per la stampa, costellata di defezioni per tutta la durata della proiezione, uno stillicidio continuo, forte e' stato il contrasto fra il tonfo del film ed il silenzio che ha accompagnato gli ultimi fotogrammi. Mi auguro di dimenticare presto questo incidente di percorso, e di mettermi subito in attesa di un buon film di Fstih Akin.


emilio campanella

IL GIOVANE FAVOLOSO di Mario Martone, in concorso per VENEZIA 71. Lo si potrebbe definire un ritratto affettuoso di Giacomo Leopardi, ma anche un affresco dell'Italia dei primi decenni dell'Ottocento, continuando il discorso iniziato con NOI CREDEVAMO, e successivamente continuato con il bellissimo spettacolo: OPERETTE MORALI.

Sara' perche' ha il viso di Elio Germano, sara' perche' siamo in molti ad averlo amato per la sua vita difficile, per la sua poesia a dir poco emozionante, per il saper giocare con la cultura, nonostante la sua profondissima malinconia, ma ce lo sentiamo vicino, mentre seguiamo la sua formazione sotto la guida del rigido padre Monaldo (Massimo Popolizio, perfetto).

L'ambientazione del film e' ineccepibile, tanto per gli interni di palazzi e salotti, quanto per gli esterni: paesaggi di natura oppure urbani, con luci e scorci inediti o che riescono a sembrarlo. I 138' volano via! E' un film di ampio respiro, ma anche molto intimo e privato nel modo di raccontarci non solo il protagonista, ma anche chi gli sta attorno, chi lo approva e chi lo contrasta...

Giacomo Leopardi e' visto come uno spirito libero che paga pesantemente le sue scelte, ma che ha anche il suo riscatto grazie a persone che lo stimano e che lo amano, e riesce perfino  a vivere in luoghi bellissimi che un poco sembrano aiutarlo a sopportare la sua sofferenza... diventa, durante il film, man mano che si accartoccia sempre piu' su se stesso, anche man mano piu' simpatico!

Ci sono episodi magnifici come il primo tentativo di fuga; l'eruzione del Vesuvio, degna di Caffi, ma non solo come citazione siccome nella pellicola i riferimenti pittorici sono molteplici; Palazzo Donn'Anna a Posillipo, sulla cui spiaggia Giacomo ha un momento di profondo sconforto, uno dei tanti che fanno sgorgare dalla sua anima i versi sublimi che Germano ci porge, in vari momenti, come timidamente, appena accennati e pensati guardando il mondo che gli sta attorno, cercando grazie a questo di prendere un respiro piu' lungo che lo aiuti a reggere il rapporto conflittuale con un corpo sempre piu' contratto e dolorante... con un mondo, talvolta molto ostile, con figure femminili che desidererebbe... con e contro l'amico Ranieri che lo sostiene, ma che anche costituisce un modello inarrivabile di vitalita' e disinvoltura in societa'.

Grande stima ed onore per un fiore all'occhiello come il poeta, per il proprio salotto, ma lasciandolo escluso da ogni altro rapporto cui potrebbe ambire con una donna... un modo di affrontare un argomento molto spinoso, delicato e doloroso per chi ama un letterato e talvolta non e' interessato ai pettegolezzi sul suo conto... Non mancano momenti di esplosione visiva di fantasia, sempre coerenti con l'insieme del film.

Una buona colonna sonora che ha i suoi giusti momenti di carica drammatica in un film 'romantico';  i brani classici sono solo di Rossini, autore amatissimo da Leopardi, e di cui assistette ad alcune prime al S. Carlo di Napoli. La Matilde si Shabran che si vede in una scena e' quella stessa del ROF di Pesaro la cui regia aveva curato lo stesso Martone.

Uno stuolo di attori anche in camei, come Enzo Moscato, Renato Scarpa, oppure Iaia Forte, la padrona di casa 'cattiva', Sandro Lombardi, il tutore; Franco Graziosi, insinuante, lo zio, e moltissimi altri. Siccome siamo in un momento di discussione di programmi scolastici, siccome Geografia e Storia dell'Arte sono state reintegrate (bonta' loro!), non sarebbe male inserire questo film nei materiali didattici consigliati.


emilio campanella

TSILI di Amos Gitai, fuori concorso, un film misterioso, ellittico, tratto da un romanzo di Aharon Appelfeld.

Breve e simbolico Prima titoli di testa in cui una ragazza danza lungamente lacerazioni e macerazioni in uno spazio come di scena vuota; poi le immagini sono quelle di un bosco in cui una fanciulla si e' creata una specie di nido, bozzolo, ma ogni tanto e' diversa, Tsili si sdoppia, interpretata da due attrici, cerca bacche, sembra disturbata, assente, ripiegata su se stessa, poi arriva un uomo che dice di chiamarsi Marek, intorno a loro deflagrazioni e suoni di guerra, capiamo da frammenti di dialogo che i villaggi sono stati attaccati e gli abitani deportati, l'uomo si allontana per cercare qualcosa per il loro nutrimento, Tsili rimane sola.

Dopo un'ora di bellissime immagini dagli echi tarkovskiani, girate magistralmente, un violinista entra in campo, quando l'obiettivo si e' alzato a mostrarci un'orizzonte piu' ampio; dietro di lui molte persone reduci dai campi, con involti, valigie, si guardano intorno, si guardano far loro, si riconoscono, parlano di chi non ce l'ha fatta, non hanno l'aspetto di ex deportati, ma ne interpretano il ruolo come attori di teatro; arrivano al mare, aspettano una nave che li porti in Palestina.

Ritorna l'incubo dei rastrellamenti, poi la scena e' in un ospedale da campo rigurgitante di feriti e di profughi, ma la scena non e' naturalistica, sembra come una performance, un'installazione, azioni si ripetono, parole e frasi, ciclicamente, si ripetono, ritornano, in molte lingue: yiddish, ucraino, polacco, tedesco, russo.

Prima dei titoli di coda una sequenza di montaggio di immagini documentarie che testimoniano la vita deglie ebrei del centro Europa, prima dell'avvento del nazismo... credo di aver riconosciuto sequenze viste nelle prime sale dello Yad Vashem di Gerusalemme. Un lavoro intensissimo, aldila' dell'apparenza algidamente formale delle immagini perfette.


emilio campanella

SHORT SKIN, opera prima di Duccio Chiarini, per BIENNALE COLLEGE CINEMA.

