ORSI ITALIANI MAGAZINE


L'agnello sacrificale

Un racconto di Orsardo


In agosto, mentre percorrevo una forra del Sopramonte, sono stato attratto dalla vista di un uomo sul ciglio di un vallone che si sporgeva verso il basso con una grossa corda, tesa. Ho subito pensato che c'era qualcosa di strano, pertanto ho fermato la jeep e mi sono avvicinato: appeso alla corda c'era un ragazzo e tutta la situazione era pericolosa. Dopo che il primo m'ha spiegato che stavano cercando di mettere in salvo un pecora che era scivolata nel burrone, mi sono offerto d'aiutarli e, fatto risalire l'altro, abbiamo calato il piu' grande con la corda fissata al verricello della mia auto. Ben presto e' stata portata in salvo una grossa pecora belante, poi l'uomo e' risalito. Eravamo tutti contenti e volontieri ho accettato di bere, direttamente dalla bottiglia, un rosso un po' asprigno e mangiare tocchi di pecorino tagliato con 'sa pattada', il serramanico da cui qualsiasi sardo non si stacca mai.

Erano due fratelli, mori, robusti, un casco di capelli neri e forti incorniciava i volti, scuri per l'esposizione prolungata al sole e per la barba lasciata incolta. La cosa piu' bella che avevano erano gli occhi: di velluto blu, quasi nascosti da una tenda fitta di ciglia nere e folte. Insomma proprio due gran belli! Logico quindi il fraternizzare con loro e cercare di prolungare il colloquio… ma dovevano raggiungere il gregge, un bel po' piu' avanti, dove li aspettavano padre e fratello. Ma anche a loro piaceva la compagnia del 'continentale', come continuavano a chiamarmi, anche dopo che c'eravamo scambiati i propri nomi. Neddu, diminutivo d'Antonio, era il piu' grande e il piu' sicuro, aveva 28 anni ed era stato in Toscana a fare il pastore per sei anni, poi, lo scorso anno, era tornato in famiglia quando la madre se n'era andata di casa. Paolo ne aveva 18, era gemello con Peppino che ora si trovava con il padre, anche lui aveva una taglia forte e due lunghe gambe pelose e abbronzate che sortivano dai pantaloncini per andarsi ad infilare negli scarponcini da montagna. Benche' entrambi giovani, come per molti di questa terra, erano molto pelosi e ciuffi neri si arrampicavano fuori dalle magliette, verso il collo.

Sapevano di natura, di erbe selvatiche e, anche, di ovini … ma l'insieme era piacevole. Mi avevano promesso, anche, che sarebbero venuti a trovarmi nel paese dove passo le mie vacanze estive e, quando, se ne sono andati, la pecora trotterellava loro appresso come un cane.


Ormai l'agosto se ne stava andando e dei due fratelli nulla, finche' una sera, come scusandosi per non aver onorato la promessa, mi telefona Neddu dispiaciuto, ma proprio non c'erano riusciti a venire, gli oltre sessanta chilometri che ci separavano erano stati la causa di questo non-incontro… era proprio dispiaciuto. Io di piu'.

Quando aggiunse che, pero', il prossimo anno avrei dovuto sicuramente essere io ad andarli a trovare e a fermarmi qualche giorno con loro.'Ma io torno, per lavoro, verso la fine di settembre …' mi scappa di dire e lui mi strappa la promessa che, allora, sarei andato a trovarli.

In seguito me ne ero pentito perche', in fondo, la conoscenza era veramente superficiale, ma sapendo quanto tengono i sardi a ricambiare un favore… cosi', mentre da una parte mi dicevo che non ci sarei andato, dall'altra ne avevo voglia.


Alla fine di settembre, ormai giunto al momento di tornare, ero ancora indeciso… ma sono stato coinvolto dalla contentezza che Neddu ha espresso a sentirmi e, rinnovandomi l'invito, m'ha assicurato che sarebbe venuto lui a prendermi.

Anticipo il mio viaggio di mezza giornata, sbrigo le faccende il giovedi' e, all'alba del giorno dopo, mi si presenta, ancora piu' bello di come lo ricordavo: stavolta e' sbarbato e il suo viso assume tonalita' d'azzurro-viola, la canottiera nera lascia splendere il pelo del suo petto, i pantaloncini corti mettono in risalto gambe muscolose e abbronzate: il bello della Sardegna e' proprio che l'estate dura quasi tutto l'anno e gli uomini sfoggiano le membra ambrate dal sole in ogni stagione.

