Le recensioni di Emilio Campanella: Settembre 2002

"DADDY" DOUG VARONE

TOUR ORGOGLIO(R)SO

JOURNAL D'UN INCONNU


"DADDY" DOUG VARONE

Ammirato, vagheggiato, e ritrovato in scena!

Erano molti anni, da quando ancora non mi occupavo ancora di danza, che non provavo un tale fremito di desiderio nei confronti di un danzatore... ma bisogna scrivere un antefatto: una tarda mattinata di tempo variabile vedeva, sulle dune degli Alberoni, l'apparizione di un bellissimo signore di mezza età, molto ammirato e corteggiato dai pochi presenti. Visto solo da lontano e sdraiato, poi in piedi, un torso ben costruito, un paio di gambe e dei glutei mozzafiato, e non è un aggettivo scelto a caso; poi non c'era più... fra le braccia di qualcuno? Spero per il fortunato!

Due giorni dopo al teatro Piccolo Arsenale, una serata della Rassegna SOLOMEN della Biennale Danza si componeva di quattro differenti interpreti; non vi dico la mia graditissima sorpresa quando fra questi ho riconosciuto il bellissimo "Daddy" delle dune, con l'unica differenza che il suo affascinantissimo accenno di pancia risultava molto naturalmente "tenuto". Ed ora la recensione:

Quelle di Solomen sono state spesso, tanto per le diverse personalità proposte, come per le scelte antologico-personali spesso a sorpresa. Il 28/5 il programma prevedeva DOMINGO TEJAADA MORENO in apertura, FRÉDÉRIC SEGUETTE con la prima parte di Shirtologie, DOUG VARONE con due pezzi separati da un intervallo, ancora giovane SEGUETTE con la seconda parte di S.; nuovamente VARONE e poi JORDI PUIGDEFABREGAS SERRA ed in chiusura S. con la terza parte di Shirtologie. Premesso che il pregio della serata è stato, intanto nella composizione del programma, composita e variata, per questo impegnativo come tempi, dati anche gli intervalli per gli "aggiustamenti scenotecnici" inevitabili se non altro per i puntamenti delle luci.

Apriva DOMINGO TEJAADA MORENO che oltre alla buona tecnica non aveva nulla da proporre a parte l'eccessiva durata del pezzo (20 minuti), tutto un po' stantìo, coreograficamente visto mille volte, con un uso di materiali, come una scatola prevedibile e un trapezio ginnico solo mostrato, che appare alla fine, creando un inutile lavoro ai tecnici. FRÉDÉRIC SEGUETTE proponeva, divise in tre sezioni alternate con i pezzi degli altri coreografi, Shirtologie di Jérôme Bel per un totale di 24 minuti di magliette sfilate ritualmente che se al primo episodio (9 minuti) hanno una carica ipnotica, ed al secondo (12 minuti) una visione ironica legata alle scritte sulle T-Shirt, alla terza parte (3 minuti) si arriva un po' alla noia, comunque un pezzo curioso. In sottofinale, invece, Jordi P. Serra, giovane danzatore di indubbia stoffa che con il suo "Solo señor........" propone un pezzo che si potrebbe intitolare "Solo mit-sasso-" in inequivocabile linea con la scuola di Essen, ma molto ben costruito e drammaturgicamente motivato come vogliono le zie: Bausch, Airaudo, Linke, Hoffman! Comunque di altra qualità emotiva e dalla "scrittura" molto ben strutturata.

Ora la personalità forte della serata: DOUG VARONE che proponeva tre pezzi: AFTER YOU'VE GONE (1995) un velocissimo brano sulla canzone omonima di Benny Goodman e dalla folgorante durata di 3 minuti, poteva sembrare molto più lungo (nel senso positivo) data la velocità della coreografia, divertente, briosa, ammiccante al musical, assolutamente non nuova, ma di qualità altissima. NOCTURNE del 1988 sull'Opus n° 2 di Chopin, più concentrativo e sospeso, ma talvolta con guizzi repentini "tradiva" un gran piacere di danzare ed una grande sapienza dell'uso dello spazio, la coreografia, la musica, il gioco; bellissime braccia, mani espressive, bellissimo lui!

Da ultimo ON THE FIELD OF DESTINY del 1993. più impegnativo per la durata (18 minuti) è sembrato più breve degli altri prezzi data l'intensità emotivo-drammatica impiegata coadiuvata dalle luci ancora più curate (David Ferri e Doug Varone) ed una bruma artificiale (ovviamente) anche dell'anima in cui è immerso il personaggio che lotta contro il mondo esterno ed interiore; il brano musicale di John Adams (The Wound Dresser) fortemente suggestivo creava l'atmosfera e contribuiba ad evocare situazioni che molto mi hanno ricordato i personaggi di Melville, Conrad, Poe, e la loro lotta contro gli elementi.