Recuperato grazie alla segnalazione di un collega, un piccolo film fresco ed 'ingenuo' che tratta di ragazzi e ragazze, amori che sbocciano e s'incrociano, sesso ed iniziazioni di maschietti problematici... qui sta il problema del protagonista affetto da fimosi, problema molto diffuso, riscontrato dal padre quando era bambino,e poi negato da lui per timidezza all'avvento della puberta'.

Rapporti impossibili, masturbazione dolorosa, e tentativi con i polipi!!!

Il chirurgo contattato gli d‡ buoni consigli, ma esorta all'intervento... il ragazzo ha paura, ma poi si convince; nel frattempo grande crisi coniugale dei genitori... la decisione viene presa ed il pistolino... rimesso a nuovo: sembra che questo 'restauro' faccia riavvicinare i coniugi in crisi... il 'bambino' in ospedale commuove sempre!

Bravi e credibili gli attori, buon ritmo, ed aldila' di qualche semplicita', un film godibile ed interessante... anche questo da mostrare nelle scuole!

Ragazzi, guardatevi e toccatevi, controllate che tutto funzioni bene, le ragazze vanno regolarmente dal ginecologo fin da piccole, con le madri... esistono gli andrologi, non dimenticatelo!


emilio campanella


NOBI di Shinya Tsukamoto, tratto dall'omonimo romanzo di Shoei Ooka ( LA GUERRA DEL SOLDATO TAMURA, prima edizione Einaudi 1957) direi remake dell'omonimo film di Kon Ichikawa 1959) VENEZIA 71 in concorso.

Ho letto questo romanzo da giovanissimo. Lo sforzo produttivo e' stato notevole, coinvolgendo una compagnia teatrale, la fotografia e', al solito, notevolissima, il regista e' anche bravo attore, ma il film che parte in maniera interessante con l'atmosfera torrida attraverso il filtro febbrile del protagonista tisico, poi si risolve in una macelleria grandguignolesca assolutamente inutile... a che cosa serve un altro film 'di guerra' che non aggiunge nulla a nulla?

Fortunatamente breve, si e' beccato molti fischi alla prima proiezione per la stampa.


emilio campanella

ITALY IN A DAY, un giorno da italiani. Un progetto coordinato da Gabriele Salvatores. Fuori concorso, settantacinque minuti (una scelta dalle 2.200 ore di girato pervenute) di video realizzati da persone che hanno raccolto l'invito a testimoniare la loro presenza, il loro modo di vivere, le loro aspirazioni, le loro frustrazioni, i loro amori, le loro sofferenze, il loro divertimento... dall'alba al tramonto del 26 Ottobre 2013.

Tutte le categorie sono rappresentate: dall'astronauta che ci guarda dall'alto, al marinaio sulla portacontainers alla volta degli Stati Uniti, vere cornici del racconto.

Ci sono i molto anziani, ci sono i bambini, piccolissimi, che nascono, ci sono i nottambuli ed i dormiglioni, chi cucina, chi saluta il sole in terrazza, ci sono animali da compagnia presentati da 'padroni' e 'padrone' innamorati.

C'e' chi lavora all'estero, come il cardiologo che salva bimbi in medio oriente, chi fa il pane, chi lavora in fonderia; di tanto in tanto qualche sequenza accelerata di cieli, nubi in trasformazioni, campagna, i pazzi con fili elastici, quelli con le tute tipo scoiattoli volanti, i paracadutisti. ci sono anche due coppie si ragazze che si baciano teneramente, una coppia di ragazzi di cui vediamo le ombre e due babbi di una bellissima bimba, che ci espongono i loro problemi... quelli che si dibattono proprio in questi giorni!


emilio campanella

IM KELLER di Ulrich Siedl, fuori concorso. Ho recuperato in extremis l'inquietante catalogo di cantine austriache passato il 28 Agosto.

Pur non amando questo regista, trovo sempre interessante il suo lavoro di maniacale entomologo dei comportamenti umani. In questo caso ci mostra una serie di atteggiamenti disturbati e disturbanti, apparentemente divertenti - talvolta - piu' spesso scioccanti.

Un signore ha un poligono di tiro sotterraneo, e si diletta di opera fantasticando di poter essere un bravo tenore lirico... i suoi amici di pallottola fanno discorsi banalmente e gravemente razzisti che lui cerca di ricondurre ad una visione di maggiore comprensione per gli immigrati.

Una signora avanti negli anni, ogni tanto scende in cantina dove tiene in scatole di cartone e carta velina, i suoi bimbi molto piccoli, se al primo episodio crediamo alla sua convinzione, poi ci rendiamo conto che si tratta di bambole molto realistiche e quasi scioccanti... quasi cadaverini conservati... ma tutto sommato una mania innoqua.

Ogni tanto vediamo massaie che fanno il bucato, la lavatrice in funzione, sull'attenti,  lo squardo in macchina. Un'altra sembra un museo di storia naturale ottocentesco, od un laboratorio di tassidermia; questi signori sparano a qualunque animale e se lo mangiano! Cleo e' una donna masochista e ce lo racconta, legata come un salame, si fa ridurre il sedere ad una mortadella rossiccia e ne e' molto felice, nel sesso vuole un uomo dominante, ma non un assassino, infatti ha mandato in galera per quattro anni un marito violento... si occupa di donne violentate, perseguitate e picchiate dagli uomini. La sua sessualita' ed il suo piacere sono una cosa molto separata.

Un uomo tiene un gigantesco serpente in una grande teca terrario... assistiamo al suo pranzo...!!!! Un gruppo di simpatizzanti nostalgici nazisti si riunisce nella cantina enorme di uno di loro, arredata con ogni genere di cimelio, suona gli ottoni e s'inciucca oltre ogni dire!

Ed eccoci alla coppia che piu' ha fatto parlare di se: la 'mutti' dominante ed il suo 'schiavo d'amore'. Lei, alta e grande, capelli a meta' fucsia, aspetto decisamente 'pericoloso' si presenta e ci espone il suo modo di amare il marito orso (poliziotto privato che vediamo controllare un teatro), che tortura in maniera raffinata e divertente, lui accetta tutto e mugola, geme e gode... lo vediamo nudo pelosotto, massicciotto, con il bel culo muscoloso esposto, mentre pulisce il bagno con la lingua, poi pulisce anche lei dopo che ha fatto la pipi'... successivamente lavera' i patti con alcuni pesi appesi ai testicoli... soffre e sembra contentone!

