ORSI ITALIANI MAGAZINE


Notte al campeggio (seconda parte) - Il risveglio

Un racconto di Pief Hemm



   
Mi risvegliai come frastornato, con un vago senso di irrealta', quasi al limite di decidere se il silenzioso incontro della notte appartenesse al mondo dei sogni o fosse veramente accaduto. Ma la luce del mattino lasciava vedere lo scompiglio del sacco a pelo, spazzando ogni dubbio.
    Come un automa, uscii dalla tenda e accesi la moka. Il gorgogliare del caffe' mi raggiunse mentre, con un certo senso di colpa, facevo una pisciatina dietro la tenda, contro i cespugli di recinzione. Il dolce tepore della tazzina contrastava con il fresco frizzante dell'aria. Bevvi il mio lungo caffe' a piccoli, confortanti sorsi. Intanto lo sguardo faceva una panoramica del campeggio. Pochissime le persone gia' sveglie.
    Asciugamano, spazzolino, dentifricio, gel doccia... no, il rasoio no...  troppo impigrito per farmi la barba.
    Mi avviai ai servizi.  All'ingresso la mescolanza di odori era quasi un'aggressione, resa piu' incisiva dall'umidita' calda. Riflettei un momento sul chissa' perche' quasi nessuno usa la prima e l'ultima cabina. Mi rifugiai cosi' nella terza. Sistemate le mie cose sui supporti, aprii il getto doccia al massimo.
    Era bollente, quell'acqua che mi svegliava di brutto, e mi dovetti ritrarre d'un balzo, per armeggiare coi rubinetti, facendo piccoli test con le mani. Ecco: era giusta, ora.
    Lo scroscio dell'acqua calda mi colpiva testa e spalle. Stavo immobile, mi sembrava quasi che il corpo iniziasse a salire verso l'altro, mentre il mio uccello faceva da scarico, riversando a terra un flusso continuo. Sapone. Anzi, gel. Prima sulla testa, ad occhi chiusi, poi sul resto del corpo. Per insaponarmi, avevo chiuso l'acqua.
    La schiuma sugli orecchi ovattava ogni suono. Nello strofinarmi mi sembro' di sentire delle voci, anzi, delle mezze voci. Un brevissimo risciacquo di viso e testa, e di nuovo voci. Provenivano dalla parte alta della parete divisoria, che terminava prima di raggiungere il soffitto. Non potevo resistere alla curiosita'.
    Salii sul wc e, spingendomi sulle punte dei piedi, raggiunsi con gli occhi la sommita' del divisorio. Immediatamente sentii l'uccello che mi si rizzava tra la schiuma. Erano in tre. Uno stava seduto sul wc. Il suo uccello spariva e appariva dalla bocca di un omone che, in ginocchio, gli stava davanti, spingendo la testa fra le sue cosce. Il terzo era in piedi, a lato del wc, e muoveva il bacino avanti e indietro, scopando la bocca di quello seduto.
    Fu lui, nella goduriosa tensione che gli faceva reclinare il capo all'indietro, a intercettarmi. Nessuna parola. Gli altri due non si erano accorti di niente.
    Con la testa, mi fece un cenno che mi sembro' di invito. E certo lo era, visto che, mentre lasciavo la mia scomoda posizione, sentii lo scatto del chiavistello della porta accanto. Lasciando impronte e chiazze di schiuma, uscii dalla mia cabina e entrai in quella accanto.
    L'apertura della porta getto' una lama di luce sul trio, e mi fece registrare un flash.
    Seduto sul wc stava un omone sui 45, chiaramente tedesco, baffoni folti, occhi chiari, e pelo bruno sulle grosse tette. Una pista di pelo scendeva verso l'addome, appena visibile ma notevole.
    Quello in ginocchio era piu' giovane, sui 35. Grosse cosce, culo muscoloso e liscio, spalle alte e pelose, capelli a spazzola.
    Il piu' appetibile era certo quello in piedi. Alto, quasi atletico, ventre quasi piatto, petto squadrato contornato da ricciolini rossastri e lanosi, barbone rosso rame e... e un uccellone grande, grosso, rubizzo nella grossa cappella; era piantato in un cespuglio ricco e riccioluto.
    Fu lui a prendermi per un polso e a tirarmi verso gli altri. In un attimo tutti erano in piedi, e forse stimolati dalla schiuma che mi avvolgeva, mi chiusero tra i loro corpi, in una morsa circolare. Sentivo uccelli dappertutto, e dappertutto mani ansiose che mi strofinavano,  mi pizzicavano,  mi tastavano, mi strizzavano. Il mio uccello insaponato passava di mano in mano, di pugno in pugno, mentre dita anonime gareggiavano nell'assaltare il mio buco, scivoloso di sapone.
