ORSI ITALIANI MAGAZINE


A 18 anni

Un racconto di Orsosardo2004

 

Negli anni '20 la situazione dei giovani era ben diversa da quella di oggi e ricordo che un mio zio, in un momento di debolezza e di confidenza con me (che, peraltro, non si e' mai piu' ripetuto) mi racconto' che, giunto ai suoi diciottanni, fu inviato in un collegio di Torino ove avrebbe dovuto sostenere l'esame di maturita'. Cosi', lontano dalla famiglia e dagli amici, segregato in un ambiente sconosciuto e, spesso, ostile, avrebbe potuto dedicarsi completamente allo studio.

Dopo qualche tempo aveva cominciato a farsi qualche amicizia, ma con una certa fatica, poiche' un po' tutti i compagni erano del posto, o perlomeno piemontesi, e il suo forte accento campano lo faceva ghettizzare. All'epoca anche le possibilita' di conoscenza sessuale erano minime e, anche coi compagni, lo zio non ne parlava ne', tantomeno, aveva avuto possibilita' di avere delle esperienze. A diciottanni era completamente vergine.

L'insegnante di latino, un pomeriggio, gli chiese di aiutarlo a mettere in ordine una vecchia libreria del suo ufficio. Lo zio non sapeva quanti anni potesse avere il sacerdote, ma gli sembrava un vecchio: probabilmente avra' avuto quaranta, massimo cinquanta, anni, corpulento, di solito molto gentile e premuroso con tutti i ragazzi del collegio.

Lo segui', grato di quella pausa dallo studio, e comincio' a mettere i libri e gli oggetti che lui gli passava in grandi scatole di cartone. Poi gli chiese di salire su una scala per raggiungere i ripiani piu' alti e, per dargli sicurezza, gli tenne strette le gambe con le mani.

Subito lo zio s'accorse che le mani, che all'inizio erano ben salde sulle caviglie, cominciavano a sostenerlo un po' piu' in alto, sui polpacci, poi sulle cosce e sembrava che volesse spingersi anche piu' su ... La cosa strana era che, invece di dargli fastidio, quei toccamenti lo turbavano. Si fece tutto rosso in viso e, seppure non riuscisse a capire perche' lo facesse, si blocco' con le mani attaccate allo scaffale, in attesa che l'uomo continuasse.

L'insegnante, capito che la cosa veniva accettata, continuo', prima giocando un po' sulla forte erezione, poi, accarezzandogli i forti glutei, infine gli apri' i pantaloni, lo sego' fino a farlo eiaculare: il tutto in assoluto silenzio! Poi, ripulitolo, lo congedo'.

Lo zio, naturalmente, non disse nulla ai compagni e resto' con il desiderio d'essere chiamato di nuovo. In effetti il tocco di una mano differente dalla propria gli aveva dato sensazioni nuove ... ma non fu mai piu' chiamato.

Cosi', ogni sera, ripeteva da solo quello che l'insegnante gli aveva fatto, senza mai riprovare lo stesso piacere.

Dopo qualche mese, un giorno, si accorse che, al seguito del professore, Franco, un compagno d'un paio d'anni piu' grande di lui, s'era infilato nel suo ufficio.

Senza neppure pensare cosa i due avrebbero potuto fare, sali' su una sedia e dallo sportello sopra la porta spio' nello studio.

Non riusciva a capire quello che succedeva: Franco era seduto sulla scrivania, con le gambe divaricate, e l'uomo sembrava che stesse mangiando qualcosa che lui aveva in grembo. Dalla posizione in cui si trovava non riusciva a vedere cosa mangiasse, ma doveva essere qualcosa di buono visto che l'uomo dava in mugolii di piacere, ingoiandola. E doveva essere un qualcosa di piacevole anche per Franco, visto che, anche lui, mugolava.

Poi, finalmente, l'uomo si rialzo': allora capi' tutto perche' il prete doveva avergli mangiato via un pezzo di pisello, perche' Franco ce l'aveva grosso e tutto rosso e l'altro glielo curava con un fazzoletto! La cosa strana e' che il ragazzo era contento, sorrideva e, dopo esserselo riposto nella patta, se ne ando'. Non sapendo cosa pensare, non trovo' di meglio che chiederlo al diretto interessato: Franco disse che poteva dirgli tutto se lo avesse seguito nei bagni: cosa che fecero.

La', chiusa la porta, si abbasso' i pantaloni e volle che lo zio facesse la stessa cosa, poi si meno' il pisello, che divento' sempre piu' grosso, e lo appoggio' a quello dello zio. Li agito', tenendoli nella stessa mano: il contatto era estremamente piacevole e di nuovo allo zio gli vennero le gote rosse e un gran caldo. Lui continuo' finche' gli ordino' di prenderlo in bocca e, poiche' questi non voleva, lo costrinse con le mani ad abbassarsi e, appena aperta la bocca, gli esplose dentro un liquido cremoso e dolce che quasi lo soffoco'. Ma gli piacque.