Lei continua spiegando come un rapporto d'amore siffato non possa che essere basato sulla piu' profonda fiducia. Lui prima portava la cintura di castita', ora non piu', ha imparato a rispettare il divieto a masturbarsi. Scesi in cantina sempre lei ci mostra i giocattoli con cui lo sottomette: plugs, dildos, ed un blocca testicoli che obbliga dolorosamente la vittima alla posizione inginocchiata, ad ogni movimento la tensione aumenta. Ultimo atto, lui e' legato supino e con i testicoli legati, lei con una carrucola lo solleva man mano con piccoli strappi ad ognuno dei quali sentiamo i gemiti dello schiavo e vediamo chiaramente aumentare la tensione della sua erezione... amore, e se loro sono contenti, perche' no! Inquietanti le risatine d'imbarazzo della sala; ancora di piu' il silenzio che accompagnava le immagini della cantina nazista!!!


emilio campanella
Un cortometraggio (19') del grande maestro portoghese, decano del cinema mondiale, con il suo secolo abbondante di vita.

Come sempre immagini bellissime per uomini di varie epoche che si incontrano in un giardino contemporaneo.

All'inizio un antico libro affonda nelle onde, riaffiora, galleggia gonfio d'acqua di mare, una copia antica de I LUSIADI; un esemplare prezioso del Don Chisciotte, illustrato da Gustave Dore', viene sfogliato, le incisioni lasciano il posto alle immagini dello storico film di Kozincev.

Nel giardino, sulla stessa panchina a disquisire di letteratura e massimi sistemi: Luis de Camoes, Camilo Castelo Branco, Teixeira de Pascoaes; insieme con loro Don Chisciotte discutendo dell'importanza e dei legami della letteratura iberica; l'evocazione di Don Sebastiao... immagini da un antico film dello stesso de Oliveira, intorno agli stessi temi, gli stessi autori, purtroppo la pellicola finisce presto.


emilio campanella
SIVAS di Kaan Mujdeci, in concorso per VENEZIA 71. Sivas e' un 'cane da combattimento' bellissimo lasciato per morto sul terreno ed abbandonato dai suoi 'padroni'.

Aslan, un bambino di undici anni di cui abbiamo seguito la dura vita nella Turchia rurale, alle prese con un fratello adulto molto primitivo, un padre poco presente, un'istituzione scolastica poco efficace, sta sviluppando un carattere forte, per sopportare la durezza della gente che lo circonda.

Sivas si riprende, e' un bellissimo cane bianco, forte, muscoloso, fiero ed a modo suo affettuoso con i compagni di scuola del ragazzo che lo accarezzano, ma deve guadagnarsi la zuppa che riceve, e deve farlo combattendo, azzuffandosi con altri 'cagnacci' come lui, questo e' il suo ruolo, come spiega un adulto 'saggio'.

Temo che gli estremi per una denuncia per maltrattamento degli animali ci siano tutti siccome due combattimenti sembrano MOLTO veri, l'ultimo forse no, e le tracce di sanque possono essere solo maquillage... comunque il cane e' veramente alla catena  e cosi' incatenato e tirato trascina tre copertoni molto pesanti.. .in conclusione mi sembra un film profondamente diseducativo.


emilio campanella


RETOUR 'A ITHAQUE (Ritorno a L' Avana) di Laurent Cantet, Giornate degli Autori. Con Isabel Santos (Tania), Jorge Perugorria (Eddy), Fernando Echevarria (Rafa), Nèstor Jimènez (Amadeo), Pedro Julio DÏaz Ferran (Aldo).

Una scommessa stilistica degna di Cantet: le tre unita' aristoteliche: unita' di tempo, di luogo e di azione... scommessa vinta. Una terrazza con vista sulla citta' ospita il ritorno di Amadeo, dopo sedici anni in Spagna, e l'incontro con gli amici stretti di gioventu'. Solo la cena sara' in casa, ma il luogo e' lo stesso.

Cinque straordinari attori si confrontano con i ricordi, le nostalgie, i rimpianti, le frustazioni, i rancori che portano anche a momenti di gioco al massacro, ma mai gratuito e demotivato. C'e' un motivo che ha portato Amadeo a non tornare ed anche a fare una vita durissima in Spagna, come c'e' un motivo che ha mosso la sua decisione di tornare in patria allo scopo di restare, lo sapremo alla fine.

Molti i racconti, i tentativi di spiegazione, ma solo i volti e le voci degli attori, ripresi con attenti movimenti di macchina, nessun flashback ad interrompere la tensione. Avevano tutti grandi aspirazioni artistiche... per la maggior parte frustrate, ma anche l'oftalmologa Tania ha molto studiato pe ritrovarsi ad arrancare economicamente...

Eddy no, pare, si e' lasciato traviare, non scrive piu', ha un po' venduto l'anima per fare una vita migliore... ma teme che siano stati scoperti i suoi pasticci... l'atmosfera generale e', almeno all'apparenza, piu' rilassata, ma e' piu' un'impressione, e venendo alla realta' di questi giorni, Mr Cantet non era accompagnato dai suoi attori, siccome non hanno potuto lasciare il paese... e non si sa se il film potra' essere visto dove e' nato...

Rafa dipingeva, ma poi ha perso l'ispirazione, si e' depresso, si e' messo a bere; poi ha pian piano risalito la china, ora, come dice lui, vende scarabocchi ai turisti... Aldo campa come puo' e si preoccupa per il figlio; Amadeo stesso non scrive pi˘ da anni, vorrebbe riprendere, e spera che il ritorno in patria gli sia di stimolo... le loro sono un po' tutte vite rovinate, deluse da un sogno in cui sono stati costretti a credere e che si e' rivelato, purtroppo, per come e' stato realizzato, un grande inganno!

Le conversazioni in terrazza continuano dopo la cena ed i rancori si risvegliano, Amadeo alla fine spiega il motivo della sua fuga, che io non rivelero', la ragione per cui l'amatissima Angela e' morta sola, senza poterlo raggiungere come era nel loro progetto, il traviamento generale che ha coinvolto tutti, il tradimento del sogno di una rivoluzione che ha inaridito ed insterilito menti fertili e creative; intanto l'alba inonda di luce il mare e la costa, un giorno nuovo nasce...


emilio campanella


PASOLINI di Abel Ferrara, in concorso per VENEZIA 71. Diciamocelo subito: una bella gatta da pelare un film ispirato alla figura di Pier Paolo Pasolini!

Coraggioso Abel Ferrara ad accettare la sfida, direi, con se stesso: ha fatto un lavoro che ricostruisce le ultime ore, prima della tragedia di Ostia; ha molto studiato i testi scelti tentandone anche, con esiti molto alterni, delle ipotesi sperimentali di messa in scena.