Il viaggio, nella A1 un po' scassata, va abbastanza bene e il suo racconto sulla vita passata in Toscana e' ricco e affascinante. Solo s'intristisce un po' quando, rispondendo ad una mia precisa domanda su sesso o relazioni, mi dice che, si', la' aveva avuto una storia, ma che era finita bruscamente per volonta' dei genitori della ragazza.

'E, qui, come te la cavi?' La pausa e' lunga e dolente:

'Come fan tutti!' taglia corto: io cambio argomento.

Ma come faran tutti?!? Le storielle dei pastori che fanno l'amore con le pecore, ormai, sono parte del passato… attualmente la rilassatezza dei costumi ha raggiunto anche la Sardegna e anche qui le ragazze la danno a tutti! Per lo meno nel paese dove vado: prima era estremamente facile il rapporto con i ragazzi, ora sono 'appagati' (come dicono loro) dalle ragazze e si deve fare molta piu' fatica ad averli. Anche se, allo sforzo, segue sempre il premio!

Ma torniamo al mio pastore, dopo un poco e' ritornato allegro come prima: m'indica un nuraghe, mi descrive un rito di un paesino novenario che sorpassiamo, insegue con lo sguardo le tracce di un cinghiale, gioisce del volo di falchi alti nel cielo… tutto e' tornato alla gioia d'esserci di nuovo trovati.


La casetta dove abitano, la vediamo dalla strada in basso, e' adagiata su un prato dove le pecore stanno pascolando. E' bianca, piccola, ben curata. Quando ci sentono arrivare, tre sagome d'uomo si sbracciano per salutarci, poi continuano nella loro occupazione: 'Stanno ammazzando un agnello, il piu' bello, in onore tuo!'

Quando ci avviciniamo, i tre uomini stanno iniziando l'esecuzione: l'agnello, le zampe strette dal legaccio, m'implora con lo sguardo; tutto intorno le pecore sono immobili, non si sente neppure un rintocco dei loro campanacci; i cani, che avevano forsennatamente abbaiato all'auto al nostro arrivo, ora sono fermi, in silenzio; non s'ode neppure un cinguettio: e' piombato un silenzio di morte su tutto il luogo, e la colpa e' mia.


M'allontano di qualche passo come fossi curioso del panorama, ma e' che non voglio vedere. Ne' sentire l'urlo d'aiuto che mi lancia e, nello stomaco, mi si stampano i suoi occhi terrorizzati.

Schizzati di sangue, dopo aver compiuto il rito, m'abbracciano i fratelli: anche il padre e' un gran bell'uomo, una montagna di muscoli abbronzati, una faccia chiusa e pensosa che s'illumina dello sguardo di velluto che ha trasmesso ai figli. Lui si chiama Ignazio, 'Piacere' mormoro io mentre me lo rimiro per bene.

Anche il gemello e' all'altezza della situazione e la sua somiglianza con Paolo e' incredibile: se non fossero li', insieme, penserei che e' uno solo! Si chiama Beppe, o Peppino, come lo chiamano i fratelli.

Non voglio farmi accorgere che non desidero assistere al resto della preparazione e accetto di buona voglia la manata sulla spalla e l'invito del papa' d'andar dentro a bere. Dopo aver bofonchiato un po' sul fatto che neanch'io bevessi birra, ha dato mano al bottiglione del vino rosso, versato in piccoli bicchieri non eccessivamente puliti, ma chi se ne frega se te lo offre uno come lui?


Poi parla di come i figli gli han parlato bene di me, che e' per questo che han sacrificato l'agnello piu' bello perche' all'ospite si deve dare il meglio, tant'e' vero che anche la camera da letto vuole che io usi la sua. Me la mostra: un gran letto matrimoniale in ferro fine ottocento trionfa in una camera completamente spoglia, avro' solo una sedia per metterci i vestiti. Poi mi mostra la camera di Neddu, illegiadrita da una serie di posters dei boschi toscani: 'Qui ci dormo io, soggiunge, e i figli di la', tutti e tre!' Di la' c'e' l'altra camera, sulle pareti manifesti con moto ruggenti, due letti gemelli son stati gia' uniti per accogliere i tre figli. E' inutile ch'io continui a dire che non dovevano disturbarsi, che avrei dormito sul sofa' in soggiorno: si fa cosi', perche' ha deciso di far cosi'!