La qualità è quella detta in precedenza, con in aggiunta una forte carica drammatica espressa da un corpo forte che riempe lo spazio scenico dalla sua energia. VARONE si muove in un punto della scena e la sua energia, la sua intenzione di movimento raggiunge l'altro capo del palcoscenico. A ciò si aggiunga una "simpatia" naturale che si comunica al pubblico e contagia alla partecipazione di un rito di cui lui non è l'unico "sacerdote", ma che invita il pubblico al coinvolgimento. Grandi e meritati applausi condivisi con gli altri danzatori, a questo "marinaio perduto e ritrovato".

Emilio Campanella


TOUR ORGOGLIO(R)SO

Il Pride degli Orsi o gli Orsi del Pride?

Sembrerebbe uno dei geniali tormentoni di Achille Campanile mentre invece è il mio dilemma personale per porre l'accento su di una tematica per l'incipit di questo pezzo poiché è sempre un'idea che conta per scrivere un articolo, trovata la quale "tutto scorre".

Vada per gli Orsi del Pride, dunque, e cominciando dall'inizio, eccoci a Padova l'8/6, per me che vivo a Venezia, praticamente sotto casa, per il Pride Nazionale dove le premesse erano un po' ostili (non come a Verona lo scorso anno), ma dove invece poi tutto si è svolto con un'ineccepibile organizzazione, un buon seguito ed una buona partecipazione della cittadinanza, a parte le espressioni feroci (ma veramente!) dei poliziotti e le sole facce simpatiche di tre carabinieri sorridenti ed amichevoli, uff!, almeno loro! Ho sfilato con gli Orsi Italiani in un nutrito gruppetto di simpatici omoni e ragazzoni con alla testa un simpaticissimo orsobarbuto variamente ornato di palloncini colorati, che raccoglieva la simpatia più dichiarata, in primis da parte delle ragazze divertite dalla sua disinvoltura, e poi dai relativi "fidanzati" che non perdevano l'occasione di farsi fotografare con lui.

Due settimane dopo (il 22) a Milano in una giornata affocata, ho riincontrato gli amici degli Orsi Italiani con i quali ho nuovamente sfilato con una temperatura preoccupante e "poca gente" in giro ovvero, c'era e festosa, ma molto meno dello scorso anno e si può capire: non so quanto fossimo sopra i 30° ma un bel po'! Infatti il percorso è stato coperto in molto meno tempo del solito. Anche in questa occasione il medesimo "ORSOSTAR", questa volta con calze bianche lunghe su scarpini adatti, un improbabile divertentissimo "tutu", guantini parimenti bianchi, una maschera da orso sul volto e basta! Successo strepitoso e grande abnegazione da parte sua (peraltro è un "aficionado" del Carnevale di Venezia, per cui avvezzo al sacrificio!). Di tanto in tanto il suo compagno, altro magnifico orso, lo soccorreva con un po' d'acqua.

Atmosfera più rilassata in confronto a Padova, e molta simpatia da parte degli "spettatori" nonostante il numero inferiore detto sopra e bisogna anche dire, veramente massiccia la partecipazione ursina, ed in corteo, ed attorno... di gran belle bestie senza guinzaglio!!! Per me è stato particolarmente emozionante perché era il primo corteo assieme al mio nuovo compagno (la storia è giovane giovane, appena 14 mesi!) e l'abbiamo vissuto un po' come il festeggiamento del nostro primo anniversario anche se leggermente in ritardo.

La settimana successiva è stata la volta di Roma (il 29) dopo una pausa genovese di riflessione marina ed... ursina!

Per la seconda volta mi cospargo il capo di cenere per non essere riuscito ad arrivare a Catania per il Pride siciliano, peraltro così importante, cui anche l'Unità ha dedicato la sua pagina gay quindicinale (1,2,3, liberi tutti), ma essendo solo il giorno prima in confronto alla manifestazione romana, non avrei veramento saputo come fare.

Essendo, nella capitale, le manifestazione, in corso da tutto il mese ed un po' dovunque, mi sono trovato, siccome non sono riuscito ad avere l'accredito per il Don Giovanni al Teatro dell'Opera (ACH!), con le serate libere, e per altre, già occupate da bei programmi festosi....festORSI. Infatti la sera del venerdì 28 al Circolo degli Artisti, luogo strano, eterogeneo, dalla struttura trasformabile, diverse associazioni fra cui S.B.Q.R. organizzavano una serata Dress Code (e da qui le tensioni con certi intervenuti non proprio in linea che mi hanno riportato ai primordi del One Way milanese di più di 20 anni orsono! Poi, ovviamente tutti sono entrati ed essendo state tolte le T-Shirt tutto andava un po' meglio). L'ambiente essendo ampio e diviso in varie stanze risultava a tratti dispersivo - ma io posso dire fino alle 2, poi non so...- e con una sala discoteca anche troppo ampia e pressoché deserta; un cortiletto, invece, che voleva essere un po' trucido, ma che essendo a ridosso delle Mura Aureliane era, per me, appassionato di archeologia, emozionante in maniera completamente differente.