In alcuni la presenza di Ninetto Davoli, simpaticissimo (come sempre) e lunare risulta determinante, lui elegantissimo con il suo frac svolazzante, omaggio e ricordo di Toto', mentre lo stesso Ninetto si sdoppia con il suo io giovane che ha la faccia sorniona di Riccardo Scamarcio.

Gli attori sono la componente migliore del film, da Willem Dafoe nel ruolo del titolo, attento, misurato, credibile e non troppo somigliante, per fortuna; la magnifica trepida madre di Adriana Asti, Giada Colagrande, la cugina, mentre Maria de Medeiros e' un'azzeccata Laura Betti, per citare solo i principali, cui si aggiunge Valerio Mastrandrea (Nico Naldini).

Quello che manca e' la scintilla; e' tutto abbastanza giusto... quasi tutto, e vedremo perche', ma anche piuttosto didascalico; dalle interviste, come quella iniziale intorno a Salo'-Sade alla 'passeggiata' in macchina a caccia di ragazzi, in una Suburra appannata, non solo come visione fotografica.

Sembra cinema transgender, se mi passate il termine troppo inflazionato... un film americano travestito da italiano: l' abito firmato da uno stilista del MADE IN ITALY, come dicono e scrivono le persone che sanno (!!!), ma con le scarpe da jogging, insomma per dare un'idea!

Comunque ci sono prestiti dal passato, ma come poco digeriti, a pezzi, poco convinti e convincenti... se Bach e la Missa Luba nella colonna sonora sono abbastanza corretti, trovo fuori luogo la Rosina Rossiniana dei titoli di coda, perche' se la Callas e' un giusto riferimento puntualmente evocato, anche se in extremis, si sarebbe dovuto scegliere Medea di Cherubini, od almeno Norma di Bellini, che avrebbe potuto creare un legame di riferimento con il film Medea, didascalismo per didascalismo, perche' no.

In conclusione, pollice verso sulla fotografia da cartolina e soprattutto sulla scena dell'uccisione raccontata in oggettiva e scegliendo la tesi, quando il regista stesso aveva affermato di non aver preso partito, della gang di balordi che punisce il frocio schifoso... no comment!


emilio campanella


CHUANGRU ZHE (Red amnesia) di Wang Xiaoshuai in concorso per VENEZIA 71. Un bel film che parla di fantasmi che ritornano dal passato e di fantasmi attuali.

La protagonista anziana ma non decrepita, ancora molto attiva cerca di occuparsi del giovane figlio scapolo di cui non accetta e rimuove l'omosessualita', del nipotino, nonostante il fastidio della nuora che la ritiene invadente, mentre il figlio sposato cerca di ammorbidire le tensioni. Si occupa anche dell'anziana madre.

E' rimasta da poco vedova ed il suo mondo le sta crollando addosso; di piu' inizia ad essere perseguitata da telefonate 'silenziose'. Comincia ad essere troppo!

Pur creduta dai figli e dalla polizia, lei stessa teme di essere preda di allucinazioni, visioni, fantasmi, e' vero che vede il marito seduto di fronte a lei a tavola e gli parla, ma questo dopo un lutto grave e' abbastanza frequente.

Un montaggio alternato abile, ci avverte di avvenimenti minacciosi attorno a lei, ed i vicini si preoccupano di furti ed aggressioni negli appartamenti del quartiere... un ragazzo la incrocia, la segue sempre piu' frequentemente... ad un certo punto lo avvicina, lo porta a casa, gli parla. Il ragazzo si addormenta e lei lo lascia dormire sul divano, lei va a dormire in camera sua chiudendosi dentro... forse.

Dopo una notte di sogni ed incubi per entrambi, al risveglio non lo trova. Avendo compreso da dove provenissero le telefonate misteriose decide di partire per una lontana regione sulle montagne e regolare i conti in sospeso da decenni...

Bravissima l'interprete protagonista, notevole la regia dal montaggio preciso ed efficace, ottimo il ritmo. I settantacinque minuti di ritardo di questa proiezione in Sala Grande, dovuti ad un allarme bomba, hanno fatto si che entrassi alla proiezione di THE SOUND AND THE FURY di James Franco, con mezz'ora di ritardo, siccome il film dura 101' non mi sento di darne un giudizio sereno, solo non mi ha convinto eccessivamente cio' che ho visto, ma questo non puo' essere considerata una valutazione... spero di recuperarlo e poterne parlare diffusamente.


emilio campanella


Anche quest'anno siamo giunti alla conclusione della Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, e sabato 6 Settembre sono stati consegnati i premi della settantunesima edizione.

Siccome e' stata una edizione costellata di buoni film, anche molto buoni, a parte quelli meno buoni, e decisamente discutibili che non sono stati pochi, ma priva di capolavori, la scelta e' caduta su: EN DUVA SATTPA EN GREN OCH FUNDERADE PA TILLVARON (Il piccione ul ramo medita sul senso della vita) di Roy Andersson, coproduzione europea.

Un lavoro curioso, accuratissimo, non lontanissimo da certe visioni esistenziali alla Kaurismaki, ma che forse,  non va molto oltre l'entomologica confezione formale. Un leone d'oro anche un po' contestato e con qualche fischio all'ultima proiezione in sala Darsena.

Leone d'argento ad Andrej Konchalovskij per BELYE NOCHI POCHTALONA ALEKSEYA TRYAPITSYNA (La notte bianca del postino), passato negli ultimi giorni.

Il Gran Premio della Giuria e' andato all'importante documentario: THE LOOK OF SILENCE di Joshua Oppenheimer, che avrebbe meritato ben di piu'.

Molto anomala la decisione di assegnare entrambe le coppe Volpi per l'interpretazione femminile e per quella maschile agli interpreti pur meritevoli di un medesimo film: HUNGRY HEARTS di Saverio Costanzo, dunque, ad Alba Rohrwacher ed Adam Driver.

E' stato assegnato il premio Mastroianni che va agli attori emergenti, a Romain Paul nel film LE DERNIER COUP DE MARTEAU di Alix Delaporte.

Premio per la migliore sceneggiatura, meritatissimo, a Rakhshan Banietemad e Farid Mostavavi per GHESSEHA (Storie) della coraggiora Banietemad, che e' riuscita ad aggirare la censura iraniana girando una serie di corti, e poi assemblandoli.

Premio speciale della giuria a SIVAS di Kaan Mujdeci, che non ho amato assolutamente, come ho scritto alcuni giorni or sono, e con cui, ovviamente, sono in totale disaccordo.

