ORSI ITALIANI MAGAZINE




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Le camicie del vicino

Un racconto di Mirko


I racconti pubblicati possono contenere descrizioni di sesso non sicuro: ricordate, sono opera di fantasia! Nella vita reale praticate sempre il Sesso Sicuro usando il preservativo.

The stories published in this section may contain descriptions of unsafe sex: remember, it's fiction! In real life always practice Safe Sex by using condoms.


Da ragazzo avevo una voglia strana, mi eccitavano da morire le camicie.

Non ne usavo e non ne uso perché continuano a non piacermi, ma all’epoca, provavo sensazioni strane.

Non avevo la consapevolezza di essere gay e che mi piacessero gli uomini, ma quando ero in preda ad una forte eccitazione, la mia sega era sempre dedicata a fantasie omosessuali.

Ero a casa di un mio cugino quando fumando una sigaretta in giardino, scoprii un ripostiglio pieno di attrezzatura da lavoro con appese in un angolo del locale delle camicie usate.

Incuriosito e un po’ eccitato (sapevo già dove sarebbero arrivati i miei pensieri perversi), chiesi a mio cugino di chi fossero.

Mi rispose che erano di Alberto, un signore che abitava affianco casa sua.

Un 55enne non sposato e che viveva solo. Lavorava in una ditta di muratori.

Il ripostiglio era in comune con i miei zii, era un piccolissimo locale che dividevano con Alberto.

Fu così che tornato a casa parti la mia prima sega pensando a quelle camicie.

La mia mente iniziò a pensare cose strane, iniziai a fantasticare un piano che mi faceva molto eccitare.

Immaginavo di entrare e di strusciarmi una di quelle camicie sul cazzo e di riempirla di sborra.

Fu così che un pomeriggio d’estate, i miei zii erano al mare e dalla strada si poteva accedere in giardino saltando un cancello alto appena 2m.

Entrai nel ripostiglio che era chiuso solo da una maniglia e mi avvicinai alle camicie.

Ne presi una, era giallina a quadretti bianchi e giallini più chiari.

Iniziai ad annusarla e mi toccai il cazzo già duro ed eretto, pronto a uno spruzzo. Immaginavo un cazzo avvolto dentro.

Sborrai dappertutto e mi pulii con una di queste camicie.

Il gioco riuscì, e iniziai a prenderci gusto.

Ci andavo tutti i pomeriggi, e fantasticavo su quelle camicie e la mia mente andava sempre a finire ad immaginare un cazzo.

Queste seghe andarono avanti per un po’ di tempo.

Un pomeriggio, mentre ero pronto a saltare il muro, mi sentì chiamare, era Alberto, mi chiese che facevo a quell’ora del pomeriggio in giro.

Dissi che mi trovavo per caso. M’invitò ad entrare a casa sua per bere una cosa fresca.

Accettai. Mi fece sedere sul divano ed andò in cucina.

Tornò con un bicchiere di aranciata, si sedette affianco a me ed inizio a fare domande strane.

Mi chiese se mi toccassi, se avevo una fidanzata ecc.

Conoscendolo poco, avevo un po’ d’imbarazzo a queste sue domande.

Finì di bere l’aranciata e mi alzai per andarmene, avevo un po’ di paura e non volevo stare nemmeno un secondo in più con quell’uomo.

Mi afferrò il braccio e mi disse con aria minacciosa: dove vai?

A quella sua domanda, le mie paure ebbero il soppravvento.

Tentai di fuggire, ma mi teneva stretto e non mi lasciava, mi portò con forza nella sua stanza da letto e mi spinse sul suo letto disfatto e anche un po’ puzzolente.

Mi si parò davanti e mi disse che se non facevo quello che mi chiedeva, andava a dire agli zii, quello che facevo nel ripostiglio.

Mi mise le mani dietro la testa e me l'avvicinò alla sua patta.

Mi disse: “tiralo fuori e fammi un pompino, puttanella!”.

La mia paura si trasformò in eccitazione, non so perché, ma mi vennero in mente le sue camicie.

Non gli tirai fuori il cazzo, lo fece lui.

Mi avvicinai e sentii l’odore un po’ acido di quel cazzo non in erezione ma pronto a diventare duro come il marmo.

Aprii la bocca e iniziai a succhiare, lo sentii crescere in bocca, sempre di più.

Era così eccitato che venne subito: tirò fuori il cazzo dalla mia bocca e sborrò copiosamente sul letto.

Io rimasi seduto a godermi la scena.

Mi fece alzare, dicendomi di non dire niente a nessuno, altrimenti sarebbero stati cavoli amari.

Me ne andai pensando a ciò che era successo.

A casa tra paura e godimento, mi feci una sega.

Il pomeriggio successivo, andai io a chiedere se potevo fargli ancora un pompino: la cosa mi era piaciuta e dentro di me era scattato qualcosa.

Non disse nulla, mi fece entrare di nuovo e mi fece sedere sul letto e a sto giro, feci tutto io.

Glielo tirai fuori, lo massaggiai un po’ e me lo misi in bocca.

Iniziai a succhiare come se fosse una caramella, era la prima volta.

Si complimentò per come mi muovevo.

Mi chiese se avevo avuto altre esperienze, gli dissi di no, che era stato a lui a farmi piacere il cazzo.

Si svuotò dentro la mia bocca, assaporai la sua sborra calda, e mi piacque un sacco.