Sotto l'ombra ventilata del castagno, che c'e' subito dietro alla casa, dopo un pantagruelico piatto di 'malloreddus', ecco la portata principale: cerco di mangiarne il meno possibile perche' quegli occhi continuano a fissarmi dai brandelli della sua carne. Mangio patate e cipolle, poi accuso un malessere, dico che devo far due passi… e, di lontano, sento il padre che dice che i cittadini son tutti uguali: delicati e rompiballe! Pero' son simpatici e belli e 'sanno' di buono! A questa battuta sorrido e penso all'orco di Hansel e Gretel che si appresta a mangiarli… Sarebbe bello sentire i loro denti avvicinarsi alla mia carne, le labbra suggermi mentre le forti mani mi prendono e, mentre, inizio a sognare, gioco coi cani.


Il pomeriggio passa in campagna al seguito delle greggi: son due, uno di pecore e l'altro di agnelloni. Mi abituo al suono delle loro campane e ne sento gia' la differenza. Ogni poco, per socializzare, ci attacchiamo al bottiglione: loro sembra proprio che non ne risentano: io ho la vista annebbiata, ma dovere dell'ospite e' non rifiutare mai…

A cena, dopo il minestrone che Peppino ha preparato veramente bene, patate e cipolle con il loro formaggio e ancora vino, tanto vino. Finalmente, dimentico gli occhi gialli dell'agnello.

Chiedo di andare a letto, son sbronzo, ma non voglio ammetterlo e dico che son stanco, stanco e accaldato… Mentre, di la', Ignazio riprende a denigrare la forza e la resistenza dei cittadini, m'addormento.


E' passata forse un'ora, forse mezz'ora, di sogni pesanti, che sento una mano rude e fresca posarsi sulla fronte: e' il padre che vuol sapere come sto, mi dice che ho la faccia calda e m'infila la mano fin sullo stomaco per sentire se, anche quello, e' caldo. Ma ce la lascia, anzi muove con destrezza le dita e io subito m'eccito. Come se sapesse, ma e' buio e non puo' avermelo visto diventar duro, mi posa la mano sul sesso, poi prende la mia e la mette sul suo pene, che ha gia' fuori dai pantaloni! E' grosso, turgido, con grandi vene che pulsano: sostituisco la mano con la bocca e comincio a leccarglielo con gusto. Lui gode sospirando.

Quando, improvviso, me lo ficco tutto in gola, da' un grugnito, poi lo sfila, si stacca da me e lo sento spogliarsi e infilarsi sotto al lenzuolo, con me. Il suo corpo muscoloso e caldo sa di selvatico, il suo alito, invece, di vino. Ma mi piace, lo accarezzo tutto, gioco con i suoi capezzoli, lo masturbo e, finalmente, riesco a premere le labbra sulle sue, che s'aprono come una voragine, trascinandomi in lui, risucchiato. Quando il suo ansimare diventa piu' forte, sento le dita farsi strada fra le mie chiappe, giocare con lo sfintere, introdurvisi … il piacere che provo e' solo superato da quello che, di li' a poco, sento con l'agitarsi della sua lingua bagnata. Mai avrei pensato ad una simile bravura! Ignazio dimostra un'esperienza incredibile e son certo di non essere il suo primo uomo!

Mentre lui continua con la lingua, io mi dedico alla sua mazza, che e' diventata enorme, sembra fatta con il basalto delle pietre con cui ha costruito la sua casa. Decide che e' giunto il momento di farmi suo, mi solleva le gambe, mi impala in un sol colpo e, mentre esalo un lungo sospiro di dolore e di piacere, sento intorno a me come uno volo d'ali… come un moto accelerato…

Guardando nel buio, appena rotto da una lieve luce che una timida falce di luce proietta nella stanza, intravvedo tre presenze e vedo il chiarore di tre mani che si masturbano violentemente. I tre figli son li'?!? Ho vergogna, vorrei sparire… ma Ignazio ci sta dando dentro e guarda i figli. Capisco che era tutto preparato e, per far buon viso a cattiva (?!?) sorte, tiro a me il pene eretto e bagnato di Neddu, lo accolgo nella bocca e comincio a leccarlo, mentre con le mani cerco i cazzi dei gemelli, glieli stringo, sostituendomi alla loro mano. Ecco, qui son diversi! mi accorgo di pensare mentre ne sento uno estremamente lungo e affusolato e l'altro un po' come quello di papa'. L'unico, molto diverso, e' quello che mi ritrovo in bocca: e' cosi' largo che devo aprirla tutta per riuscire a farlo giungere in gola.