Della Giuria di Orizzonti, ricordo in particolare quello Speciale a BELLUSCONE di Franco Maresco; e poi una miriade di premi minori e collaterali, fra cui il Queer lion a LES NUITS DETE' di Mario Fanfani. Noto come la scelta di questo riconoscimento fosse fra una rappresentanza particolarmente esigua ed evanescente, senza contare il fallimento di Abel Ferrara che non ha costituito la sorpresa di Frears dello scorso anno.


emilio campanella



Vittorio Matteo Corcos dal 6 Settembre al 14 Dicembre a Palazzo Zabarella di Padova. Finalmente una mostra dedicata a Corcos, Livornese che lavoro' a Parigi, Londra, Firenze, insieme con i maggiori esponenti della pittura italiana, francese, e non solo, a cavallo fra Ottocento e Novecento Il titolo e' CORCOS, I SOGNI DELLA BELLE EPOQUE, frase a chiave, siccome gioca elegantemente fra il nome del pittore, il titolo del quadro SOGNI, un particolare del quale si ritrova sulla copertina del bel catalogo Marsilio, e sui manifesti, il momento storico artistico in cui lavoro'.

Vi e' effigiata Elena Vecchi , figlia dello scrittore Jack La Bolina (Augusto Vecchi), amico dell'artista. La ritroveremo tanto come MADDALENA, nella tela del 1896  come al centro de LES DEUX COLOMBES, del 1897. La anifestazione ha alle spalle due anni di preparazione e venti di studi, per arrivare a questo risultato, cui Palazzo Zabarella si preparava da tempo; e' occorso superare una certa freddezza critica che ha accompagnato la carriera di Corcos, di pari passo con un successo mondano evidente nei ritratti esposti.

Nella sua lunga vicenda artistica si riscontrano differenti fasi ed influenze che poi lasceranno il posto ad uno stile precipuamente suo, non solo di ritrattista, non solo di pittore capace di scandagliare, all'occasione, il carattere del soggetto, ma anche colto intellettuale, giornalista di valore. Grande amico di De Nittis, secondo alcuni fu un po' il continuatore di un certo modo di far pittura; entro' ben presto, ed in maniera trionfale, nella 'factory' della Maison Goupil e fu presente a ben tre Salons dell'epoca.

La mostra si divide in sei sezioni, consta di 108 opere, di cui 101 del Livornese, fra cui 27 inedite e 18 che non venivano mostrate al pubblico, da oltre trent'anni. L'artista, i luoghi, gli amici, prima sezione, propone l'ambiente toscano e sono presenti due ritratti differenti ed interessantissimi di Giosue' Carducci, entrambi del 1892, oltre quello dell'editore Emilio Treves del 1907, dalla Collezione di Franco Maria Ricci, come dire, fra editori! A Parigi, la pittura della vita moderna, dove fra la gamma dei soggetti compaiono anche impasti cromatici, modalita' pittoriche d'ispirazione settecentesca, oltre al farsi strada di quella personale,  estrema cura del particolare, dei gioielli, delle stoffe; ad esempio LUNE DE MIEL, acquerello su cartone del 1885. Terza sezione: In posa, Bambina, giovinetta, donna.

Qui si riscontra l'inizio della creazione di un certo immaginario moderno della femminilita', si veda: LE ISTITUTRICI AI CAMPI ELISI, del 1892, e per motivi completamente differenti: PIERROT CON GATTO del 1897, che prefigura, mome certi ritratti, quello che decenni dopo sara' il realismo magico degli anni trenta del novecento, alle cui soglie arrivera' Corcos, ma anche la sua sfida aperta alla fotografia. Sogni, la sezione 4, in cui e' presente il quadro gia' ampiamente citato, che dal 2010/11 in questo stesso palazzo per la mostra: DA CANOVA A MODIGLIANI, Il volto dell'Ottocento era presente; lo abbiamo poi ritrovato a Forli'. alla mostra sul LIBERTY dei Musei di S.Domenico.

La presenza dello stesso curatore, oltre ad altri ha un suo senso in questa coerente scelta. LE TRE SORELLE del 1900/1905 il quadro che sottopongo all'attenzione, per l'impianto interessante ed il gioco quasi fotografico della rappresentazione delle tre figure vicine  e come in fotogrammi successivi, appunto. Di seguito, Il trionfo del ritratto mondano in cui si trovano accanto nobildonne e fammes fatales,e dove continua lo studio quella costruzione di quella figura femminile aggressiva che portera' alla rappresentazione delle star cinematografiche fra le due guerre. La luce del mare, ultima sezione di cui cito: LA LETTURA SUL MARE (1910 circa) , ad ideale conclusione del cerchio.

Anche qui una giovane pensosa che ci guarda, seduta su una seggiola azzurra da spiaggia, un libro aperto sulle ginocchia, e' fra due ragazzi, uno disteso ed immerso nella lettura, l'altro, alla sua sinistra guarda 'fuori campo'... hanno appena discusso delle cose lette? Lei, sicuramente, ha appena interrotto la lettura; accanto sullo sgabello pieghevole, una piletta di quella stessa collana Gallimard che abbiamo visto sulla panchina su cui e' seduta Elena Vecchi. e siamo tornati ai SOGNI dell'inizio. Pittura, cinema, fotografia in una precisa sintesi non scevra di suggestioni, evocazioni, sfaccettature, rifrazioni e rimandi.


emilio campanella

Altri due importanti appuntamenti intorno a Paolo Caliari: VERONESE E PADOVA, l'artista, la committenza e la sua fortuna, al Musei Civici agli Eremitani sino all' 11 Gennaio 2015. Mentre si chiama: VERONESE NELLE TERRE DI GIORGIONE, la manifestazione -intesa generalmente- che si compone della mostra: VILLA SORANZO UNA STORIA DIMENTICATA al Museo Casa Giorgione di Castelfranco Veneto, e dell'itineario: IL TRIONFO DELLA DECORAZIONE IN VILLA, dal 12 Settembre 2014 all'11 Gennaio 2015.

Il 4 Settembre e' stato presentato l'articolato progetto espositivo padovano, ampio e ben contestualizzato, considerando il territorio, le committenze, il lavoro di bottega, la cerchia dei collaboratori e quella degli artisti 'minori' coevi. E' esposta un'ampia gamma di rappresentazioni da pittoriche ad incise ed a stampa. Un attento lavoro di ricognizione attorno alle opere del museo, le copie antiche ed altre anche relativamente recenti.

