Simon Boccanegra al Palafenice di Venezia

di Emilio Campanella


Per una volta, l'inevitabile pessima acustica del Palafenice non ha aggravato di molto il risultato della direzione di Isaac Karabtchevsky che con tempi prevedibili, poche finezze e momenti di grande decisione ha condotto il Simon Boccanegra, ma non era quella musicale la parte peggiore dello spettacolo specialmente grazie agli interpreti.

Carlo Guelfi, protagonista di notevole statura, in tutti i sensi, e capace di morbidezze, Lucia Mazzaria, Maria/Amelia di buona resa e non poche eleganze; bravo anche il Gabriele Adorno di Fabio Sartori (ancora più orso del protagonista!) ma dalla gestualità disastrosa. Notevole e seduttivo oltreché sfaccettato il Paolo Albiani di Marco Vratogna, e interessante, nonostante un fraseggio talvolta non perfetto Ayk Martirossian (Jacopo Fiesco).

Storia di odi generazionali e di vendette atroci, agnizioni e perdoni, questa vicenda non aiuta certo un regista esordiente nel mondo dell'opera, e così, Elio de Capitani ci ha lasciato le penne, con bordate di fischi alla prima, per non aver saputo scegliere una vera linea e affidandosi quasi essenzialmente alle discutibili scenografie di Carlo Sala (suoi anche i costumi!) costituito da pannelli, velari, strane colonne blu, come intrecci (di cosa non si sa), una gigantesca, incombente riproduzione del frammento del monumento funebre di Margherita di Brabante di Giovanni Pisano, e poi proiezioni continue che distraggono dalla musica: ninfee per il giardino dei Grimaldi, acque, piogge, onde; liquidi avvelenati che colano,

Ogni cosa di una tale complicazione da costringere a due intervalli più due lunghi cambi di scena con gran rumori di carpenteria ! Tutto un po' inutilmente faraonico e scomodo per i cantanti lasciati, poi, ai loro peggiori vezzi: tenori piantati al centro a gambe divaricate, mani sul cuore; tutti spesso e inspiegabilmente in gionocchio, oppure impegnati in piccole corse sfrenate a rischio di cadere a capofitto; 'carrettelle' inutili. Masse corali e figuranti dai movimenti imprecisi (e non per colpa loro). Per finire, costumi ch'è arduo definire tali per la casualità e la poca chiarezza. Per giocare con epoche diverse e abiti di secoli differenti occorre coerenza: qui non c'è. Gli abiti sono brutti, tutti un po' infagottati, specialmente la povera Lucia Mazzaria, ingiustamente punita da felpe, pantalonacci e scarpe bianche da jogging, perché ?

Emilio Campanella

 

Ancora intorno al 'BOCCANEGRA'

Poteva essere un'occasione interessante, invece, anche questa possibilità è sfumata. Venerdì 2 febbraio SIMON BOCCANEGRA nella prima stesura del 1857 (in forma di oratorio), ferma restando la direzione di Isaac Karabtchevsky che qualcuno ha definito impermeabile a Verdi. Il cast era composto da Carlo Guelfi (in sostituzione di Antonio Salvadori), che ha giocato al risparmio e con molti suoni nasali; Maria/Amalia era Serena Farnocchia, piuttosto in parte, ma abbandonata nei duetti del tremendo Gabriele Adorno di Ernestoi Grisales (che sostituiva Maurizio Raziani). Maurizio Muraro era un Fiesco dal bel timbro e di notevoli momenti in duetto con Guelfi; di voce piccola pur se attento il Paolo Albiani di Marco de Felice; a posto il Pietro di Paolo Rumetz già nel ruolo dell'edizione dell'81.

Un comunicato ci avvertiva di come si tratti di una prima ripresa oderna (ma ne esistono altre due!) considerando lo studio sul manoscritto veneziano, quindi un escamotage, ma perché no? Solo, occorreva far meglio, oltre a un atteggiamento un po' più rigoroso: anche in scena, un po' troppe bottigliette, un po' meno scomposti quando non si canta. Tutto fatto un po' per fare. Peccato gli spunti di interesse e di confronto con l'edizione definitiva non mancano!

Pubblico scarso e un po' urlatore agli applausi.

Emilio Campanella

 

 

 

 

 



INDICE DI STORIE DI ORSI

BEARS' STORIES INDEX

 ORSI ITALIANI MAGAZINE:

INDICE PRINCIPALE

MAIN INDEX