Ma che bella famiglia! Li trovo tutti adorabili, anche se, per ora, se dovessi dare un premio propenderei per quella nerchia gigante che sta sbattendosi contro le pareti mie piu' interne. Qualcuno accende la luce: e mi vedo posseduto da quattro magnifici angeli del piacere che stanno godendo di me. Peppino, ora, pretende il posto del fratello e m'infila il suo lungo arnese in bocca. Sollecito, masturbo Neddu, facilitato dalla saliva con cui l'ho ricoperto e lui mi ringrazia con sette, otto fiotti di sperma caldo che mi raggiungono in faccia, negli occhi, sul pene del fratello che, nel suo andarivieni, mi trascina in bocca il gusto silvestre del seme caldo dell'altro.

Ora anche Paolo vuole la mia bocca e vi s'incunea in contemporanea col fratello. Mi fan male le labbra, ma continuo, eccitato dall'avere due gemelli in me. E eccitato, sempre di piu', da quell'ariete che continua a spaccarmi il sedere!

Quando il ritmo diventa pressocche' insopportabile, la lava si sparge in me: e' una quantita' inimmaginabile di un seme di fuoco che m'inonda, come ustionandomi, e il 'plop' che sento, mi dice che Ignazio e' uscito e dal mio sfintere squassato cola qualcosa di caldo, unito ai miei umori e a sangue. Ma il piccolo refrigerio dura ben poco: e' Neddu che prende il posto del padre e, sebbene, molto meno superdotato, mi stantuffa con ardore. Mi torna in mente l'agnello sacrificato e i suoi occhi dilatati, terrorizzati da quello che sapeva lo aspettava. Anch'io devo avere gli occhi dilatati, la mia vista e' appannata: mi sento come lui, un agnello sacrificale!

Dopo che anche Neddu ha esploso il suo piacere nelle mie viscere, penso che, finalmente avro' un po' di riposo, ma ecco che Paolo mi trascina sopra di lui, girato. Mi sospinge sul suo sesso e, mentre comincia a penetrarmi, Peppino, dal davanti, spinge il suo arnese insieme a quello del fratello. Tutto ormai e' lacerato, i due sessi entrano insieme a sfondare quelle povere pareti che ancora s'erano salvate dalla furia del padre e del fratello. Mentre penso allo stato del mio essere, mi sento sbattere sulle labbra ancora un pezzo di carne pulsante: e' Ignazio che pretende ancora il suo piacere. Sono sfinito, ma lo accolgo in bocca e con la mano cerco il pene turgido di Neddu. Non sono loro che mi violentano: sono io che voglio tutto di loro.


Al sorgere del sole, sono ancora sdraiato sotto una montagna di muscoli (e non so di chi!) che mi sta penetrando con l'ardore iniziale. Sono passate ore e ore e i quattro tori mi hanno usato ininterrottamente, senza parole, senza carezze, senza neppure chiedere se ce la faccio ancora.

Ora il sole sembra li risvegli dalla frenesia amatoria che li ha posseduti: mentre anche l'ultimo sacrificio si compie con lo svuotamento di altro seme, se ne vanno a uno ad uno e resto distrutto, bocconi sul letto, in mezzo a pozzanghere di sperma. Forse e' finita, forse ora potro' andarmene, ma un sonno ristoratore, finalmente, mi prende.


Un liquido caldo sta colando sulla mia schiena: mi sveglio, ma faccio finta di continuare a dormire. Cola sulle spalle, s'incanala sul solco della spina dorsale, si tuffa tra le chiappe dolenti, poi una lingua avida di piacere lecca il latte appena versato, lo succhia tutto, arriva allo sfintere distrutto e ricomincia a giocarvi: e' Peppino che mi da', cosi', il buon mattino. Non e' nudo, ma tiratosi fuori l'uccello, di nuovo si appropria di me e i rudi vestiti mi fanno un massaggio salutare, mentre lui si agita dentro di me.