L'esposizione si apre e ruota attorno al raffronto fra L'ASCENSIONE dalla chiesa di S.Francesdo a Padova, la cui parte inferiore fu tagliata e trafugata nel seicento, e poi reintegrata gia' nel 1625, da Pietro Damini considerato allora il piu' autorevole artista cui poter affidare tale importantissimo compito, con gli UNDICI APOSTOLI, Olomouc Muzeum umÈni Omolouc (in deposito a Praga, N‡rodnÏ Galerie). Il confronto fra le due opere ed il riavvicinamento delle due parti della pala veronesiana, dopo quattrocento anni ed a cinquanta dalla identificazione della parte'perduta'. Catalogo Skira. Se a Padova un''agnizione' motiva una bella e colta esposizione, a Castelfranco si e' lavorato ingegnosamente intorno a qualche cosa che da secoli non esiste piu'. Infatti LA SORANZA venne demolita nel 1818, alla caduta della Repubblica Veneta; gli affreschi strappati dal Conte Balbi, con una tecnica, a tutt'oggi esemplare alcuni anni prima, vengono dispersi... la piccola, preziosa esposizione raccoglie la sfida di evocare e raccontare l'edificio scomparso, la sua decorazione, la sua ubicazione, la sua struttura, la famiglia proprietaria, i veneziani Soranzo che avevano proprietao' nella zona e che molto probabilmente introdussero lo stesso Giorgione nell'ambiente veneziano dove inizio' la sua carriera artistica e mondana suonando il liuto e ritraendo esponenti della nobilta' lagunare, come scrisse Vasari.

Un piccolo giallo/scandalo locale ruota intorno ad un grande frammento di affresco proveniente originariamente dall'edificio: MINERVA FRA LA GEOMETRIA E LA MATEMATICA di incertissima attribuzione, ed  attualmente a Palazzo Balbi a Venezia, sede della Regione Veneto. Alla presentazione, una diatriba, fra divertita ed imbarazzata, iniziata alla conferenza stampa, e ripresa di fronte all'affresco citato,da parte di un bello spirito locale interessatisimo alle motivazioni di un discutibile ( a detta sua ) acquisto, di opera pittorica supposta di Veronese, con la professoressa Paola Marini, dal consueto, elegante, signorile, ironico aplomb nella sua coltissima competenza di studiosa ed i curatori dell'esposizione. Tralasciando beghe paesane consiglio di percorrere con attenzione le sale e godere degli affreschi esposti e delle altre opere che si possono vedere, per una volta, con grande piacere, fruire da vicino, e grazie ad un'attenta illuminazione, valorizzate al meglio. Agile ed esauriente la guida alla mostra, pubblicata da Marsilio.


emilio campanella


Alla Casa dei Tre Oci, a Venezia, sull'isola della Giudecca, ad un passo da quella di S.Giorgio, le due nuove mostre fotografiche aperte al pubblico dal 13 Settembre al 12 Dicembre. Al primo ed al secondo piano: VENEZIA SI DIFENDE 1915-1918, al terzo: LEWIS HINE, BUILDING A NATION. La celebrazione veneziana, molto ampia, proviene dall'Archivio Storico Fotografico della Fondazione Musei Civici di Venezia con sede a Palazzo Fortuny e consta di oltre 350 immagini originali.

E' il tentativo, peraltro riuscito, di raccontare i tre anni della  Grande Guerra ed il loro impatto sulla citta' che nelle 42 incursioni aeree si trovo' addosso 1029 bombe ( 300 nella notte fra il 26 ed il 27 Febbraio 1918!) che provocarono gravi danni, 52 vittime ed 84 feriti fra i civili, attraverso testimonianze d'epoca. Le immagini, oltreche' importantissime per la testimonianza che costituiscono, hanno una altissima qualita' stilistica.

Provengono dagli storici archivi Filippi, Giacomelli, Ferruzzi, oltre ad altri. La scelta proposta e' divisa in differenti sezioni e parte dalla difesa ed alle tecniche per prevenire i danni ed i rischi dei bombardamenti; la vita cittadina durante il conflitto, prima e dopo le incursioni aeree, l'organizzazione e riorganizzazione della citta' durante le emergenze, e da ultimo le cerimonie e le celebrazioni all'indomani della fine del conflitto. Oltre alle fotografie sono esposte dodici xilografie fortemente drammatiche di Guido Cadorin, e sei litografie di Guido Marussig. Impressionante il S.Cristoforo, affresco di Tiziano a Palazzo Ducale, occultato dai sacchi di sabbia; i danni alla Chiesa degli Scalzi, le case devastate, gli ospedali. La pubblicazione di Marsilio, non e' un catalogo, siccome non riporta tutte le immagini esposte.

Al terzo piano del palazzo una bella scelta di fotografie d Hine, ma, come un assaggio, per un tale testimone dello sviluppo degli Stati Uniti nei primi decenni del novecento. Ci si domanda, ancora una volta perche' in questo spazio si scelga di far sgomitare mostre differenti, ed entrambe importanti, come in questo caso. Ci sono scatti celeberrimi, e si tratta di originali raramente esposti, provenienti dalla collezione Rosenblum di New York. Una scelta di sessanta immagini dai cicli piu' noti dell'autore: OPERAI DELL'EMPIRE STATE BUILDING, IMMIGRATI DI ELLIS ISLAND, REPORTAGE DI PITTSBURGH, LAVORO MINORILE IN PENNSYLVANIA, NORD CAROLINA E VIRGINIA.Importante presenza la proiezione del film di 60' : AMERICA AND LEWIS HINE di Nina Rosenblum e Daniel Allentuck.

Ci sono foto famosissime come UNA FAMIGLIA ITALIANA ALLA RICERCA DEL PROPRIO BAGAGLIO SMARRITO, N.Y. 1905, della serie Ellis Island; gli operai mitici ed eroici sospesi o "posati" su putrelle d'acciaio mentre costruiscono grattacieli; altri alle prese con macchine enormi, come in Metropolis.


emilio campanella

La Fondazione Cini, in collaborazione con Pentagram Stifnung proprone al pubblico, dal 14 Settembre 2014 all'11 Gennaio 2015, la nuova 'puntata' della storia del vetro veneziano.

S'intitola; TOMASO BUZZI ALLA VENINI, Una mostra che celebra il gusto italiano degli anni trenta nelle opere in vetro del celebre architetto milanese. L'esposizione, la terza dedicata alla storia della vetreria Venini e' curata da Marino Barovier.