Tornai a casa e nella notte pensai molto a quello che avevo fatto.

Sensi di colpa misti a eccitazione. Avevo paura in caso qualcuno venisse a sapere, i miei zii, i miei cugini, il vicinato, chiunque.

Ma l’eccitazione e la goduria, vinceva su tutto.

Per un paio di giorni dopo l’ultima volta, non mi feci vedere, rimasi chiuso in casa, non uscii, mi feci un bel po’ di seghe pensando ad Alberto e al suo cazzo.

I miei cugini mi chiedevano il motivo delle mie non uscite, non sapevo cosa inventare.

Un pomeriggio ero solo a casa, i miei zii, non c’erano, ritornai al ripostiglio, cercando di non farmi vedere da Alberto.

Presi la solita camicia e me la portai a casa.

La indossai e iniziai a masturbarmi. Iniziai a godere forte, capii che era il cazzo di Alberto che volevo.

Usci di casa e andai a casa sua. Era sul divano in pantaloncini e canotta.

Gli dissi che avevo riflettuto su tutto, ed ero arrivato alla conclusione che volevo continuare a farli le pompe a patto che non ne parlasse con nessuno e soprattutto che finiva là, solo bocca.

Alberto ci stette, mi disse che per lui andava bene tutto quello che andava bene a me.

Ogni giorno per settimane andavo a casa sua lo spampinavo e tornavo nella mia vita da bravo ragazzo.

Un bel giorno mentre lui era seduto e io inginocchiato con la bocca piena del suo cazzo, sentimmo aprire la porta della stanza, era mio zio Pino.

Vide quello che stavo facendo e rimase impassibile. Io non sapevo che fare, scappai a casa e non uscì per un po’. Alberto non mi vide per molto tempo.

Un giorno venne mio cugino (figlio di zio Pino), e mi disse che suo padre voleva parlarmi, di andare a casa.

Ci andai il pomeriggio seguente, a casa era solo, non sapevo che dirgli, sapevo bene cosa voleva chiedermi.

Bussai e la porta era già aperta, entrai ma non vedevo nessuno, sentii mio zio che mi chiamava dalla stanza da letto, entrai e lo trovai con la camicia a scacchi gialla e bianca senza slip e con il cazzo duro eretto come un missile puntato in cielo che usciva dalla camicia abbottonata.

Mi disse che lui sapeva tutto di me, dalle seghe nel ripostiglio con le camice ai pompini ad Alberto.

Mi prese per mano e me la porto sul suo cazzo duro, io ero a disagio, mi disse di fare quello che facevo ad Alberto e che non era giusto, che lui ne aveva più diritto essendo uno zio.

Mi spinse verso il cazzo ordinandomi di prenderlo in bocca, io non volevo ma non resistevo a quell’odore forte e a quella cappella viscida e lucida, lcosì iniziai a pompare.

Mentre ero in preda al su e giù da quell’asta, mi chiese se Alberto me lo aveva messo mai in culo.

Gli dissi di no, che il mio buchetto era vergine.

Fece un sorriso compiaciuto e disse che voleva sverginarmi lui, ma non in quel momento, voleva prepararmi a suo modo.

La cosa mi eccitò molto e acconsentì.

Passò a prendermi un pomeriggio con la sua macchina.

Mi portò in una casetta in campagna, disse che era di un suo amico, che gliela prestava per le sue scappatelle.

Arrivammo e chiesi di andare in bagno.

Tornato in camera, lui era sul letto già bello e pronto, con la mia camicia a scacchi addosso, che già alla vista mi partiva l’eccitazione.

Mi abbracciò e mi chiese se ero pronto ad essere sverginato, gli dissi che non vedevo l’ora.

Mi distesi su di lui e iniziai a leccarlo tutto.

Spostavo quella camicia e lo baciavo dappertutto, arrivai allo slip bianco e candito, iniziai a mozzicargli il cazzo dentro la mutande, s’indurì come marmo, lo tirai fuori, lo presi in bocca, lo insalivai per bene, e gli dissi che ero pronto.

Mi mise a pecorina, mi fece alzare per bene il culo, e mi si puntò con la cappella sul mio buco del culo verginello.

Mi mise un po’ di crema mista a sputazza e mi disse che dovevo far finta di cagare.

A quel punto il mio buco uscì fuori e lui spinse, entrò la cappella, e con un colpo forte e intenso, me lo fece entrare tutto.

Gridai dal dolore, e mi chiese se doveva fermarsi, gli dissi di no, il dolore si era trasformato a piacere e goduria.

Mi chiavò per un bel po’ di tempo, stava per venire, gli dissi che lo volevo in bocca, che volevo bere la sua sborra calda.

Me lo mise in bocca, sentivo ancora l’odore del mio culo. Sborrò e mi venne tutto in bocca, lo bevvi tutto senza perderne una goccia.

Finimmo e mi disse che ora potevo farmi scopare anche da Alberto, ormai il suo dovere lo aveva fatto. Mi aveva sverginato per bene.

Da quel giorno, scopavo un po’ con uno e un po’ con l’altro, ero la loro porca.

Un giorno dissi che volevo scopare con tutti e 2, accettarono entrambi, mi scoparono a casa di Alberto, mi riempirono culo e bocca di sborra...

Ancora oggi, vado a trovare Alberto e a passare ore a casa sua. E’ sempre bello .


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