Prima di portare al pascolo il gregge, Neddu e Paolo mi vengono a salutare alla loro maniera: uno dietro e uno in bocca, mi riempiono ancora.


Finalmente la pace: sento di fuori il latrare dei cani, i campanacci che s'allontanano, il vento che stormisce tra le fronde: tutto sembra ritornato alla quiete.

Ignazio non la pensa cosi': finito il suo lavoro di mungitura e' pronto a mungere anche me e, in effetti, per la prima volta si china sul mio sesso e comincia a leccarlo da vero professionista. Capisco che piace piu' a lui che a me e lo compiaccio fingendo mugolii di piacere che lo arrapano sempre piu'. Quando, finalmente vengo, sento che anche lui arriva al termine ed eiacula contemporaneamente. Inghiotte tutto e mi bacia. E' molto dolce, mi accarezza, mi coccola: mi ricorda una buona madre che lenisce le ferite del figlio, dopo la battaglia.

Poi mi lascia e io penso che, forse, ha nascosto questa sua dolcezza che s'addice poco al maschio sardo, rude e tutto d'un pezzo, non ha voluto farsi vedere cosi' dai figli. Quando torna sta mescolando con una forchetta qualcosa in una tazza: c'e' del burro, un po' di latte e alcune foglie fresche appena colte. Quando l'intruglio e' ben mischiato, mi gira e lo spalma tutt'attorno allo sfintere con massaggi circolari e dolci. Poi, come se temesse di farmi male, me lo passa lievemente all'interno, infilandovi l'indice.

E' una crema miracolosa, mi rinfresca e mi toglie il dolore … e le sue attenzioni mi riempiono di gioia: anche quando mi guarda, non vedo piu' l'espressione eccitata di chi mi vuole possedere, ma vedo qualcuno che mi desidera con affetto. Io gli rispondo, guardandolo con amore … sono completamente innamorato di un orso che e' dolce come un agnellino. Mi ritorna in mente il sacrificio e sono felice di essermi sacrificato per lui.

Ancora dolci carezze e baci appassionati, coccole e parole gentili: la mattina scorre cosi' e io mi sto veramente compiacendo per la fortuna d'avere lui, cosi' caro, accanto a me.

Manca poco al mezzodi', lui si stacca da me, va in cucina a preparar qualcosa e, quando gia' si sentono arrivare i figli, torna in camera si spoglia veloce, s'infila nel letto, mi gira e di nuovo mi penetra, ma con dolcezza, a me sembra con amore… finche', quando ormai i figli son di la', ricomincia, come la notte prima, a stracciarmi, a violarmi. Non puo' non mantenere la grinta del maschio strupratore davanti ai figli. Accetto anche questo … quello che mi piace meno e' quando mi lascia, non essendo neppur venuto, per andare a mangiare mentre, a turno, i figli si approfittano di me.


Dopo un pranzo interminabile, tutto trapunto di scopate, finalmente i figli tornano alle greggi e il mio pastore torna al suo agnello: rinnova le coccole e i baci e tutto quello che un uomo innamorato fa all'oggetto del suo amore. E' tradizione, e' norma per colui che e' abituato a trattare con gli animali essere loro vicino, curarli, accudirli e, alla fine, sacrificarli per mangiarli o venderli. Ignazio ha fatto cosi': mi ha sacrificato, mi ha venduto, ma mi ama, mi cura, mi vuole. Il silenzio, che non rompiamo con le parole, e' colmo di promesse non fatte e non ascoltate. Il nostro prossimo futuro, un lungo giorno e mezzo, va delineandosi nella mia mente: incontri fugaci e romantici con lui, violenza e sesso con i figli.