Lo spazio e' stato nuovamente trasformato ed adattato per le esigenze espositive ed illuminotecniche atte a valorizzare al meglio gli oggetti esposti. Il percorso va dal 1931 al 1938 e sottolinea tecniche e cromatismi tipici di Buzzi che influenzo' tutta l'epoca con le sue forme riferite all'antico ricreando suggestioni d'ispirazione archeologica con spirito e gioco.

Un'interessante video mostra sinteticamente la tecnica dell'incamiciatura ed il risultato di colori ottenuti con la sovrapposizione di strati e l'effetto delle trasparenze.

Importanti mostre dell'epoca sull'arte persiana del X ed XI secolo sono alla base dell'ispirazione della serie TURCHESE E NERO del 1932, mentre CRISTALLO E ARGENTO venne presentata alla XVIII Biennale Internazionale d'Arte di Venezia del medesimo anno. La tecnica dell'incamiciatura succitata porto' ai celebratissimi vetri: LAGUNA, ALBA, ALGA e TRAMONTO, dagli effetti cromatici suggestivi


emilio campanella


Come ormai tutti sanno, lunedi 16 Settembre e' stato presentato alla stampa ed inaugurato il nuovo GIARDINO DELLA BIODIVERSITA' annesso allo storico Orto Botanico di Padova.

Una scommessa vinta, quella di affiancare all'antico luogo di studi e piaceri estetico botanici dell' Universita' patavina un edificio avveniristico incastonato fra meraviglie architettoniche della citta': la Basilica del Santo, Prato della Valle e la Basilica di S.Giustina, anch'essa all'ordine del giorno per la pala veronesiana che custodisce, date le numerose celebrazioni dedicate a Paolo Caliari.

La nuova costruzione che sembra fatta solo di luce, sorge al posto di un centro sportivo, ed in conferenza stampa si e' taciuto delle polemiche che hanno accompagnato il progetto. Certo, per gli abitanti delle case adiacenti, la preoccupazione dev' essere stata forte, ma alla luce dei risultati, la luminosa e trasparente costruzione sembra essere leggerissima, nonostante i suoi 100 metri di lunghezza, per 18 di altezza, una grande serra attraverso cui si vedono le piante, e pare quasi non avere le pareti bianche, tante sono le parti trasparenti che la compongono.

Le cinque sezioni in cui si divide il percorso espositivo rappresentano altrettanti ambienti e pannelli informativi seguono il rapporto dell'uomo con le piante, dalle epoche piu' antiche della sua storia. Si alternano spazi piu' ampi e piu' raccolti cui si accede da terrazze sia interne che esterne; 'finestre alla veneziana' mosse dall'esigenza delle piante stesse, costituiscono una delle meraviglie tecnologiche dell'edificio che raccoglie l'energia solare attraverso cuscinetti di Etilene Tetrafluiroetilene (ETFE)  e ricicla l'acqua che occorre alla sopravvivenza dei vegetali.

 All'esterno, stagni, bacini e cascate quasi alla Franck Lloyd Wright... Insomma, entrando nell'Orto Botanico storico, il piu' antico al mondo, rimasto nel luogo della sua originaria costituzione dal 1545, parco affascinante che colpi' Wolfgang Goethe con la sua antica palma del 1585, che ovviamente ancora si ammira, cosi' come il Gingko del 1750, la Magnolia del 1786 ed il Cedro dell'Himalaya del 1828... dopo essersi beati di tali e tante meraviglie, dopo aver sostato accanto alla Fontana delle Quattro Stagioni, fra i vialetti ombrosi, se ne scorge uno misterioso, si passa un ponticello su un ruscelletto, ci si trova fra strette quinte verdi, ed ecco apparire nelo spazio e nella luce il nuovo edificio ed alle sue spalle le cupole di S.Giustina... scenograficamente vincente!


emilio campanella


Alla Collezione Peggy Guggenheim di Venezia, dal 20 Settembre 2014 al 19 Gennaio 2015.A cura di Luca Massimo Barbero. Uno sguardo mirato ed ammirato su undici mesi (fra 1959 e 1960) a Milano anche fra post informale e realismo. Sei piccole stanze 'stipate' di opere importantissime per un terremoto sotterraneo di artisti non interessati a scalzare i 'maestri' dei movimenti appena citati, ma autori di un tessuto 'underground', una galleria omonima ed i due numeri della rivista, qui Manzoni, Castellani, Bonalumi; due pagine e la copertina di Fontana, il retro di Capogrossi.

Poi Bay, D'Angelo, Capogrossi; l'importanza del riconoscimento di Fontana. Rauchenberg, Johns, non Pop ma Neo Dada.

Le opere esposte sono tutte di artisti allora giovanissimi, Tinguely, Klein. Una sala per Castellani, in un allestimento suggestivo ed accuratissimo.

Oggetti e viaggi, e poi Azimuth verso il grande nord, la Svezia. Ognuno puo' 'fare' un'opera d'arte e dunque 'farla' ma anche fare di se' un'opera d'arte, agli albori di tendenze che diventeranno determinanti nei decenni seguenti.

Cio' ch'e' in mostra e' motivato per documentare, celebrare, la trasformazione degli oggetti, anche attraverso l'utilizzo di materiali come il caolino. Una sala per il Gruppo Zero. Una sala per Mack, cui il Guggenheim di New York dedichera' la sua rotonda dal 10 Ottobre. In conclusione: undici mesi fondativi e germinali da cui il concettuale.


emilio campanella


HIROSHIGE, Da Kyoto a Edo, vedute celebri del Giappone. A Venezia, Palazzo Grimani, ospita e celebra, attraverso il grande vedutista, ottocentesco, la sua preziosa collezione di arte orientale ancora provvisoriamente ospitata all'ultimo piano di Ca' Pesaro.

L'esposizione, aperta al pubblico il 20 Settembre, si potra' visitare sino all'11 Gennaio prossimo.  Utagawa Hiroshige, insieme con Kunisada, altro esponente importante dell'arte figurativa giapponese del secolo, e' in parte continuatore di una tradizione artistica di grandissimo successo da alcuni secoli, e dall'altra colui che provenendo da una stirpe samuraica, prova vivente di una profonda trasformazione sociale e politica in corso.

A dieci anni dalla sua morte (1858), il potere dello shogunato Tokugawa (1603-1868), che aveva stretto nella sua morsa il paese per circa trecento anni, crollera' a favore dell'imperatore Meiji con la conseguente apertura delle frontiere e la scoperta stupefatta ed ammirata, da parte dell'occidente, di un'arte cosi' diversa dalla sua e tanto affascinante da influenzare fortemente quella europea, nell'ultima parte del diciannovesimo secolo.