    Ci sdrusciammo tutti contro tutti, a lungo, non risparmiando mani, uccelli, palle, peli, capezzoli, orecchi, buchi. La mia schiuma era un po' su tutti ora. La mano del piu' alto mi massaggiava i capelli, mentre la lingua del baffone mi esplorava la bocca. Il mio uccello era gia' divorato dal terzo. In mano tenevo il randello del rossiccio, che dondolava avanti e indietro, come a scoparmi il pugno.
    Con un movimento inconsulto, qualcuno provoco' l'apertura della doccia. E subito apparvero flaconi di sapone, dando inizio ad un balletto di schiuma che fini' per inglobarci, in un'orgia saponosa dalla quale emergevano qua e la' pezzi di corpo. Eravamo elfi danzanti, nudi, insaponati e arrapati in una commistione di cazzi, capezzoli, culi, peli,... e mani, mani che afferravano, quasi a caso, ma in realta' molto decise su dove infilarsi o cosa strizzare.
    Il mio uccello si trovo' ad un certo punto sulla schiena del baffone. Lo schiaffai ritto nel solco di quelle chiappone pelose, poi lo feci scivolare un po' in basso. La cappella intercetto', tra la schiuma, il buco. Spinsi. Entro' tutto subito. Lo stavo assettando, aiutato dall'altro, che lentamente sculettava per sentirlo meglio, quando due manone mi afferrarono da dietro le spalle. Mi bloccai un attimo, stupidamente sorpreso. Ma basto' per sentire lo sfondamento che la cappella del piu' alto stava compiendo.
    Spingevo l'uccello dentro al baffone, e le mie chiappe si stringevano, imprigionando il randello che le assaliva. Non potei frenare il suono gutturale che mi risali' dalla pancia, quando quel cazzone riusci' a farsi strada nelle mie viscere. Mi sentii ad un tratto farcito da quel salamone extralarge, che spingeva, spingeva fino a toccare qualcosa, in fondo, che mi faceva male. Fui costretto a chinarmi, non molto, ma quanto bastava a non sentire piu' dolore.
    Il baffone, davanti a me, si divincolo' e acchiappo' al volo il terzo compagno, che si mise carponi sul wc allargando il culo fino a far vedere un buco arrossato. Ma fu per poco. Il baffone lo tappo' in una sola sgroppata.
    Il manganellone intanto non stava fermo. Si girava dentro di me, si ritraeva qualche centimetro, esplorava e forzava a destra e sinistra, in alto e in basso, schiacciandomi la prostata in un ludibrio violento. Quel massaggio totale mi spremeva, e sentivo che il mio liquido veniva spinto fuori. In mezzo alla schiuma, il mio uccello sbavava.  Mi ritrovai a quattro zampe. Il giovane era sotto di me, con la testa tra le mie gambe e il mio uccello in bocca. Assaporava il mio precum mentre il baffone, dietro, lo stantuffava.
    Ma lo stantuffato maggiore ero io. Il rossiccio era in ginocchio e faceva entrare e uscire quel fantastico uccello nel mio culo, che ogni volta cercava di masticarlo. Sentivo scivolare attraverso l'anello del mio buco ogni particolare di quel fenomenale attrezzo. Mi eccitava soprattutto quando passava il bordo voluminoso di quel glande.
    Saremmo certamente andati avanti per ore, in quell'assetto quasi consolidato, nel quale ognuno stava scatenando le proprie voglie in un sommesso coro di respiri affannosi, piccoli e grandi schiaffi bagnati, squittii di pompaggi.
    La porta. Era rimasta senza chiavistello.
    Si apri' con delicatezza, e sulla soglia apparve un gentiluomo inglese, ben piazzato, giustopelo, ovviamente nudo, e con il mio asciugamano sul braccio. Qualcuno ha dimenticato questo? chiese esitante in perfetto inglese, fingendo di non accorgersi che il suo uccello si era risvegliato di botto. Sulla soglia rimase solo un istante. Un secondo dopo era inginocchiato davanti al wc. Il piu' giovane lo infilo' subito, e, mentre scaricava la sua libido in quel nuovo antro, riceveva lo sfogo del baffone, che gli si era incollato al culo, venendo quasi subito con sordi grugniti. Tocco' subito a me. Dal buco dell'inglese colava  una bava di sperma,  che fini' col facilitare l'ingresso del mio cazzo, ormai al limite della tenuta. Venni con tutto me stesso, venni piu' volte, mi sembrava di proiettare litri di seme in quel tenero buco. E, prima di aver terminato, ricevetti l'inculata finale dal rossiccio. Era potente, violenta, veloce, risolutiva.
    Ci alzammo in piedi, chi prima e chi dopo, sorridendoci a vicenda, mentre qualcuno riapriva il getto della doccia. Ci insaponammo e lavammo, come spensierati collegiali. Poi, piu' o meno asciutti, ritornammo al mondo esterno, puliti e profumati.
    Ma... dove avevo mai lasciato lo spazzolino da denti?...


Špluro 2009



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