D'allora, ogni volta che Franco lo chiamava, correva all'abbeverata.

Un giorno, li sorprese l'insegnante: con la faccia scura e tono imperioso, disse di lavarsi e di andare di corsa nel suo ufficio, "che' poi vedrete!" intimo'.

Come scolaretti eseguirono: dopo una buona mezz'ora, arrivo' e li fece salire nella sua camera. Disse loro di spogliarsi, mentre lo faceva anche lui. Il suo membro era come un lumacone nero e moscio rispetto ai loro due cazzi rosei e subito turgidi. Innanzitutto prese in bocca quello dello zio che finalmente comprese perche' mugolava tanto il Franco quando glielo prendeva in bocca!

Poi bacio' in bocca prima uno poi l'altro e, sebbene la cosa gli facesse un po' schifo, gli piaceva.

Si distese sul letto e, uno per parte, volle che i ragazzi gli succhiassero i capezzoli: anche questo faceva un po' schifo perche' erano coperti di peli neri, ma si vedeva che a lui piaceva molto: si torceva, s'inarcava, faceva un sacco di versi con la bocca chiusa e con le manone teneva le facce dei due schiacciate contro il petto. La cosa strana era il suo pene che continuava a restare mollo e scuro ...

Ad un certo punto si sputo' sulle dita e si massaggio' il sedere, poi alzando le gambe volle che Franco gli mettesse dentro il suo attrezzo, mentre lo zio, seduto sul suo petto porgeva il suo pene alle labbra vogliose. Cosi', mentre cominciava a farsi fare da Franco, tirandolo e allontanandolo e tenendolo alle anche, lo ciuccio'.

Non ci volle molto ed entrambi si svuotarono di nuovo dentro di lui.

Allora li allontano' repentinamente, come se fosse arrabbiato e, anzi, per alcuni giorni, sembro' che tenesse loro il muso.

 

I ragazzi non sapevamo cosa pensare cosi' continuarono a vedersi nel cesso. Ma all'amico era piaciuto il sedere del prete, cosi' volle anche quello dello zio. Bello! Veramente bello anche quello!

Qualche giorno dopo, lo zio glielo chiese anche lui e, proprio mentre lo stava infilzando, da sopra il divisorio basso del gabinetto, spunto' la testa di Giosue', un altro ragazzo, ripetente di quinta.

Ai ragazzi prese un colpo, ma lui disse di continuare pure, che gli piaceva vedere 'Allora vieni anche tu' soggiunse spudoratamente Franco, gli apri' la porta e comincio' subito a toccargli il membro, teso sotto i pantaloni. Poi glieli apri' e tiro' fuori un enorme, ma proprio enorme!, uccellone che spavento'. quello sprovveduto dello zio. Franco, invece, si avvento' su quel bel pezzo di carne, infilandoselo tutto in bocca. Eccitatissimo lo zio gli passo' dietro e, di nuovo, glielo mise dentro, dandogli dei gran colpi cosi' imparava! Voleva punirlo, invece, gli piaceva eccome gli piaceva!

Naturalmente, lo zio, eccitatissmo, venne quasi subito, mentre lui continuava ad armeggiare con lingua e labbra, finche' l'altro venne.

Giosue' disse che eravano bravi e che, se volevano, poteva portarli in casa di un suo amico, un bravo ragazzo anche lui, che li avrebbe fatti divertire: concordarono un appuntamento per qualche giorno dopo.

 

Attraversata la citta' in tram, arrivarono alla villetta: l'amico li aspettava e li fece entrare subito. Era piu' grande di Giosue' di qualche anno. Li fece entrare in salotto e, come se gia' fossero tutti d'accordo, si spogliarono tutti nudi. Gli occhi dei due ragazzi erano fissi sui due grandi uccelli: bellissimi e immensi e, mentre si vergognavano, della propria nudita', gli altri due la mostravano orgogliosi, utilizzavano il proprio membro come una spada per una sorta di duello, si toccavano un po' dovunque con il chiaro intendimento di eccitare i due ragazzi. Non dovettero sforzarsi molto: non appena lo chiesero, si buttarono ad ingoiare i loro uccelli.

Si divertivano un sacco e mentre lavoravano di lingua, e i due grandi si baciavano, si senti' un fragore, come un portone che sbatte, che li congelo'. Luigi, l'amico, si volse a Giosue' dicendo che s'era scordato di avvertirlo che sarebbe intervenuto anche suo amico.