Quello esposto in questa occasione e' il corpus di stampe del museo nella sua quasi interezza di circa quattrocento fogli. e separati, e raccolti in volume , appartenenti a fortunatissime serie stampate e ristampate dagli editori/stampatori del tempo. Si tratta di incisioni colorate con estremamente cura con una tecnica particolarmente accurata di inchiostrazione manuale in cui la pressione determina l'effetto cromatico desiderato giocando con sfumature sempre differenti da un foglio all'altro, pur nel rispetto dell'originale.

Si puo' comprendere quanto sia interessante cogliere le differenze delle tirature di una medesima opera e quanto sia importante, per le collezioni, la qualita' della stampa. Questa e' di altissima qualita' esecutiva.

Lo scopo delle stampe era molteplice: vedute vendute come ricordo di un luogo visitato, acquistate per il desiderio di visitarlo, da portare con se' dopo un trasferimento, in ricordo del luogo di origine. Ancora celebrazione di celebri vedute del Monte Fuji da differenti prospettive come LE TRENTASEI VEDUTE DEL MONTE FUJI, 1858-59 o la RACCOLTA DI IMMAGINI CELEBRI DELLE CINQUANTATRE' STAZIONI DEL TOKAIDO', 1855, CENTO VEDUTE DEI LUOGHI CELEBRI DI EDO, 1857.

Alcune notissime, riprendono temi gia' affrontati da Hokusai, come riferimento-omaggio al grande maestro, cosi' come la ripresa del soggetto della GRANDE ONDA, ma da un'angolazione d'inquadratura differente, e comunque solo dopo la morte del grande predecessore. Una delle innovazioni stilistiche di Iroshige e' stata quella di realizzare vedute verticali, che prima di lui erano orizzontali, mentre precedentemente la verticalita' era destinata ai ritratti degi attori kabuki, o delle Tayu' (le geisha piu' importanti e di piu' alto livello). nello spirito stilistico tipico dell' Ukiyo-e (Mondo Fluttuante, mondanita'...).

Consiglio di guardare da vicino ogni stampa per apprezzarne le qualita' cromatiche, di segno, d'insieme di composizione. Sono esposti accanto oggetti, lacche, scatole, anche due magnifici kimono che riprendono i medesimi temi figurativi. Concludo riportando una notizia apparsa sabato 20 su di un giornale locale, a seguito della inaugurazione ufficiale della mostra, nel corso della quale, la Soprintendenza ha annunciato l'imminente restauro di Palazzo Marcello, sede storica del Museo di Arte Orientale, che e' attualmente, come detto, all'ultimo piano di Ca' Pesaro, sede provvisoria da oltre cento anni!


emilio campanella


Due esposizioni 'da salotto', per cosi' dire, si possono vedere in questi mesi, in due sontuosi palazzi veneziani: DIVINE, Splendori di scena, aperta al pubblico il 30 Agosto scorso, e che si potra' visitare sino all' 11 Gennaio prossimo alla Ca' Doro, e LITTLE BIG THINGS, Capolavori dalla Collezione Storp, a Palazzo Mocenigo, dal 6 Settembre al 6 Gennaio prossimo.

Che accomuni le due mostre specialistiche: il glamour che le avvolge... non BALOCCHI E PROFUMI, ma GIOIELLI E PROFUMI; l'accuratezza esecutiva e la bellezza dei piccoli oggetti; che le allontani: la qualita' tecnica delle esposizioni stesse.

Se a Palazzo Mocenigo le boccette di profumo, i balsamari egizi, le fiale greche e romane, le figurine di Maissen, ad esempio, sono elegantemente esposte al piano terra dell'edificio, i gioielli che si possono ammirare al secondo piano del palazzo che accoglie la Collezione Franchetti, si vedono in vetrine ben illuminata, ma addossate alle pareti del salone del secondo piano, a detrimento degli affreschi staccati  delle pareti!

Non penso che fosse impossibile creare un percorso centrale per poter fruire e della mostra temporanea, e delle opere della collezione permanente, gia' difficilmente godibili dato l'allestimento particolarmente triste e deprimente che connota l'atmosfera generale di questo museo, altrimenti di grandissimo valore...

Tornando a DIVINE, si tratta di un'ampia scelta di Gioielli di Fantasia, dalla collezione di Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, legati al mondo del cinema e divisi per temi: dall'imitazione delle pietre preziose, al riferimento all'antico per i film in costume, il mondo vegetale, quello animale, il firmamento, le trasparenze, le rifrazioni, e molti altri, per un numero molto alto di pezzi di grande gusto ed anche divertimento, Firmati da grandi nomi sono stati indossati da Greta Garbo, Marlene Dietrich, Bette Davis e Vivien Leigh. Due schermi rimandano immagini dei gioielli e scene di film famosissimi come LA FINESTRA SUL CORTILE con l'elegantissima Grace Kelly e GLI UOMINI SPOSANO LE BIONDE, con Marylin Monroe e la sua 'ode' intorno  ai diamanti, oltre ad altri.

Palazzo Mocenigo valorizzato recentemente dal gusto sontuoso e teatrale di Pier Luigi Pizzi, risulta, invece, la cornice ideale per la preziosita' dei numerosissimi pezzi esposti della Collezione Storp. Semplificando, si tratta di un grande numero di 'bottigline' per profumi di vario tipo, epoca e provenienza che vanno, come accennato, dall'Egitto antico, ai giorni nostri, ma con un grande gusto nella  scelta per la qualita' esecutiva e l'originalita' dell'oggetto, perche' se si parte dalle dinastie faraoniche si arriva ai flaconi di Jean Pauk Gaultier: meraviglie di Wegwood e boccette di Coty (certo, quelle di BALOCCHI E PROFUMI!... ancora una volta!), mementi rinascimentali in argento a forma di teschio e CHANEL N.5, ed ogni oggetto merita attenzione ed uno sguardo concentrato coadiuvato dall'ottima illuminazione delle piccole vetrine. Recuperate solo ora, queste belle esposizioni, erano state inaugurate in piena Mostra del Cinema, e quella dei gioielli, proprio in collegamento con la kermesse cinematografica, per questo, solo ora sono riuscito ad occuparmene.

Prima di chiudere, sempre in tema di piccole mostre, ricordo agli appassionati che sino al 30 Novembre, si potra' visitare la bella mostra: LE PORCELLANE DI MARINO NANI MOCENIGO a Ca' Rezzonico, di cui ho parlato precedentemente  e che consiglio.


emilio campanella