Il giorno dopo il corteo, festoso, colorato, "affollato" e con un percorso più centrale (via dei Fori Imperiali ­ Piazza Venezia) per arrivare a Piazza Bocca della Verità, come dire un salto di qualità. In quelle ore ero in contatto via SMS con il mio compagno che stava partecipando a quello di Zurigo di cui avrete il pezzo a firma di ORSODORATO, appunto.

La sera, dopo un po' di relax, un altro appuntamento, questa volta esclusivamente ursina, ed in un altro locale, il Gender, per me ancora più comodo, potendomi, anche in questo caso, muovere a piedi. Un luogo molto più piccolo, e certo molto più velocemente affollato per il numero e le dimensioni delle persone, ma molto più raccolto, ovviamente e più simpatico. Anche qui il banchetto con i materiali cartacei ursini ed una atmosfera di grande simpatia che stimolava alla chiacchiera ed all'amicizia. Interessante notare che, non essendo le esigenze di un Dress Code, tutti erano, invece, naturalmente adatti alla serata, fossero in jeans, leather, sportivi, con bermuda, questi spesso a mostrare belle gambe massicce, ed essendo anche qui ad un certo momento sparite le magliette era l'apoteosi del pelo, delle carni abbondanti esposte ed ammirate.

Emilio Campanella


JOURNAL D'UN INCONNU

JOSEF NADJ torna a Venezia, ospite di SOLOMEN dopo che la direttrice Carolyn Carlson lo aveva inivitato lo scorso anno per presentare PETIT PSAUME DU MATIN, magnifica creazione a quattro mani con Dominique Mercy; ora è la volta di questo JOURNAL D'UN INCONNU, riflessione-composizione sui suoi mondi interiori (dai suoi stessi diari) mescolati ... con ispirazioni dai poemi dell'ungherese Otto Tolnaï. Già arrivare a teatro, quella sera era stata una vera scommessa a causa di una acqua alta di notevole importanza e decisamente fuori stagione, così che, per disdetta, la sala era a metà vuota; dopo un giustificato ritardo per permettere ai "naufraghi", taluni letteralmente con le scarpe in mano, di raggiungere i loro posti, le luci si sono abbassate ed i suoni di un temporale registrato, dopo quelli reali di qualche ora prima, ci hanno investito facendoci entrare nelle inquiete atmosfera creata dall

'autore-interprete, presenza-assenza-evocazione di molti personaggi che si avvicendano in scena in uno spazio multiforme e trasformabile di interni-esterni, porte, finestre, passaggi, pareti, specchi di inesauribile inventiva che vengono spostati a vista e "magicamente" tirati da un filo e ripiegati su se stessi sino a sparire. Non sappiamo mai dove siamo né chi sia l'entità che abita lo spazio scenico: fuori da una finestra, ma contemporaneamente all'interno dell'ambiente; spiamo un personaggio che vive in una determinata situazione, ma allo stesso tempo siamo partecipi di ciò che ci comunica in segreto...

La base sonoro-musicale rarefatta ed allusiva comporta contaminazioni più spesso legate al folklore magiaro (cui corrispondono puntuali "tic" coreografici particolarmente interessanti), ma anche al romanticismo ed alle suggestioni estremo orientali, tutto come ricordato, assolutamente nella linea della scelta stilistica che assomma evocazioni e riferimenti che vanno dal surrealismo minimale ed anche cinematografico, a certe eredità che possono giungere dall'ormai onnipresente Kantor quale nume tutelare del teatro di questo cavallo di secoli , ma sempre e comunque estremamente personale e fatto proprio da Nadj, anche dal punto di vista "meramente" coreutico dove si trova di tutto: dal 'rap' al Tanztheater, alla 'nouvelle danse', assimilato e proposto coerentemente.

Ci sono alcune immagini particolarmente memorabili, come quella vetrata che dà su di abbisso: una sala da bagno con un "appeso" ed una vasca dondolo che quando vi verrà adagiato il manichino staccato dalla sua corda diverrà una "cassa" vasca da bagno a dondolo culla e loculo.

Come detto il conto dei personaggi si perde fra l'io narrante, lo scrittore, l'autore dei diari, un "pazzariello" di passaggio ed una maga/mago estremo orientale (forse) che può ricordare HEXENTÄNZE della WIGMAN. Concludo evocando altri suicidi in effigie con armi da taglio (vere!) che lacerano un telo di plastica ad altezza addominale, ma da cui si uscirà vestiti di tutto punto con un involto sottobraccio ed una seggiola in mano, come liberandosi di una placenta; oppure dopo essersi fatti la barba con un'ascia che viene poi piantata sul tavolo(!!!) dove si poserà il capo, solo un poco più in là... con una vera "follia balcanica"!

IMPERDIBILE!!!

Emilio Campanella



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