E l'uomo entro': era un omone grande e grosso, una specie di orco delle fiabe, sudato e un po' sporco non si curo' di salutare, ma comincio' a sfilarsi la tuta, poi la camicia e rimase in mutande, mostrando un gran petto e una grande pancia, tutti coperti di peli neri. I capezzoli sballonzolavano sui pettorali un po' flaccidi mentre si abbassava a togliersi lo slip.

Rimase completamente nudo e solo allora sorrise ai due ragazzi in modo che la chiostra bianca di denti gli illuminasse tutta la faccia coperta da un barbone bellissimo. Si avvicino' e li prese in braccio: Franco e lo zio si ritrovarono a mezz'aria, trattenuti dalle braccione pelose che li avvicinavano sempre piu' alla sua bocca, fintantoche' una lingua calda e avviluppante comincio' a baciarli. D'un bello!

Gli altri due stavano continuando a pomiciare e mentre Giosue' aveva appoggiato le gambe sulle spalle dell'altro, questi stava dando colpi forsennati con il ventre contre le sue natiche. I lamenti di Giosue' non tardarono, ma piu' che di dolore sembravano proprio di piacere.

Nel frattempo, all'omone era cresciuto a dismisura un gran fallo che montava verso l'alto, minaccioso. La sua lingua continuava nell'indagine della bocca dei giovani e, nello stesso tempo, lui fece scivolare verso il basso il Franco, fino a farlo appoggiare, e poi sedere, sul proprio uccello e, dall'urlo che quello emise, si capi' che glielo aveva pure infilato dentro. Tutto.

Avrebbe voluto aiutarlo, ma i movimenti di quella lingua avevano ottenebrato il cervello dello zio, il cui membro duro strusciava contro i peli del gran petto e, presto, spari' nelle fauci dell'orco sara' stato un orco, ma, a detta dello zio, nessuno mai riusci' a farlo godere come quell'uomo! Un piacere intenso, come una fiammata che brucia e che riusci' a spegnere riversando tutto il proprio seme nella sua bocca.

Ora Franco si beava del galoppo che l'uomo aveva imposto e sorrideva come fosse ubriaco.

Giosue', sempre impalato, s'era avvicinato e gli succhiava l'uccello.

L'omone, aperte le braccia, strinse tutti in un abbraccio che li avviluppava come in una morsa, cominciando a dar gran colpi con la lingua, slappandoli tutti su un occhio, un orecchio, dentro una narice una sensazione imprecisabile e goduriosa!

Crollaronoo tutti a terra, il gran pene scivolo' fuori da Franco e, con attenzione, come se fosse di cristallo, prese lo zio, lo appoggio' sul bestione e lentamente lo fece ruotare sopra, come si fa avvitando un bullone: quando si arresto', lo zio s'accorse d'avere tutto il ventre pieno di una calda presenza viva. Si attacco' ad un capezzolo e cominciai a succhiare, lo morse anche coi denti perche' era chiaro che a quello piaceva.

Il padrone di casa, che s'era avventurato tra le sue natiche, gli slinguazzava il buco, mentre Giosue' continuava ad essere dentro di lui, con attaccato il Franco che, da dietro, cercava di farselo

Lo zio non ricordava bene, ma aveva la testa confusa e ricordava solo che il pomeriggio era passato in una serie di azioni spesso nuove, sempre strane, che adesso faceva fatica a ricordare.

 

Da quel giorno, lo zio, Franco e Giosue' non persero una settimana nel far visita al villino di Luigi ... e, nei giorni liberi, cominciarono una intensa vita sessuale in collegio: ben presto altri compagni si unirono a loro e tutto filo' molto liscio, anche sotto l'inutile controllo dell'insegnante di lettere.

Agli esami, naturalmente, fu chiaro che molto tempo non era stato dedicato allo studio: con la bocciatura, lo zio fu rispedito a Campobasso, con la convinzione che tutte le belle prospettive per continuare cio' che aveva intrappreso in Piemonte erano miseramente finite.

Non fu cosi': ormai aveva l'occhio esperto e con relativa facilita' seppe adocchiare chi avrebbe potuto calmargli la sete di sesso che ormai era costantemente presente in lui. Cosi', come era cominciata alla grande, cosi' continuo' e, a detta sua, anche non solo con ragazzi come lui, ma con persone grandi che, mai, avrebbe pensato fossero interessate a quello che, poi, per tutta la vita fu il suo modo di vita.

 

Dopo quella volta, non volle piu' toccare l'argomento: ma mi era stato sufficiente! Cosi' cominciai ad emularlo e tuttora son contento di aver sentito il suo racconto, anche se, se ora dovessi raccontare il mio, sarebbe ben piu' sconcertante e ricco.


ORSI ITALIANI MAGAZINE

INDICE PRINCIPALE

MAIN INDEX