La notte, quando finalmente sembra che comprendano che non ce la faccio piu', si allontanano per lasciarmi un po' dormire come Ignazio ha ingiunto, io resto sul letto, ma, per l'eccitazione, non mi riesce di prendere sonno.  Mi alzo e vado un po' fuori, all'aperto. La luna mi lancia raggi di luce pacata, un paio di cani uggiolano accanto ai miei piedi, rintocca qualche sonaglio, tutto e' quiete … non tutto! Sento da una finestra uno strano ansimare, come se qualcuno stesse soffrendo o stesse facendo all'amore. Impossibile, io sono qui! In punta di piedi mi avvicino alla finestra e vedo Peppino che sta venendo nel sedere di Paolo, che, subito dopo, lo gira e lo sodomizza! Hai visto i gemellini? Se la godono tra loro! Ma mi viene in mente Neddu, dovrebbe essere in camera con loro e non lo vedo. Lo cerco, prima che sia lui a scoprirmi se per caso e' venuto a cercarmi. Ma nella camera del lettone non c'e' … provo a guardare se e' con il padre, ma anche questa e' vuota. Dal bagno sento arrivare qualche piccolo rumore e, dal buco della chiave, finalmente lo vedo, piegato alla pecorina che riceve il membro del padre nel sedere.

Ma che bella famiglia! Dove son capitato! Mi dico come scombussolato da cio' che ho visto: in effetti son geloso che Ignazio faccia l'amore con lui. Tento d'aprire la porta, ma e' chiusa! L'occhio subito al buco: si sono fermati, in ascolto e in attesa, l'uno dentro nell'altro. Mi precipito a letto e fingo di dormire, ma arrivano tutti e due, sanno che son stato io e subito m'impalano da entrambe le parti … ricomincia la notte di tregenda! Richiamati dai rumori della loro violenza e dai miei sospiri arrivano anche i gemelli: mani, bocca e ano ricominciano a dolermi! E la notte continua.


Ignazio ha detto che sara' lui ad accompagnarmi, di salutarmi e di andare nei campi. La mia ultima mattina comincia cosi': i figli si accomiatano sotto lo sguardo serio di Ignazio. Poi di nuovo la crema di burro e erbe va a lenirmi. Ma ben piu' forte e' il lenimento che mi da' la dolce presenza di lui. Poi, di nuovo, baci, carezze, coccole e parole d'amore e … una promessa: presto, molto presto, dovra' andare a trovare i parenti che sono in continente e lo fara' per venire da me. Stara' con me qualche giorno e sara' mio! - Come? Gli chiedo pensando di non capire … ma si', vuol proprio dirmi che quei giorni dovro' essere io il suo uomo! Stento a credere … allora mi porta le dita al suo sesso, poi le fa scivolare in basso, sempre piu' in basso, sento il suo forellino che si agita, che sussulta di desiderio.

Ma il mio desiderio e' ben piu' forte e, subito, lo faccio mio. Lo cavalco come ho desiderato fare da quando l'ho visto e il sentirlo cosi' sottomesso e, nel contempo, eccitato mi fanno montare il sangue alla testa. Mai ho cosi' violentemente fatto mio un uomo e la sua calma e voluttuosa offerta di se stesso a me, mi ricorda l'agnello che si e' immolato per me due giorni fa.

Piu' lo violo e piu' sento d'amarlo.


Siamo giunti ormai quasi a Elmas, un'oretta e saro' lontano da lui. Tutto il viaggio e' passato nel raccontar l'un l'altro le belle cose che faremo e i magici momenti che trascorreremo a Milano.

Ma non gli basta. Svolta in un boschetto d'eucalipti, mi si butta addosso e mentre, ancora una volta, mi stritola con le sue braccia muscolose, m'affonda la lingua in bocca. Di nuovo le lingue scoprono il piacere dell'altro, di nuovo le mani concitate frugano, slacciano, spogliano … e ci ritroviamo in bocca il sesso fremente dell'altro che pulsa, si inturgidisce e scoppia. E' un meraviglioso arrivederci, questo!


Dal finestrino guardo giu' la campagna assolata e mi immagino di vedere sulla Carlo Felice una piccola A1, rossa, sgommare verso nord. Chissa' se mi sta pensando? Chissa' se, anche lui, s'e' accorto d'avere una qualche grossa macchia scura sulla camicia, come e' successo a me, proprio la', dove una goccia del suo nettare, sfuggito alle mie labbra, s'e' posata. Accarezzo quel bel ricordo e guardo il sole finche', abbagliato, vedo due grandi e dolci occhi d'agnello che mi guardano sorridenti: s'e' sacrificato per me, nell'egual misura d'Ignazio che, fra qualche tempo, si sacrifichera' a Milano, per me.



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